il manifesto 13.10.18
L’irruzione degli studenti: c’è vita fuori dalla bolla
Comincia
la scuola. In settantamila sfilano in 50 città: chiedono di
rifinanziare scuola e università, grandi assenti sulla scena politica
del Def. La scuola, l'università, la cultura sono i grandi assenti nello
scontro politico sulla manovra. Anche quest'anno i nove miliardi di
euro tagliati nel 2008 da Berlusconi non sono recuperati. A Torino
bruciati due manichini di Salvini e Di Maio. Il gioco delle parti
politiche tra i vicepremier
di Roberto Ciccarelli, Giansandro Merli
ROMA
I settantamila studenti che ieri sono scesi in piazza in cinquanta
città italiane hanno denunciato il grande assente nel dibattito sul Def e
la legge di bilancio: gli otto miliardi tagliati alla scuola (e 1,1
miliardi all’università e alla ricerca) nel 2008 dal governo Berlusconi.
Da allora mai più rifinanziati. Questi fondi non ci saranno nella
manovra, così come quelli per la cultura. Oltre alla richiesta di
rifinanziare tutto quello che è stato eliminato dieci anni fa
all’istruzione, gli studenti chiedono il superamento dell’attuale
modello di alternanza scuola-lavoro e criticano i controlli antidroga
nei dintorni degli istituti scolastici stabiliti dall’operazione «Scuole
sicure» voluti dal ministro dell’Interno Salvini. Per gli studenti è
necessaria una sicurezza diversa: “studiare di più e in edifici a norma
in un paese dove il 70% sono a rischio, non i cani che cercano lo
spinelli all’ingresso delle scuole” hanno detto dal camion nel corso del
corteo romano che ha sfilato da Piazzale Ostiense al Ministero
dell’Istruzione in viale Trastevere.
LA SCUOLA È PRATICAMENTE
assente dal contratto tra Lega e Cinque Stelle. Oggi c’è solo la misura
attendista del ministro dell’Istruzione Bussetti che ha sospeso per un
anno le prove Invalsi e l’alternanza scuola-lavoro per accedere
all’esame di maturità. Ancora incerta è l’indizione del concorso atteso
da migliaia di potenziali docenti e da quelli precari. É in bozza il
decreto che regolerà il concorso per i diplomati magistrali, che hanno
ricevuto la cattedra a tempo indeterminato ma con riserva.
L’IRRUZIONE
degli studenti medi sulla scena politica ha provocato una
contraddizione nel campo populista. L’episodio scatenante è accaduto a
Torino dove nel corteo partito da piazza Arbarello verso Porta Nuova
sono stati bruciati due manichini raffiguranti Salvini e Di Maio. Sono
state identificate e denunciate per vilipendio delle istituzioni due
studentesse di 17 e 18 anni. Da una posizione di destra «legge e ordine»
Salvini ha detto: «Che schifo: studenti coccolati dai centri a-sociali e
da qualche professore». Dalla parte di una sinistra garantista si è
schierato Di Maio: «Questa denuncia è un reato di epoca medievale, spero
sia archiviata il prima possibile. La repressione non porta mai nulla
di buono». Dopo avere ricordato il suo passato di rappresentante
studentesco Di Maio ha aggiunto che gli studenti «possono anche andare
oltre le righe, un po’ come ha fatto l’M5S a patto di non andare contro
la legge e di non usare violenza. Voglio parlare con loro. Le porte dei
miei ministeri sono aperte, e le mie orecchie pure: le ho aperte ai
riders, ai disoccupati, ai lavoratori, agli imprenditori».
IN
CAMPO C’È la polemica su alcuni «tagli» di 100 milioni. Per Di Maio
sarebbero i fondi destinati all’alternanza scuola-lavoro che docenti e
dirigenti si rifiuterebbero di usare «per mandare gli studenti a
friggere le patatine da McDonald’s». «Ne abbiamo preso una parte per
scongiurare l’abbassamento degli stipendi agli insegnanti». Argomenti
che gli studenti ritengono «inaccettabili»: «I risparmi dovuti alla
riduzione delle ore di alternanza – sostiene Giulia Biazzo (Uds) –
devono essere destinati a potenziare la didattica, non a coprire la
mancanza di finanziamenti adeguati per dare un giusto compenso ai
docenti. Deve aumentare gli stanziamenti sull’istruzione e abolire la
“Buona scuola” di Renzi».
LA RICHIESTA di abolire una delle più
odiate riforme della precedente legislatura è tornata più volte nei
cortei. «L’alternanza scuola-lavoro è completamente sbagliata – ha detto
Federico, 15 anni, del liceo Tasso a Roma – sia per come è stata
applicata, che nella sua ideologia di fondo. La scuola deve per prima
cosa insegnare a pensare, non introdurti subito nel mercato del lavoro,
abituandoti ad accettare qualsiasi condizione di impiego». In viale
Trastevere, sulle scale del ministero, il corteo ha scandito lo slogan:
«Siamo tutti Stefano Cucchi» e «Chi non salta è un fascista». «In Italia
si è aperta una nuova stagione politica – ha detto Samuele, studente
diciottenne del liceo Augusto – Dicono che questo sia il ‘governo del
cambiamento’, ma il vero cambiamento siamo noi, il futuro di questo
Paese. Rifiutiamo le politiche di questo governo, sia quelle sulla
scuola, che tutte le misure razziste che sono state approvate».