il manifesto 4.10.18
Il paternalismo digitale di Stato controllerà la moralità dei consumatori poveri
Workfare
& società della sorveglianza. Nel giorno più caldo delle
trattative sul Documento di Economia e Finanza (Def) il vicepremier
ministro del lavoro e dello sviluppo Luigi Di Maio ha fornito nuovi
dettagli sul progetto di sussidio di ultima istanza vincolato al lavoro
gratuito e alla formazione obbligatoria impropriamente definito «reddito
di cittadinanza»: «Sarà erogato su una carta elettronica. Permette la
tracciabilità, non le spese immorali»
di Roberto Ciccarelli
Lo
Stato del paternalismo digitale governerà i poveri, italiani e li
obbligherà a spendere tutto il sussidio di ultima istanza vincolato al
lavoro obbligatorio definito impropriamente «reddito di cittadinanza».
«Sarà erogato su una carta. Permette la tracciabilità, non l’evasione o
le spese immorali» sostiene il vicepremier Luigi Di Maio. Dalla «carta
d’identità elettronica» – è l’ipotesi del Commissario straordinario per
l’«agenda digitale» Diego Piacentini, già manager Amazon, che realizzerà
il dispositivo – dovrà essere speso il 75% del credito per acquisti che
«assicurano la sopravvivenza minima dell’individuo» (Di Maio).
In
questa visione crudamente realistica è stato rispolverato un concetto
dell’antropologia negativa: l’essere umano concepito in base ai suoi
bisogni primari, non come «animale politico» (Aristotele) o «potenza»
(Spinoza). Chi rientrerà nella soglia di spesa potrà aumentare la soglia
degli acquisti il mese successivo. Se, invece, non sarà spesa la cifra
prevista, il soggetto sarà colpito da una penalizzazione: il sussidio
accreditato potrebbe diminuire, costringendolo il mese dopo a tornare a
spendere. Tutto questo nei limiti definiti dalla differenza tra il tetto
massimo di 780 euro e il calcolo dei limiti patrimoniali e reddituali
Isee attribuiti ai «poveri assoluti»: coloro che hanno un reddito
inferiore ai 650 euro mensili. A conti fatti, la cifra netta potrebbe
essere pari a una media tra i 200 e i 400 euro decrescenti e vincolati
all’obbligo di otto ore di lavoro gratis per lo Stato e della formazione
obbligatoria.
Il cittadino inserito in questo sistema dei crediti
sociali, che ricorda quello sperimentato in Cina, non potrà acquistare
ad esempio «un gratta e vinci, sigarette o comprare dei beni non di
prima necessità», sostiene Di Maio. Il povero è inteso come soggetto
subalterno e dovrà risultare virtuoso agli occhi del panottico di Stato
che lo valuterà in base alla sua capacità di effettuare «consumi morali»
e non «immorali». «Grazie alle tecnologie è possibile disabilitare
l’utilizzo del reddito in alcuni negozi – ha aggiunto Di Maio –
L’obiettivo è spenderlo nei negozi italiani e sul suolo italiano».
La
sorveglianza sui comportamenti dei poveri sarà garantita anche dalle
forze dell’ordine. Lo ha confermato il ministro dell’Economia Giovanni
Tria che teme l’uso opportunistico di fondi da parte di chi lavorerà in
nero e froderà lo Stato. C’è tuttavia la possibilità che il soggetto in
questione preferisca sottrarsi alla disciplina. Un’eventualità al
momento non calcolata. A scopo preventivo Tria ha dato «mandato alla
Guardia di finanza di predisporre un piano specifico per poter
intervenire «su quella linea di divisione che ci può essere tra lavoro
nero e poveri. Chi giocherà su questo giocherà su un terreno molto
rischioso» ha detto Tria. La società dei controlli tutelerà le
«politiche attive» e assicurerà «un più fluido accompagnamento delle
risorse di lavoro da un impiego all’altro, o al primo lavoro, al duplice
scopo di garantire la necessaria mobilità del lavoro». Per realizzare
un simile obiettivo il governo dovrà risolvere questi problemi: la
legislazione concorrente tra Stato e regioni sulle politiche del lavoro;
investire risorse ingenti nell’assunzione, nella formazione e
riqualificazione del personale (i previsti 800 milioni-un miliardo
potrebbero essere insufficienti); realizzare un database unificato e di
un sistema di governance digitale. Un simile sistema di workfare
neoliberale (work to welfare: lavorare per ottenere un beneficio
condizionato a tempo), su una scala incomparabilmente superiore, la
Germania ha impiegato cinque anni. Il governo pensa di farlo in tre
mesi, da gennaio a marzo perché ad aprile 2019 il «reddito di
cittadinanza» entrerà in vigore, in tempo per le elezioni europee.
