il manifesto 5.10.18
Gli sguardi sulla Storia nelle foto della Guerra civile spagnola
Mostre.
Al Teatro dei Dioscuri al Quirinale l'esposizione «Fu la Spagna!»
curata da Daniela Aronico e Andrea Di Michele e organizzata
dall'Istituto Luce-Cinecittà indaga il ruolo e la prospettiva fascista
nel conflitto
Il miliziano fascista Arconovaldo Bonacorsi a Palma di Maiorca nel 1936
di Giovanna Branca
ROMA
Dalle sue pieghe nascoste e dai suoi momenti più oscuri la Storia ci
parla, «guarda» e riguarda l’oggi come monito e strumento di
comprensione. L’anno prossimo segnerà l’ottantennale dalla fine della
Guerra civile spagnola, un conflitto che ha coinvolto direttamente
l’Italia su entrambi i fronti: quello repubblicano in cui si sono
battute le brigate internazionali e con loro tanti italiani di valore
come Nenni, Longo e Togliatti – e quello franchista che ha avuto il
supporto delle truppe e le legioni volontarie fasciste a partire degli
albori del colpo di Stato militare. Ma proprio l’intervento fascista
nella Guerra di Spagna è un evento trascurato dalla storiografia – una
«terra di nessuno» come dice Daniela Aronica, curatrice insieme ad
Andrea di Michele della mostra organizzata da Istituto Luce-Cinecittà
«Fu la Spagna! Lo sguardo fascista sulla Guerra civile spagnola» che si
inaugura oggi a Roma al Teatro dei Dioscuri al Quirinale, dove resterà
fino al 18 novembre.
«All’indomani della vittoria di Franco
l’Italia è infatti subito impegnata nell’invasione dell’Albania, e di lì
a poco scoppia la seconda guerra mondiale», spiega Aronica. «Quando
invece le potenze dell’Asse vengono sconfitte, l’attenzione degli
storici nell’Italia repubblicana si sposta sul ruolo e il contributo
delle brigate internazionali». Ma la Guerra civile spagnola, continua la
curatrice, è il primo grande «scontro ideologico» in cui si trovano
coinvolte le nazioni europee, e quello dove viene consistentemente
sperimentata una propaganda nuova, consentita dallo sviluppo tecnologico
con i suoi mezzi leggeri come le macchine fotografiche: «È la prima
guerra seguita in diretta da un pubblico di massa» – e non è un caso che
sin dal suo inizio il regime fascista instauri in Spagna un suo ufficio
propaganda dal quale, dopo aver passato la censura militare, arrivano
in Italia le immagini che raccontano il conflitto.
Attraverso 300
fotografie – «la punta dell’iceberg» di oltre 20.000 immagini d’archivio
studiate dalla curatrice e docente all’Università di Barcellona – la
mostra lavora dunque sullo «sguardo fascista» sugli eventi
suddividendolo in tre diverse prospettive: quella offerta dalle foto
della stampa – «che costruiscono il racconto della guerra dal punto di
vista del regime» – le foto dei legionari – realizzate privatamente e
che possono tradire ad esempio l’orrore della morte – e quelle militari,
nelle quali è evidente l’interesse verso i nuovi strumenti bellici come
l’aviazione.
Un’analisi attenta e profonda che fa rivivere il
materiale d’archivio e interpella lucidamente il modo di guardare gli
eventi come componente essenziale degli eventi stessi, e colloca davanti
ai nostri occhi «la Storia» non tanto nel meccanico inanellarsi delle
sue date e delle battaglie ma proprio nella complessità degli sguardi
che si incrociano attorno ad essa e che ci riguardano in quanto
osservatori.
Possono bastare ad esempio le foto di una nave
mercantile – il piroscafo Lombardia – a ricapitolare il ruolo del
fascismo nella guerra di Spagna e il mutare della sua prospettiva:
immortalata da legionari e militari mentre in incognito (senza bandiere e
col nome coperto) lascia Gaeta nel 1936 alla volta di Cadice,
testimonia il tradimento di Mussolini verso gli impegni presi con il
Comitato di non intervento. La ritroviamo poi nelle foto che la
immortalano al suo ritorno, a guerra finita, con il nome e i colori bene
in vista, perché ormai il duce «vittorioso» non ha più remore a dare
prova del ruolo italiano nella guerra. Un «golpe fallito – come lo
definisce la curatrice – che diventa immediatamente una guerra civile
internazionale, proprio come la Siria oggi». E, sempre in parallelo con
l’oggi, fatta anche di organismi internazionali come la Società delle
Nazioni che restano a osservare impotenti mentre l’Europa scivola nel
baratro – e la realtà viene ridotta alla narrazione perenne della
propaganda.
Una delle foto in mostra ritrae una donna repubblicana
armata di fucile -«le donne italiane immortalate sono solo madri o
vedove dei caduti, quelle franchiste sono infermiere, portano il velo e
mai le armi» spiega Aronica – con lo sguardo fiero guarda in macchina e
sorride: pubblicata da «Life» l’immagine viene descritta come quella di
una combattente dopo la battaglia. Ripresa e «risemantizzata» dalla
stampa italiana diventa una «megera» sovversiva. Da un angolo della
Storia, la sua immagine continua a guardarci.