il manifesto 5.10.18
La Nobel e Wikipedia, la scienza femminile è invisibile
Donna
Strickland, professore associato alla University of Waterloo (Ontario,
Canada) e vincitrice del Nobel 2018 per la fisica festeggia con studenti
e colleghi il 2 ottobre scorso
di Luca Tancredi Barone
BARCELLONA
La settimana dei premi scientifici più famosi del mondo si è chiusa
ieri con l’assegnazione dei premi Nobel per la chimica.
In totale,
i nuovi premi Nobel “scientifici” (cioè senza contare pace, letteratura
ed economia) sono 8: sei uomini e due donne (il 25%).
Sempre
meglio dell’anno scorso, quando la settimana si era chiusa con nove
uomini (e anche i Nobel per l’economia e per la letteratura andarono ad
altri due uomini). E comunque meglio della media: dal 1901, 605 persone
sono state insignite di un premio Nobel in una delle tre discipline:
medicina, fisica o chimica. Di queste, solo 20 donne (il 3.3%): 12 in
medicina, 5 in chimica e 3 in fisica; ma la gigante Maria Sklodowska
Curie conta doppio, perché è l’unica donna ad averne ricevuti due, uno
in fisica e uno in chimica.
Tra l’altro, il primo dei due, quello
in fisica, lo ricevette assieme al marito Pierre nel 1903 solo perché
lui si impuntò e minacciò di rinunciare al premio se non fosse stato
dato anche alla moglie, della cui statura scientifica lui era ben
cosciente, al contrario degli uomini del comitato dei Nobel, checché ne
dica Alessandro Strumia.
La storia di Marie Curie, che dovette
combattere contro vento e maree per rompere lo spessissimo tetto di
cristallo di un mondo praticamente esclusivamente maschile (qui un
podcast di Radio 3 del 2014 sulla storia della coppia, e qui uno
splendido radio documentario di pochi giorni fa della Radio nazionale
spagnola Rne sulla figura di Marie) ci porta però ai giorni nostri.
La
neopremiata Donna Strickland, cui va il merito di aver spiegato come
trasformare la luce laser in “pinzette ottiche”, è stata protagonista di
quello che potrebbe sembrare solo un aneddoto ma è invece una potente
metafora.
Chi martedì a mezzogiorno, il momento dell’annuncio del
Nobel, abbia cercato il suo nome su Google si sarà accorto di una
bizzarria inusuale: Strickland non aveva neppure una pagina su
Wikipedia. Entrambi i suoi collaboratori uomini, sì.
La sua pagina
ora è completa e riporta anche la lunga lista di premi che ha ricevuto
nel corso degli anni. Ma è nata alle 12.14 (6.14 ora americana) di
martedì.
Non solo: Strickland, 59 anni, 94 articoli di cui 20
citati più di 20 volte in altri articoli (il più citato, quello che le
ha valso il Nobel, ha più di 4600 citazioni) non ha neppure una cattedra
nella sua università, quella di Waterloo, in Canada.
È
interessante notare che un anonimo utente aveva cercato di creare una
pagina su di lei a maggio, ma uno dei moderatori di Wikipedia l’aveva
bloccato perché l’articolo non dimostrava “che il soggetto avesse
abbastanza qualifiche per essere un articolo di Wikipedia”.
In
altre parole, Strickland non era abbastanza importante e non aveva
ricevuto abbastanza copertura mediatica per essere considerata davvero
rilevante secondo gli standard della famosa enciclopedia online. E
questo nonostante fosse stata a capo di una delle più importanti
associazioni scientifiche, la Optical Society.
La stessa
Strickland, martedì nell’improvvisata stampa presso la sua università,
si era mostrata sorpresa che ci fossero solo altre due donne Nobel in
fisica: “Pensavo fossero di più”.
La sorpresa non è peregrina.
Secondo
dati Eurostat, dei circa 700mila dottorandi nell’Europa dei 28 (nel
2015), poco meno della metà erano donne. Ma nello stesso anno, gli
uomini costituivano i due terzi dei ricercatori. A capo di solo 1
istituzione scientifica su 5, dice She figures, c’è una donna, e la
stessa proporzione vale per le cattedre universitarie.
Certo, va
un po’ meglio che ai tempi di Curie, ma è indubbio che proprio nel campo
dove dovrebbe vincere il merito e il riconoscimento del lavoro, in cui
si fa gran parlare di “eccellenza”, il soffitto di cristallo e il gender
gap sono più forti che mai.
L’invisibile Donna Strickland ci
racconta la storia di migliaia e migliaia di ricercatrici
sistematicamente sottovalutate dai loro colleghi maschi e dai media.
Quella della pagina di Wikipedia di Strickland che è stata costruita
dagli utenti in poche ore martedì è, scrive Brian Resnik sull’Atlantic,
“una metafora di un processo di premiazione storico che è stato
criticato a lungo per aver ignorato le donne nella sua selezione e per
l’assenza di storie di donne nella scienza in generale”.
Alla BBC
Strickland ha detto di non essersi mai sentita discriminata, e che non è
professore ordinario solo perché “non ho mai fatto domanda”. Ma ammette
che essere Nobel può “ispirare” le più giovani.
Che una donna
riceva un meritato e prestigioso premio come un Nobel, che le storie di
scienza, come spiegava il giornalista scientifico inglese Ed Yong in un
recente articolo sempre sull’Atlantic, raccontino anche le donne
ricercatrici con il giusto protagonismo, che ogni scusa sia buona per
mettere sotto i riflettori il ruolo delle scienziate è l’unico modo per
infrangere per sempre il soffocante tetto di cristallo che rende la
scienza più sterile e più lontana dalla realtà.