il manifesto 24.10.18
Aris Accornero
L’icona della sinistra mi accolse con un sorriso dolcissimo
L'incontro
con Aris Accornero. Ragazzo appena post-sessantottino, lo ricordo così,
la prima volta, sul divano di via Bormida 5. Intimorito da
quell’incontro con un’icona del movimento operaio, mi accolse con un
sorriso
di Mauro Calise
Ci sono – un regalo della Storia – biografie simbolo. Che racchiudono lo spirito di un’epoca, di un mondo vitale, e ideale.
Aris
Accornero ha incarnato – sul piano intellettuale e culturale – il
contributo più duraturo del movimento operaio all’Italia. Quella
tensione al riscatto sociale unita all’etica della responsabilità che ha
formato la parte migliore della classe dirigente a sinistra. Con un
plus, l’apertura mentale e la passione per la ricerca scientifica che
hanno fatto dell’operaio Fiat licenziato per rappresaglia sindacale uno
dei più autorevoli – e amati – sociologi del lavoro.
In Aris, la
militanza politica è stata sempre – inestricabilmente – certosina
vivisezione analitica. Indagini pionieristiche sul campo da cui
nascevano le idee più fertili di una nuova stagione di pensiero. Spesso,
anzi quasi sempre, eterodosse. Fin dagli esordi in quel think-tank
straordinario dell’operaismo, i Quaderni rossi raccolti intorno a
Raniero Panzieri. Nella Torino che sarebbe stata il crogiuolo del futuro
italiano. E il tratto formativo distintivo della personalità e del
carattere di Aris.
Risalgono a quegli anni i servizi fotografici a
Palmiro Togliatti per conto dell’Unità, l’inizio di una sterminata e
preziosissima raccolta di diapositive cult, oggi gelosamente archiviate
nel computer di cui Accornero era stato un precursore. A Torino sono
anche i prodromi di quel sodalizio culturale che legherà Accornero a
MarioTronti, Alberto Asor Rosa, Umberto Coldagelli. E a Rita di Leo, la
compagna simbiotica con cui ha condiviso ogni battito della sua mente.
Ciascuno
con una identità spiccatissima sul palcoscenico della sinistra più
influente e irriverente, eppure stretti in un indissolubile legame nella
medesima sfida teorica. Decostruire e ricostruire gli orizzonti del
movimento operaio.
Da Contropiano a Laboratorio politico sarà
questa la mission impossible cui dedicheranno la vita. Senza perdere,
però, mai il contatto quotidiano con il rapporto umano.
Ragazzo
appena post-sessantottino, lo ricordo così, la prima volta, sul divano
di via Bormida 5, lo stesso dove ho incrociato il suo sguardo appena
qualche giorno fa. Intimorito da quell’incontro con un’icona del
movimento operaio, mi accolse con un sorriso dolcissimo. Avevo ancora
nelle orecchie la musica e le parole di Paolo Pietrangeli, «Io cerco
l’uomo nuovo, l’hai incontrato?». Mi bastarono poche battute, per capire
che era proprio così.