martedì 9 ottobre 2018

Il Fatto 9.10.18
In Europa i Cinque Stelle sono più affini al Pd che alla Lega
Campagna elettorale - Salvini è sempre più legato alle destre, mentre il M5S a Bruxelles guarda a sinistra e dovrà scegliere tra grande coalizione ed euroscettici
di Stefano Feltri

Matteo Salvini lo chiama “fronte della libertà”, un’alleanza forse con candidati comuni tra la Lega e il Rassemblement National di Marine Le Pen, ieri in pellegrinaggio a Roma. E i Cinque Stelle? Di sicuro non ne faranno parte, cosa che renderà la campagna elettorale per le elezioni europee di maggio 2019 complicata per Luigi Di Maio e soci.
Il 12 settembre i rappresentanti del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo hanno votato a favore delle sanzioni contro l’Ungheria per le politiche autoritarie del premier Viktor Orbán, membro del Partito popolare europeo ma sostenuto da Salvini, Le Pen ed euroscettici vari. Non è stato soltanto un episodio. Se misuriamo l’atteggiamento dei Cinque Stelle sull’Europa dai loro voti al Parlamento europeo, si capisce perché sembra impossibile replicare a Bruxelles la coabitazione che osserviamo in Italia. Ecco i dati che abbiamo chiesto di elaborare a Davide Ferrari, ricercatore di Votewatch, uno dei più influenti think tank europei che conduce analisi sul processo decisionale. Si scopre così che il M5S ha votato come Ukip – gli indipendentisti inglesi all’origine della Brexit, parte dello stesso gruppo parlamentare – soltanto nel 27 per cento dei casi, mentre la percentuale sale al 70 per cento nel confronto con Gue, la sinistra cui appartiene, per esempio, Barbara Spinelli. La coincidenza di voti tra Lega e Cinque Stelle è più bassa, 50 per cento, inferiore alla quota di voti uguali tra M5S e Pd, 58 per cento.
Le affinità con la Lega dipendono soprattutto dall’essere entrambi all’opposizione di quella grande coalizione Ppe-socialisti che ha retto la legislatura europea dal 2014.
Se si guarda ai comportamenti di voto sui singoli dossier, spiega Davide Ferrari di Votewatch, i Cinque Stelle si possono definire “più eurocritici che euroscettici”. Alcuni esempi: sono abbastanza allineati con la Lega sui dossier a più alta temperatura politica, come la gestione dell’euro e il commercio internazionale (trattati di libero scambio), ma su alcuni dossier “europeisti” le posizioni si divaricano. I Cinque Stelle hanno votato a favore delle liste transnazionali (proposta che non è passata) per redistribuire i posti lasciati liberi dagli inglesi, in uscita dalla Ue, mentre la Lega era contraria. Il M5S è favorevole a discutere le regole su come l’Ue deve comportarsi con i “profughi climatici”, quelli che devono fuggire a causa dei cambiamenti ambientali. La Lega non vuole sentirne parlare.
Per quanto diversi, però, Lega e M5S rischiano di finire dalla stessa parte, cioè all’opposizione. Perché la “grande coalizione” tra Ppe e S&D (i socialisti) è finita ma soltanto per essere sostituita da una “super coalizione” che includerà anche i liberali e, chissà, En Marche! di Emmanuel Macron.
Secondo Votewatch, S&D e Ppe hanno smesso di spartirsi le poltrone con il bilancino quando al posto del socialista Martin Schulz i popolari hanno preso anche la guida del Parlamento con Antonio Tajani, dopo la Commissione (Jean Claude Juncker) e il Consiglio (Donald Tusk). Ma le due forze politiche hanno continuato a votare insieme, nel 76 per cento dei casi. Il dibattito politico “si sta spostando a destra”, osserva Davide Ferrari, ma il Ppe vota come i partiti sovranisti alla sua destra solo nel 30 per cento dei casi, perfino sull’immigrazione. Pare quindi improbabile che si arrivi a una coalizione allargata che qualcuno immaginava dopo l’incontro a Milano tra Salvini e Orbán a fine agosto.
Lo schema sarà ancora, chissà se per l’ultima volta, una maggioranza di partiti tradizionali più o meno europeisti contro partiti e movimenti anti-europei. Anche se le incognite sono molte e potrebbero condizionare le scelte di campo dei Cinque Stelle. La cancelliera tedesca ha investito come prossimo presidente della Commissione Manfred Weber, capogruppo del Partito popolare. Ma gli contende quel ruolo tra i conservatori Alexander Stubb, atleta di triathlon soprannominato “Iron Man”, ex primo ministro finlandese. In teoria dovrebbero sfidarsi per conquistare la carica di Spitzenkandidat del Ppe nel sistema nato nel 2014: ogni partito individua il suo candidato e poi il Consiglio europeo (cioè i governi nazionali) può scegliere il presidente soltanto tra questi, partendo dal più votato, altrimenti i partiti non daranno la fiducia in Parlamento. Un sistema che doveva imporre la forza del Parlamento sui governi, ma che si sta sgretolando, contestato anche da Macron che vuole riportare il potere decisionale tutto al Consiglio (dove, come Francia, lui pesa molto di più e può provare a imporre il francese Michel Barnier, Ppe, capo negoziatore per la Brexit). Anche i socialisti sono nei guai: l’unico formalmente in corsa è lo sconosciuto Maros Sefcovic, vicepresidente slovacco della Commissione. Scalpitava Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici che in questi giorni duella col governo italiano sulla manovra, ma non è riuscito ad avere neppure il sostegno del suo Partito socialista in Francia e ha detto di non correre. Avrebbe avuto qualche possibilità Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera, ma l’Italia, e soprattutto il Pd, non l’hanno sostenuta.
A queste spaccature dentro i partiti e tra partiti si aggiungono quelle tra governi: secondo l’analisi di Votewatch, stanno aumentando i voti a maggioranza invece che all’unanimità dentro il Consiglio europeo. Una buona notizia perché l’unanimità significa che tutti hanno potere di veto e questo rallenta l’integrazione, ma indica anche che alcuni governi – come quelli dell’Est nel gruppo di Visegrad –, possono poi raccontare alle proprie opinioni pubbliche di non condividere le regole e le decisioni che si trovano a subire, e questo alimenta sentimenti euroscettici. Il caos istituzionale e politico è tale, al momento, che ipotizzare le ripercussioni delle elezioni europee sul governo e la politica italiana pare un azzardo eccessivo.