Il Fatto 26.10.18
Da quale pulpito viene il “bipolare”
di Maurizio Montanari 
Forte
 si è levato da ogni parte il grido di sdegno (fai schifo) a 
stigmatizzare l’incommentabile uscita di Grillo su autismo e Asperger. 
Lo sostengo da tempo: l’uso del Manuale diagnostico e statistico per 
colpire l’avversario costituisce una degenerazione inammissibile del 
dibattito politico. Peccato che i più feroci j’accuse provengano oggi 
dal quartier generale della Leopolda dal quale, solo poco tempo fa, le 
bordate cliniche partivano come palle incatenate verso gli avversari.
Erano
 tempi robusti, il declino non era ancora iniziato, da quelle parti 
passava tanta gente, mica come oggi. Forse a causa delle mazzate 
elettorali molti renziani oggi soffrono di un amnesia selettiva, 
immemori del tempo in cui l’innesto del lessico analitico col renzismo 
forgiò una neolingua che apostrofava gli avversari come un corpo unico 
posseduto da intenti incestuosi. Dapprima fu la volta dei nemici 
interni, espulsi e tratteggiati come mummie intrise di godimento 
masochista. Fu poi la volta del polo grillino afflitto da una patologia 
bipolare con un candidato premier che pativa di un bipolarismo 
inquietante. Il 4 marzo la realtà virtuale della Leopolda venne dissolta
 dal redde rationem con il quotidiano, quando non torme di nemici 
malmostosi dediti all’odio, ma la gente comune, riportò il renzismo a 
contatto con la realtà sbriciolandone le fondamenta e mostrando tutti i 
drammatici limiti del suo lessico. Tante e tali erano state le invettive
 cliniche e non lanciate via Repubblica, che quell’odio alle porte 
incombente io iniziavo a temerlo davvero. Ho realmente pensato di 
svegliarmi una mattina e ascoltare via radio i comunicati del comitato 
di salute pubblica tra un brano di sinfonica e l’altro. Addirittura il 
Paese, a detta di Recalcati, stava per cadere nella mani di “un comico 
bipolare a sua volta rappresentato da un ex-steward del San Paolo di 
Napoli con evidenti difficoltà di ragionamento e lessicali” (sic). Al di
 là del fatto che fare lo steward fa parte di quei lavoro umili che un 
partito di sinistra dovrebbe vedere come valore aggiunto, io non le 
ricordo le vesti stracciate a difendere le associazioni di chi è affetto
 da disturbi specifici del linguaggio o da bipolarismo, colpite allora 
come oggi avviene per quelle che si occupano di autismo. La loro 
attenzione alle parole di Grillo è dovuta in parte anche alle sconfitte 
patite, grazie alle quali hanno potuto affinare la loro sensibilità ed 
intuire quanto doloroso sia per chi è affetto da alcune patologie 
dell’animo e della mente, vedere quelle diagnosi che per molti di essi 
hanno reso la vita tanto dura da campare, usate come strumento di 
battaglia. Oggi che la Leopolda è franata, ci si ricorda dei più 
fragili. Troppo facile. Per scagliare un pamphlet ci vuole coerenza.
Dunque,
 o sei Céline, o è meglio che lasci stare. Prima di lanciare crociate 
giuste ma tardive contro la malattia usata come argomento politico, è 
bene che essi prendano atto di quanto il loro linguaggio ne fece uso, e 
ne traggano insegnamento. È bene che acquisiscano consapevolezza di 
quanto le loro parole, private dell’arsenale clinico, degradino in 
insulti da osteria. Cialtroni. Senza cervello. Invettive banali, offese a
 poco prezzo da scapoli contro ammogliati il venerdì sera. Vuoi mettere 
il nazional popolare “incompetenti” con il “ritorno spettrale del 
berlusconismo”? Bene fanno dunque a criticare Grillo, quel linguaggio è 
sbagliato, fuori luogo. Lo hanno capito a tal punto che da tempo hanno 
abiurato l’uso della diagnosi. Senza il frasario freudiano gli avversari
 sono oggi liberati da pruderie adolescenziali, dall’odio, affrancati da
 pulsioni masochiste. Sono solo cialtroni, ma concedono a tutti la 
possibilità di parlare dalle reti nazionali. Anche allo psicoanalista le
 cui parole vennero da molti utilizzate per stigmatizzarli.