martedì 23 ottobre 2018

il manifesto 23.10.18
Robert Faurisson, l’«inventore» della menzogna negazionista
Il personaggio. Scomparso a 89 anni a Vichy l’uomo che ha definito la strategia globale e il vocabolario dei nuovi antisemiti. Nel 1978 tentò di accreditare le sue tesi su «Le Monde». Poi, arrivò il sostegno dell’estrema destra internazionale e della Repubblica Islamica di Ahmadinejad
di Guido Caldiron


Per una di quelle bizzarre casualità della storia nelle quali è lui stesso più volte inciampato nella sua lunga attività di propagandista della menzogna, se ne è andato proprio a Vichy, la cittadina il cui nome si è trasformato nel simbolo stesso del fascismo alla francese. Eppure sarebbe riduttivo considerare Robert Faurisson, scomparso domenica ad 89 anni, come una semplice figura dell’estrema destra, per quanto sia stato interprete della strategia più aggressiva e pervicace che da questi ambienti sia venuta negli ultimi decenni.
QUELLO CHE PER MOLTI VERSI può essere considerato come «l’inventore» del negazionismo riguardo l’Olocausto – non il primo ad esprimere tali posizioni, ma tra i primi a comprendere e sfruttare la pericolosa porosità del mondo dell’informazione e dei media a tali inquietanti suggestioni -, ha infatti cercato fino alla fine di affermare quella che oggi potrebbe essere forse definita coma la più terribile e oltraggiosa tra le «fake news».
Docente nei licei dell’Auvergne prima e poi all’Università di Lione II, operando sempre nel campo della critica letteraria, a metà degli anni Settanta Faurisson inizia ad indirizzare al quotidiano Le Monde una serie di missive che ruotano tutte intorno al medesimo tema, che costituirà l’autentica ossessione della sua vita. La negazione dello sterminio ebraico aveva caratterizzato neofascismo e neonazismo fin dall’immediato dopoguerra, proprio in Francia era stato uno scrittore fascista come Maurice Bardèche a cercare di riscrivere tra i primi la storia dell’Olocausto, seguito da un ex deportato passato tra le fila dei suoi carnefici come Paul Rassinier e da figure di primo piano del nascente Front National, come François Duprat, cui si deve lo slogan «prima i francesi», morto nel 1978.
MA CON LA PUBBLICAZIONE in quello stesso anno da parte di Le Monde di uno dei testi di Faurisson, intitolato «Le problème des chambres a gaz», cui seguirà un confronto sulle pagine del celebre quotidiano, l’opzione negazionista farà, seppure momentaneamente, la sua apparizione nel dibattito intellettuale, tentando di trovare spazio e legittimazione all’interno di una sedicente «battaglia delle idee». Dopo Faurisson, una lunga serie di storici dilettanti, privi di alcuna reale competenza in materia, come di documenti, materiali o testimonianze a sostegno delle loro posizioni, tenteranno di accreditare una tesi ripugnante in base alla quale la verità della Shoah corrisponderebbe invece alla «menzogna del XX secolo».
Prima che lo storico Henry Rousso attribuisca nel 1987 a questa autentica offensiva propagandistica il termine oggi consueto di «negazionismo» e che, in anni ancor più recenti, Valérie Igounet ricostruisca in Portrait d’un négationniste (Denoel), l’itinerario politico e culturale di Faurisson, nostalgico del collaborazionismo e che agli studenti dell’ateneo lionese chiedeva di riflettere sull’autenticità o meno del Diario di Anna Franck, in molti, anche a sinistra, riterranno di dover levare la propria voce a difesa della libertà di espressione di Faurisson, più volte condannato per le sue violente provocazioni nel segno della «negazione dei crimini contro l’umanità» e alla fine escluso dall’insegnamento.
MA PROPRIO mentre Faurisson e gli altri capofila del circuito europeo dei negatori della Shoah, dopo una prima apertura di credito intellettuale nei loro confronti, cominceranno a presentarsi come «vittime del sistema» e a denunciare la «repressione» nei loro confronti, l’intera strategia di cui sono portatori diverrà globale. Dopo aver incassato in un primo tempo il sostegno dell’estrema destra europea, già nel 1976 con la nascita dell’Istitute for historical review in California, finanziato dall’ideologo antisemita Willis Carto, Faurisson troverà una nuova platea internazionale, mentre i suoi scritti potranno circolare oltre i limiti delle legislazioni anti-razziste del Vecchio continente, prima di approdare alla rete. Non solo.
PER IL TRAMITE DI RADIO ISLAM, inizialmente basata a Stoccolma, i negazionisti, ancora una volta Faurisson in testa, incasseranno quindi il sostegno delle autorità iraniane che, in particolare durante l’amministrazione di Ahmadinejad, fino al 2013, organizzeranno più volte «convegni» di questo circuito a Teheran. Ed anche in Francia, il nuovo antisemitismo che specula sulle tragedie del Medioriente vedrà delle inedite convergenze intorno alla figura di Faurisson, come indica la presenza di quest’ultimo sul palco di Dieudonné una decina di anni fa.
Dalle pagine di Le Monde allo Zénith di Parigi non c’è dubbio che Robert Faurisson abbia interpretato fino in fondo la sua parte di «assassino della memoria», come scrisse Pierre Vidal-Naquet già molto tempo fa a proposito dell’offensiva del negazionismo