L’ottimismo digitale è di rigore nel populismo italiano.
Ulteriori
dettagli sul modo in cui funzionerà la «carta» sulla quale transiterà
l’importo del sussidio di ultima istanza sono stati forniti ieri dal
Commissario per l’agenda digitale Piacentini. «Ho parlato parecchie ore
con Di Maio e siamo stati chiamati per aiutare a gestire
l’implementazione della misura che deve seguire quattro componenti – ha
detto – l’identificazione degli aventi diritto, e già questa non è una
cosa certa; la distribuzione dei soldi; il controllo spesa; la
valutazione della policy cioè sapere a posteriori se la misura ha
funzionato, cosa che manca al governo italiano e non solo». Una quinta
componente, ha aggiunto, riguarda «la sicurezza e la privacy». «Puoi
chiamarlo come vuoi: reddito di cittadinanza, reddito di inclusione,
bonus mamme o bonus bebè. Qualsiasi aiuto dello Stato deve transitare da
queste quattro attività».
Le parole di Piacentini – terminerà il
suo mandato a fine mese e tornerà a Seattle, ma non a Amazon – sono
particolarmente interessanti per spiegare l’orizzonte culturale in cui
si inserisce questa peculiare versione della società della sorveglianza.
«Il reddito di cittadinanza può essere una grossissima occasione per
digitalizzare il paese – ha detto Piacentini – la politica non c’entra
con questa mission». Si fa «con l’organizzazione giusta, con i processi
giusti, con la separazione della ideologia politica dai processi» ha
spiegato dal palco dell’EY Digital Summit di Capri. L’evocata neutralità
della tecnica digitale è un’ideologia ed è applicata nel progetto che
sta emergendo sul cosiddetto «reddito di cittadinanza». Nei discorsi
degli esponenti del governo emerge un affidamento alla tecnologia
considerata capace, in sé, di rendere trasparenti i problemi
tecnico-amministrativi. La digitalizzazione è, in questo caso,
accompagnata da un’idea del governo dell’essere umano vincolando la sua
autonomia a un meccanismo di etero-direzione.
La retromarcia del
governo sul deficit al 2,4%, prima pensato su tre anni e ora concepito
per un anno, potrebbe essere d’ostacolo per la realizzazione del
progetto sociale più discusso in Italia. I fondi per il reddito e la
pensione di cittadinanza – i «10 miliardi», somma dei fondi del «ReI»,
Naspi, garanzia giovani) e risorse «fresche» in deficit tra 5-6 miliardi
– potrebbero essere ridimensionati se non ci sarà la crescita
dall’attuale 0,9% all’1,6-1,7% del Pil annunciata dal Def per il 2019.
In questo caso il «fortissimo taglio di spending review» annunciato da
Tria potrebbe essere rivolto anche ai fondi investiti su questo progetto
di «reddito» usato per «far ripartire la vita delle imprese e dei
commercianti» (Di Maio). Lo prevede la «clausola di salvaguardia sulla
revisione della spesa» annunciata da Tria. Su questa scommessa
finanziaria dipende il futuro del governo morale dei poveri.