il manifesto 9.10.18
Dalle acclamazioni ai fischi: Genova ha perso la pazienza
Buio
pesto. Corteo contro «l’immobilismo» delle autorità e per ricordare le
difficoltà - dal crollo del ponte Morandi - di oltre 50mila persone
di Giulia Mietta
GENOVA
E al terzo giorno le acclamazioni si trasformarono in fischi. Limitati,
circoscritti, ma pur sempre fischi. La parabola di Marco Bucci, da
sindaco di Genova pronto – parole sue – a scendere a Roma con una flotta
di barche a vela per protestare contro il decreto urgenze, a
commissario per la ricostruzione nominato dal governo, si è evoluta nel
giro di un fine settimana. Così ieri mattina, in piazza De Ferrari, fra i
partecipanti alla manifestazione organizzata dai cittadini e
commercianti della Valpolcevera, l’insofferenza si è tradotta ad alto
volume.
E POCO IMPORTA SE IN SERATA gli organizzatori
dell’iniziativa hanno voluto sottolineare come il dissenso fosse stato
espresso da persone «in felpa», addossando la responsabilità dei fischi
ad alcuni sindacalisti Fiom (che ufficiosamente hanno comunque
smentito). Si è trattato comunque della prima contestazione nei
confronti delle istituzioni dal 14 agosto.
Il corteo, circa 1.500
persone, sulle note di The Wall, ha sfilato nelle vie del centro aperto
da uno striscione dipinto come se si trattasse, appunto, di un muro.
«Oltre
il muro è lo slogan che abbiamo scelto – dice Carlo di Bernardo, uno
degli organizzatori – per far presente che a nord di ponte Morandi c’è
una comunità di 50 mila persone che soffoca nell’isolamento, per la
mancanza di collegamenti, per il traffico impazzito, per la lontananza
dagli ospedali e per la perdita di clienti e commesse, chiediamo
risposte concrete, a partire dalla riapertura delle strade che possono
essere riaperte, altrimenti torneremo in piazza e allora sì che
bloccheremo la città».
A Genova ieri, per un incontro con il
commissario Ue ai Trasporti Violeta Bulc, c’era anche il ministro delle
Infrastrutture Danilo Toninelli.
HA PROMESSO che il decreto
urgenze sarà modificato, ma ha chiesto ai genovesi di non contestarlo.
«Lo abbiamo scritto con il cuore – ha dichiarato – con una tecnica
giuridica molto elevata e permetterà al nuovo commissario di lavorare
bene e senza occuparsi degli eventuali ricorsi, se lo avessimo scritto
un po’ meno bene avrebbero potuto esserci». In audizione alla Camera,
l’Ad di Autostrade Castellucci, sul tema, si è limitato ad affermare che
«deciderà il cda». Ma il governatore della Liguria Toti non è così
convinto che la legge sia a prova di avvocato: «Speriamo che oltre che
con il cuore sia stato scritto anche con il cervello», la chiosa.
Eppure, nonostante tutto, non è nei confronti di Toninelli che sono
scattate le contestazioni di piazza (le uniche in aeroporto, da parte di
alcuni lavoratori di Spea e Pavimental, ma il ministro è svicolato da
un ingresso secondario).
«Vediamo cosa succede tra una settimana –
afferma il presidente del comitato degli sfollati di ponte Morandi,
Franco Ravera – il ministro ci ha assicurato che il decreto sarà
migliorato sia nella parte legislativa, sia per quanto riguarda le
coperture sia in tema di indennizzi e risarcimenti, quindi aspettiamo,
ma basta bugie».
OLTRE ALLE BUGIE, quello che, a 55 giorni dal
disastro, i genovesi non sopportano più è l’immobilismo. «Trenta giugno è
una strada, non una data». È un altro degli slogan urlati in corteo e
anche se sembrerà un messaggio criptico per chi non sia pratico della
toponomastica del capoluogo ligure, per i cittadini della Valpolcevera è
il simbolo delle problematiche che non si risolvono. Via Trenta Giugno è
una delle strade lungo il torrente Polcevera e, quando c’era il
viadotto, ci passava sotto. È, soprattutto, la prima arteria di
collegamento tra periferia e centro che potrebbe essere riaperta: il
Comune promette di farlo da giorni. UNA
PARTE DI VIA Trenta
Giugno, però, rientra per 80 centimetri nella zona rossa e avere il via
libera da parte della procura che indaga sul crollo è più complicato del
previsto. «Intanto però nel mio negozio non viene più nessuno», si
sfoga Mauro Puppo, giocattolaio. E poi c’è Marianna Amatore, giovane
residente nella «zona arancione». Dopo il crollo del Morandi, con la sua
Panda, ha iniziato a dare passaggi a chi ha bisogno di spostarsi da una
parte all’altra della vallata. Ieri è stata lei a presentare ai due
commissari il documento collettivo stilato dal comitato Oltre il ponte:
«Nonostante la nostra storia e i nostri avi, non abbiamo bisogno di
promesse da marinaio».