il manifesto 26.10.18
Scuola, sindacati contro Bussetti: «No alla regionalizzazione dei docenti»
Il
nuovo corso del Miur sul reclutamento differenziato nelle regioni che
hanno un peso politico sulla vita del governo, anche in prospettiva
elettorale, potrebbe interessare fino a 200 mila cattedre. Camusso
(Cgil): "Furia elettorale e ideologica". Sinopoli (Flc-Cgil): "Il
sistema deve restare nazionale". Di Meglio (Gilda): si rischia "una
scuola a due velocità"
Regionalizzare l’assunzione dei
docenti a scuola è «un’idea virtuosa» e i «programmi e gli ordinamenti
restano allo Stato». Questa è l’idea del ministro dell’Istruzione Marco
Bussetti: in quota Lega che, probabilmente, risponde ad proposta di
legge presentata dal Veneto del leghista Zaia al ministro per le
Regioni, Erika Stefani, sul «trasferimento su base volontaria del
personale della scuola, maestre, prof e bidelli, alla Regione Veneto, il
tutto incentivato da stipendi possibilmente più alti». Non conta la
rottura del vincolo costituzionale, né l’aumento delle diseguaglianze
tra Nord e Sud, ma il rispetto del punto 20 del «contratto» siglato
dalla Lega con i Cinque Stelle che sostiene «l’attribuzione, per tutte
le regioni di maggiore autonomia, in attuazione dell’articolo 116, terzo
comma, della Costituzione. Il riconoscimento delle ulteriori competenze
dovrà essere accompagnato dal trasferimento delle risorse necessarie
per un autonomo esercizio delle stesse». Nel pieno dell’ondata
nazional-populista, con accenti «sovranisti», persiste nella Lega la
sperequazione territoriale un tempo definita «devolution». Le camere
saranno infatti chiamate ad esaminare il disegno di legge del senatore
leghista Mario Pittoni sul «domicilio professionale». In altre parole
sarà necessario domiciliarsi nella regione dove si intende partecipare
al concorso accettando un vincolo di permanenza per un certo periodo di
tempo.
Il nuovo corso del Miur sul reclutamento differenziato nelle
regioni che hanno un peso politico sulla vita del governo, anche in
prospettiva elettorale, potrebbe interessare fino a 200 mila cattedre.
L’iniziativa ha sollevato la netta contrarietà di sindacati e studenti.
«Come e più che in altre materie – ha detto il segretario Cgil Susanna
Camusso – la scuola non può diventare oggetto di una furia elettorale e
ideologica che all’insegna del campanilismo rischia di sfasciare un
sistema scolastico che è ancora un apprezzato e valido strumento di
formazione e unità del paese». «Il diritto all’istruzione non può essere
in alcun modo regionalizzato, deve restare nazionale per rafforzare
quelle zone del Paese più deboli» ha aggiunto il segretario Flc Cgil
Francesco Sinopoli.
La questione potrebbe essere sollevata anche con
altre regioni – ad esempio l’Emilia Romagna – che hanno intrapreso un
confronto con l’esecutivo precedente sull’autonomia differenziata in 23
materie concorrenti tra cui l’istruzione, l’università e la ricerca. Per
i sindacati è a rischio «la tenuta del sistema nazionale dei settori
della formazione e della conoscenza». Rino Di Meglio della Gilda
ipotizza rischi «sia per quanto riguarda la qualità della didattica, che
per gli importi delle retribuzioni. Si avrebbe così una scuola a due
velocità».
Gli studenti di Udu e Rete degli studenti medi sostengono
che «Bussetti è un burocrate leghista che vede l’istruzione come un
fondo cassa per gli altri provvedimenti». Oggi, in un incontro con il
governo, Uds e Link presentano una proposta nazionale «per superare la
“Buona scuola” e fare investimenti». Insieme manifesteranno contro il
governo il 17 novembre