il manifesto 25.10.18
I due paradossi di San Lorenzo
di Paolo Berdini
Il
ministro degli Interni Matteo Salvini semina odio, fomenta rancore
sociale e l’occasione di speculare sulla terribile morte di una giovane
ragazza deve essere sembrata imperdibile. Ed eccolo allora presentarsi
nel cuore di San Lorenzo a promettere sgomberi e tolleranza zero verso
ogni occupazione e disagio sociale in un quartiere stretto tra
speculazione immobiliare e abbandono. Ma ieri ha sbagliato di grosso. I
custodi del suo algoritmo avrebbero dovuto almeno dirgli che si trattava
di un immobile abbandonato dalla proprietà.
E che era da tempo
una centrale di spaccio di droghe. E avrebbero dovuto ricordargli che
sta al suo ministero individuare e reprimere i centri di spaccio che
stanno distruggendo le vite di tanti giovani e che soffoca interi
quartieri come San Basilio, Corviale e San Lorenzo. Sono anni che gli
abitanti del quartiere denunciano il degrado che sta inghiottendo il
tessuto urbano. Le notti di San Lorenzo sono caos, rumori, disordine e
sporcizia in ogni luogo. Queste voci sono state lasciate nell’oblio e
gli abitanti si sentono abbandonati.
A San Lorenzo, poi, esistono
anche due paradossi che dovevano essere portati alla conoscenza dal
responsabile dell’ordine pubblico. Il primo riguarda l’esistenza due
piccole occupazioni di immobili fatiscenti, da tempo abbandonati, da
parte di giovani. Quei giovani sono stati e sono in prima fila nella
denuncia del degrado e degli spacciatori. Non ne parla nessuno perché è
molto facile insistere nella vigliacca retorica della gioventù
indifferente e degli occupanti balordi. Essi sono invece un punto di
reale coesione per tanti giovani che non avrebbero altrimenti altri
luoghi per incontrarsi.
Il secondo paradosso riguarda il destino
delle ex Dogane di San Lorenzo, distanti pochi passi dal luogo della
tragedia. Sono immobili di proprietà pubblica su cui c’è da anni un
braccio di ferro tra la volontà di ricavarne il massimo dalla
speculazione immobiliare e tutto il quartiere che chiedeva la garanzia
di avere almeno spazi per la socialità. Appena qualche tempo fa la
proprietà pubblica tentò addirittura di realizzare un gigantesco
ipermercato che avrebbe cancellato il tessuto commerciale del quartiere.
La volontà popolare ebbe la meglio ma da allora tutto è tornato
nell’oblio. Anche lì, dunque, come a via dei Lucani, il degrado richiama
ogni sera decine di spacciatori.
A San Lorenzo è dunque evidente
una cruciale questione urbana. La proprietà immobiliare pubblica e
privata non è più in grado di svolgere quel ruolo di garanzia di un
equilibrato modo di convivenza civile che ha caratterizzato le nostre
città. Pubblico e privato operano senza regole e cercano sono il massimo
profitto. Sono numerosi nel quartiere gli esempi di speculazioni
concretizzate a danno degli edifici vicini. Tre anni fa un privato si
permise addirittura di chiudere un passaggio pubblico da sempre
esistente per andare verso una piccola area verde perché ne rivendicò la
proprietà assoluta. Non è così che si costruisce la città del futuro.
Così la città pubblica scompare e lascia solo degrado e solitudine.
È
indispensabile ritrovare una concezione delle nostre città e in
particolare delle periferie che non mettano al primo posto la
speculazione immobiliare, ma le persone in carne d’ossa con i loro
bisogni di spazi di socialità negati. Ma sembrano discorsi vuoti. In
queste settimane di discussione della manovra economica, si scopre che
non c’è un’idea, né le risorse per la riqualificazione delle periferie
urbane. La riconversione sociale delle città, l’unico obiettivo che può
garantire convivenza e inclusione, non è dunque tema a cuore del governo
gialloverde.
C’è solo il vergognoso condono edilizio per Ischia.
Roma e tante altre città sono da tempo diventate gigantesche centrali di
spaccio di droga. Salvini metta in moto tutte le conoscenze delle forze
dell’ordine ma aiuti soprattutto a ritrovare la vivibilità perduta. Non
è questione di immigrati e occupazioni. È il futuro delle città.