Il Sole Domenica 7.10.18
I nuovi confini della conoscenza
Nel fondo dei buchi neri la risposta ai misteri dell’universo
di Gian Francesco Giudice
«Vedere
un mondo in un granello di sabbia e [...] tenere l'infinito nel palmo
della mano». In questi versi William Blake, il visionario poeta
dell’immaginazione, sembra aver colto il senso dei moderni sviluppi in
fisica delle particelle elementari. Dentro un granello di sabbia o, più
precisamente, dentro lo spazio di una frazione di miliardesimo del
volume occupato da un singolo protone, i fisici vedono l’intero
universo. Le leggi fondamentali della natura, che stiamo scoprendo nel
mondo delle particelle elementari, ci offrono la chiave per capire il
comportamento dell’intero universo e ricostruirne la storia indietro nel
tempo. Stiamo vivendo un’epoca emozionante, in cui studi in fisica
teorica, in cosmologia, risultati di esperimenti ai collisori ad alta
energia e osservazioni astronomiche convergono con lo scopo comune di
comprendere i principi che regolano l’universo.
I fondamenti delle
leggi naturali non sono facilmente deducibili dall’osservazione del
mondo percettibile, che è dominato dalla complessità di fenomeni
emergenti. Questo l’aveva capito già Galileo quando, per ricavare la
legge sulla caduta dei gravi, ideò esperimenti in cui si poteva isolare
l’effetto dell’attrito dell’aria. La fisica moderna deve seguire lo
stesso percorso e individuare fenomeni in cui i principi primi emergono
al di sopra della complessità del visibile. Questo richiede lo studio di
fenomeni estremi, che avvengono nel mondo dell’infintesimamente piccolo
oppure in quello dell’infinitamente grande. Per questo si costruiscono
grandi acceleratori di particelle o si intraprendono straordinarie
missioni astronomiche. Esiste però in natura un sistema fisico
assolutamente unico per esplorare i fondamenti delle leggi naturali. Un
sistema che non richiede l’osservazione del mondo microscopico o
dell’intero universo, ma dove tutte le condizioni fisiche sono estreme,
dando luogo a fenomeni stupefacenti. Questo sistema fisico
particolarissimo è il buco nero.
Un buco nero è una regione dello
spazio-tempo dove la forza di gravità è così intensa da sopraffare
qualsiasi altra forza in natura e non permettere a nessuna forma di
materia o radiazione di sfuggire all’esterno. L’esistenza dei buchi neri
come conseguenza della relatività generale fu scoperta da Karl
Schwarzschild nel 1915, pochi mesi dopo la pubblicazione della teoria di
Einstein. Tuttavia, le proprietà dei buchi neri apparirono
immediatamente così sconcertanti che molti fisici dubitarono della loro
reale esistenza. Lo stesso Einstein era convinto che i buchi neri non
potessero realizzarsi in natura e che il risultato trovato da
Schwarzschild fosse un puro esercizio matematico. Ma si sbagliava: i
buchi neri esistono eccome nel nostro universo e producono alcuni tra i
più straordinari fenomeni in natura.
Proprio cento anni dopo la
teoria di Einstein, l’esperimento statunitense LIGO (coadiuvato dalla
collaborazione VIRGO, con sede in Italia) ha identificato uno scontro
tra due buchi neri a una distanza di un miliardo di anni luce da noi. In
quello scontro tra due colossi del cielo, in un decimo di secondo, è
stata prodotta un’energia enorme, maggiore di quella emessa da tutte le
stelle dell’universo messe insieme. L’energia emessa nello scontro non
era in forma di luce, che non può scappare dalla morsa gravitazionale
del buco nero, ma era contenuta in una distorsione dello spazio-tempo
prevista dalla teoria di Einstein: le cosiddette onde gravitazionali.
L’osservazione di onde gravitazionali sta rivoluzionando il modo di
guardare il cielo e aprendo nuovi orizzonti nello studio delle proprietà
dei buchi neri.
Non solo per gli astronomi i buchi neri sono
diventati osservati speciali. Da decenni i fisici teorici hanno capito
come i buchi neri siano uno strumento unico per affrontare gli enigmi
sulla gravità che ancora non sappiamo risolvere. Una svolta decisiva c’è
stata negli anni settanta quando Stephen Hawking dimostrò che, a causa
della meccanica quantistica, i buchi neri non sono davvero neri, ma
emettono radiazione. Questa fu una scoperta sensazionale perché
evidenziò come le proprietà dei buchi neri sono dettate da effetti
quantistici, che di solito si manifestano solo nel mondo microscopico.
In nessun altro sistema fisico meglio dei buchi neri, gravità e
meccanica quantistica entrano in gioco insieme, offrendoci incredibili
possibilità di nuove scoperte.
I buchi neri non hanno stimolato
solo la fantasia e l’immaginazione dei fisici per più di un secolo, ma
hanno ispirato anche scrittori e artisti. Esistono tantissimi libri di
fantascienza, film, fumetti e videogiochi in cui le stranissime
proprietà dei buchi neri servono per creare storie strabilianti e
situazioni sorprendenti. Il film Interstellar ne è un esempio recente. I
paradossi generati dai buchi neri sono assolutamente sbalorditivi.
Divorando materia intorno a loro, i buchi neri succhiano informazione
dall’universo. Ma l’informazione viene distrutta all’interno del buco
nero? Hawking era convinto di sì e nel 1997 fece una scommessa con il
fisico John Preskill. Sette anni più tardi ammise l’errore e pagò la
posta in gioco (un’enciclopedia piena di informazione). Ma dove è
contenuta l’informazione all’interno del buco nero, che è quasi
completamente fatto di spazio vuoto? E cosa c’è al centro del buco nero,
dove gravità e meccanica quantistica necessariamente si fondono in una
teoria ancora sconosciuta? I fisici teorici sono convinti che lì, nel
fondo del buco nero, si celino i misteri di una legge fondamentale che
regola l’universo. La migliore scommessa è continuare a esplorare.
Direttore del Dipartimento di Fisica Teorica del CERN