lunedì 8 ottobre 2018

Il Fatto 8.10.18
Qualche consiglio personale a chi farà la fiction tv sul Duce di Scurati
Il successo del progetto della casa di produzione Wildside potrebbe dipendere dal ruolo che si darà al revisionismo storico
di Pietrangelo Buttafuoco

Il “tomo del momento”, per come lo definisce sul Fatto Fabrizio d’Esposito, diventa una serie televisiva. M. Il figlio del secolo, il libro Bompiani con cui Antonio Scurati prova a raccontare Benito Mussolini e il fascismo come un romanzo di un io corale è già un progetto di Wildside, la casa di produzione di Lorenzo Mieli e Mario Gianani, per farne un successo nel solco di altri fortunati titoli, da The Young Pope di Paolo Sorrentino a L’amica geniale tratto dal felicissimo bestseller di Elena Ferrante. Buon per loro, anzi, beati loro così pronti a mieter piccioli dall’ingegno, ma il caso M – inevitabilmente “autobiografia dell’Italia”, dunque ghiotta occasione – ci solletica un consiglio non richiesto. Ed è quello di dar fondo a un’immaginazione ancor più impegnativa. C’è da farne, insomma – del figlio del fabbro – una sorta di Chanson de Benito. Altrimenti niente, neppure metterci mano. Nel solco dell’intuizione di Scurati – farne un romanzo “in cui d’inventato non c’è nulla” – non si può inciampare nel dogma dell’anti. Ogni anti proviene – come ogni anti – dallo stesso fondamento essenziale di ciò contro cui è anti. La sceneggiatura patirebbe, manco a dirlo, di ovvietà. E fare per come s’è fatto sempre – l’anti – garantisce forse la proiezione in anteprima al Quirinale ma non arriva a quagliare il climax narrativo, si smoscia nell’etica, sbanda nell’etichetta e s’imbraca nella rimozione del non detto. Il motivo principale per cui M di Scurati piace è proprio nella potenza totemica di M, la M in quanto tale stampata sulla copertina del libro di cui è perfino secondario – nella consacrazione del successo – leggerlo per intero. Un precedente – un caso editoriale internazionale – fu il Mussolini di Renzo De Felice: un capolavoro della storiografia in più tomi voracemente acquistato dal pubblico e neppure letto ma “posseduto”. Un bestseller, quello, “voluto” in virtù di un crisma, il revisionismo, presto svelatosi nella magia del mercato come un procedimento di distanza – un vero e proprio occhio terzo nella lettura critica – perfetto anche per farne chanson a-ideologica. Giuliano Ferrara sostiene, giustamente, che in tema di comunismo l’unico revisionismo che funziona è quello fatto dagli ex comunisti. François Furet, lo storico francese, fa testo. Renzo De Felice, storico del fascismo, non era certo un ex fascista, motivo per cui il revisionismo su M non arriva mai a compimento. Ma sono i famosi dettagli della storia. Intanto, il consiglio non richiesto alla spett. Wildside: il revisionismo è un metodo di coerenza drammaturgica, specie nella serialità “in cui d’inventato non c’è nulla”. C’è l’epos e – trattandosi di uno specialissimo “io” – immedesimazione. Quella che garantisce il successo a un prodotto commerciale.

Caro Pietrangelo, io sono “anti” com’è “anti” la nostra Costituzione, e proprio per questo non censuro il tuo articolo, che è “pro”. Ovviamente una serie televisiva biografica dovrebbe raccontare Mussolini per quello che è stato: tante cose, ma soprattutto un tiranno che rovinò l’Italia con la guerra, la privò della libertà con la dittatura e le tolse la dignità con le leggi razziali.
M.Trav