il manifesto 3.10.18
Arrestato il sindaco di Riace, con accuse «vaghe e generiche»
Pericolo
pubblico. Dalla truffa aggravata alla malversazione, il gip rigetta
sette capi di imputazione e ridimensiona l’inchiesta: «Errori
grossolani»
A Riace la raccolta differenziata dei rifiuti si fa con gli asini
di Silvio Messinetti
LOCRI
(RC) Un’operazione molto strana che sa di rappresaglia. Ieri mattina
Riace si è svegliata con questa sensazione. Mimmo Lucano, il sindaco
della cittadina della Locride, è stato messo agli arresti domiciliari
dalla Guardia di finanza, nell’ambito dell’indagine Xenia. Alla sua
compagna, Tesfahun Lemlem, è stato notificato il divieto di dimora. Ciò
che in Europa è un modello, per la procura di Locri è un reato, anzi, un
castello costruito sugli illeciti. Tuttavia quelli più gravi,
inizialmente contestati, malversazione, truffa ai danni dello Stato e
concussione, sono caduti, non hanno trovato riscontro, derubricati dal
gip di Locri, Salvatore di Croce, a «malcostume diffuso». La gestione
dei fondi – si legge in un passaggio del provvedimento di 134 pagine –
«è stata magari disordinata, ma non ci sono illeciti e nessuno ha mai
intascato un centesimo». Nonostante ciò a Lucano e a Teshafun è stata
comminata la misura coercitiva sulla base di un generico pericolo di
reiterazione criminosa. E sulla base di ipotesi di reato lievi,
sproporzionate rispetto alla custodia domiciliare.
NELL’ORDINANZA
di custodia cautelare, con il capo d’accusa di favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina, è riportata una sola intercettazione
telefonica con cui gli inquirenti mirano a screditare il sindaco
riacese. Gli contestano di organizzare presunti matrimoni ad hoc per far
ottenere il permesso di soggiorno.
Quel che invece si capisce
bene in queste carte è che il sindaco di Riace è un «fuorilegge» che si
autodenuncia, che va contro «le leggi balorde» del governo, come lui
stesso dice al telefono. E per questo atto di disobbedienza civile «in
barba a Minniti», per evitare che una nigeriana di nome Joy, diniegata
per tre volte dalla commissione, continuasse a prostituirsi, (lo stesso
artifizio utilizzato per evitare che un’altra nigeriana, Stella, facesse
la stessa fine) ora Lucano si trova agli arresti nella sua abitazione.
L’altra
ipotesi di reato rimasta in piedi concerne invece l’affidamento diretto
della raccolta rifiuti, fraudolenta secondo il Gip. Sul primo punto gli
inquirenti stigmatizzano «la particolare spregiudicatezza del sindaco
Lucano, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, nell’organizzare
veri e propri “matrimoni di convenienza” tra cittadini riacesi e donne
straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste
ultime nel territorio italiano».
NELLO SPECIFICO il sindaco, nella
conversazione intercettata, ragionava ad alta voce con una non meglio
specificata interlocutrice sulla delicata situazione di Joy, cui era
stato negato il permesso di soggiorno . «Se ne deve andare, se ha avuto
per tre volte il diniego, ecco perché non lo rinnovano più. Lei non può
stare … mica dipende da … questo purtroppo, dico purtroppo perché io non
sono d’accordo con questo decreto, come documenti lei non ha diritto di
stare in Italia. Se la vedono i carabinieri la rinchiudono, perché non
ha i documenti, non ha niente». E a chi gli chiedeva lumi sulla
situazione della ragazza spiegava: «Lei i documenti difficilmente ce li
avrà, perché ha fatto già tre volte la commissione, ecco perché non
rinnovano il permesso di soggiorno. Però proprio per disattendere queste
leggi balorde vado contro la legge… Io la carta d’identità gliela
faccio. Io sono un fuorilegge perché per fare la carta d’identità io
dovrei avere un permesso di soggiorno in corso di validità … in più lei
deve dimostrare, che ha una dimora a Riace, allora io dico così, non
mando neanche i vigili, mi assumo io la responsabilità, sono
responsabile dei vigili… la carta d’identità tre fotografie, all’ufficio
anagrafe, la iscriviamo subito».
NELL’AFFIDAMENTO DIRETTO del
servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti, secondo la Procura, Lucano
avrebbe favorito due cooperative sociali, la Ecoriace e L’Aquilone,
impedendo l’effettuazione delle necessarie procedure di gara previste
dal Codice dei contratti pubblici. «Le predette cooperative sociali –
scrivono gli inquirenti – difettavano dei requisiti richiesti per
l’ottenimento del servizio pubblico, poiché non iscritte nell’apposito
albo regionale previsto dalla normativa e Lucano, al precipuo scopo di
ottenere il suo illecito fine, a seguito dei suoi vani e diretti
tentativi di far ottenere quella iscrizione, si è determinato ad
istituire un albo comunale delle cooperative sociali cui poter affidare
direttamente lo svolgimento di servizi pubblici».
Sulla gestione
dei fondi destinati all’accoglienza le accuse sono, come detto, cadute e
«può pacificamente essere esclusa – scrive il Gip – la sussistenza di
un grave compendio indiziario». È lo stesso Gip poi a parlare di «errori
grossolani» e di «tesi congetturali» nell’inchiesta, per cui «ferme
restando le valutazioni già espresse in ordine alla tutt’altro che
trasparente gestione delle risorse erogate per l’esecuzione dei progetti
Sprar e Cas, il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non
si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate».
La
procura ha annunciato che ricorrerà al Tribunale della Libertà di Reggio
Calabria e trasmetterà subito gli atti alla Procura regionale della
Corte dei Conti.