il manifesto 23.10.18
La fake democracy di Grillo
di Massimo Villone
Con
le critiche al presidente della repubblica Grillo ruba la scena al
movimento di governo. Lo fa da attore consumato, ma la domanda rimane.
Perché? Non aveva parole per infiammare diversamente la platea?
Certamente sì.
Non convince l’ipotesi che sia una piccola vendetta
per ostacoli presuntivamente frapposti da Mattarella al governo
gialloverde. Per questo sarebbe stato sufficiente criticare – come è
sempre ammesso – le scelte, senza attaccare l’istituzione. E Grillo solo
apparentemente parla a caso. Though this be madness, yet there is
method in it (Amleto, II, 2).
Grillo non considera che tutto parte
dal ruolo costituzionalmente assegnato al presidente di rappresentante
dell’unità nazionale, cui si lega strettamente la non partecipazione
all’indirizzo politico di governo. Per questo il presidente non è scelto
per via di una elezione diretta, che lo renderebbe automaticamente
espressione di maggioranza e portatore di un indirizzo. Per questo è
invece eletto in parlamento da maggioranze qualificate, mai sotto quella
assoluta dei componenti. Per questo non c’è candidatura, né esposizione
di un programma. Il presidente si configura come organo neutrale e di
garanzia.
La controprova si ha guardando ai poteri definiti da
Grillo come non conformi al modo di pensare M5S. Chi sarebbe allora il
presidente del Csm? Il ministro della giustizia? Grillo non sa che la
questione fu ampiamente dibattuta in assemblea costituente. Il
ministro-presidente fu scartato perché avrebbe portato il Csm
nell’orbita della maggioranza di governo. La presidenza a un alto
magistrato avrebbe avuto il segno di un isolamento corporativo. La
presidenza del capo dello stato – uno dei pilastri della nuova
repubblica democratica – fu volta a rafforzare l’autonomia e
l’indipendenza della magistratura nei confronti delle maggioranze e dei
governi. Naturalmente incidenti di percorso rimangono possibili. Va
ricordato il durissimo scontro tra il Csm e Cossiga, che giunse nel 1991
a far presenziare due ufficiali dei carabinieri a una seduta, dopo
l’intimazione che su alcuni argomenti non si dovesse discutere. Ma il
caso è rimasto del tutto unico, e rientra nel quadro del Cossiga
“picconatore”.
Analoghi argomenti possono svolgersi per il
consiglio supremo di difesa. Chi potrebbe presiederlo? Il ministro della
difesa? Un generale eletto da altri generali? Qui la presidenza del
capo dello stato esprime la estraneità delle forze armate alla
dialettica maggioranza-opposizione, e il loro essere al servizio della
nazione. Una garanzia della natura democratica.
Ma si tratta, in
fondo, di poteri presidenziali minori rispetto ad altri: ad esempio,
formazione dei governi, scioglimento delle camere, promulgazione di
leggi ed emanazione di decreti, nomina di cinque giudici costituzionali.
Viene il dubbio che non singoli poteri siano l’obiettivo dell’attacco
di Grillo, ma la figura in sé. Gli organi di garanzia stridono con la
instant democracy della rete vagheggiata da Casaleggio. Che ruolo
potrebbe mai avere un capo dello stato? Se scompare il parlamento,
insieme deve scomparire il presidente della repubblica come garante. In
quella concezione, ogni potere è chiamato alla mera esecuzione di una
volontà popolare certificata non in un vaglio elettorale periodico, ma
in una rilevazione continua e istantanea. Che poi questo conduca a una
fake democracy destinata a risolversi in una permanente e soffocante
dittatura della maggioranza a quanto pare non interessa.
M5S ha
preso le distanze. Ci auguriamo che sia il segno non strumentale di una
effettiva crescita culturale e politica, anche se il peso di Grillo e
Casaleggio fa dubitare che il processo sia già concluso, e sia indolore
per il movimento. Certo, non basta dire che questi temi non sono nel
contratto di governo. Se l’esecutivo in carica durerà per la
legislatura, accadrà certamente che questioni magari rilevantissime non
trovino riscontro nel contratto, e vengano comunque in agenda. È già
successo a Genova.
Per quanto ci riguarda, siamo scesi in campo
per difendere la Costituzione contro gli apprendisti stregoni del
renzismo, e non esiteremmo a farlo di nuovo contro quelli in giallo, in
verde, o in gialloverde. Gufi una volta, gufi per sempre.