il manifesto 19.10.18
Pd, un congresso di riscatto o una conta feroce
Congresso
dem. Il rischio reale è che chiunque vinca si ritrovi a guidare un
partito senza più militanti e passione. Coinvolgere chi non si riconosce
nel governo ma non si fida più di noi. Ne parliamo a Milano.
di Gianni Cuperlo
Il
Partito democratico a sette mesi dalla più pesante sconfitta elettorale
degli ultimi anni si avvia, salvo imprevedibili cambi di scena, ad
affrontare il congresso più difficile della sua pur giovane storia.
Difficile per il contesto politico ed economico nazionale ed
internazionale, in un’Europa che vede in atto un conflitto sistemico nel
quale si scontrano due impianti culturali e due visioni alternative
della democrazia.
Siamo nel pieno di un cambiamento epocale perché
quella che sta avanzando su scala mondiale non è una destra liberale: è
una destra nazionalista e aggressiva che mette in discussione alcuni
dei pilastri della democrazia minando alle fondamenta la stessa Unione
Europea.
E il Partito democratico come arriva a questa sfida? È
questa la domanda a cui è più urgente dare risposta e il congresso
dovrebbe essere l’occasione permettere in campo piattaforme
programmatiche in grado di offrire una visione del Paese e dell’Europa
dal nostro punto di vista, dal punto di vista di una sinistra
radicalmente alternativa a questa destra.
Dovrebbe essere
l’occasione per riaprire luoghi di discussione e di inclusione nel
dibattito politico allargando il nostro campo a quella larga parte di
società civile, intelligenze, movimenti e associazionismo, che ha smesso
di guardare a noi come interlocutori in grado di fare sintesi tra le
istanze di chi vive in condizioni di maggiore sofferenza nella sua
quotidianità e che continuano a non trovare rappresentanza.
I mesi
che ci separano dalle primarie con le quali si eleggerà il prossimo
segretario del Pd possono seguire due diverse direzioni: la solita
guerra feroce tra eserciti, una conta tra chi sta con chi, con il
rischio che chiunque vinca si ritrovi a guidare un partito senza più
militanti, passione, politica, popolo; o un processo di radicale e
profondo cambiamento di paradigma. Spetta a noi, ognuno di noi,
chiedersi quale strada vogliamo tracciare.
Da questa scelta
dipenderà anche la capacità di mobilitare quella parte del Paese che non
si riconosce in questa maggioranza di governo ma che non si fida più di
noi. Dobbiamo attrezzarci ed essere in grado di tornare protagonisti di
una nuova stagione politica, quando la luna di miele tra questo governo
e il Paese finirà di fronte alla disillusione delle promesse
elettorali, di fronte alla vera portata di questa manovra economica che
produrrà un aumento del deficit ma non porterà la “fine della povertà”
incautamente annunciata dal vice premier Luigi Di Maio. Questo è il tema
che abbiamo di fronte: dare forma e sostanza ad un progetto alternativo
credibile.
Noi proviamo a dare un nostro contributo al dibattito,
anteponendo i programmi e i contenuti ai nomi, provando a ribaltare lo
schema rimettendo al centro la politica prima ancora di alleanze
strategiche congressuali.
A Milano, oggi e sabato apriremo un
confronto sui temi di stretta attualità, dalle elezioni europee della
prossima primavera – che saranno forse per la prima volta nella storia
dell’Unione europea elezioni politiche – al congresso del Pd che o sarà
di vera svolta rispetto a tutto ciò che abbiamo alle nostre spalle o
servirà soltanto a regolare conti interni di cui né il Paese né i
democratici hanno bisogno. Ci siamo dati appuntamento alla Fonderia
Napoleonica (via Tahon di Revel, 21) a partire dalle 17,30. Tre le
parole che ci guideranno: Europa, sinistra, riscatto. Nel bagaglio
mettiamoci passione.
*Partito democratico