lunedì 8 ottobre 2018

Il Fatto 8.10.18
Non avrai altro Dio all’infuori della Pasta
Venerano il Prodigioso Spaghetto Volante, il loro Paradiso è un vulcano che erutta birra, indossano uno scolapasta come copricapo: è la Chiesa pastafariana in cerca di un riconoscimento e dell’8 per mille
di Lorenzo Giarelli

Venerano uno spaghetto volante, il loro Paradiso è un vulcano che erutta birra e indossano uno scolapasta come copricapo religioso. Tutto questo è la Chiesa pastafariana italiana, emanazione nostrana di un culto nato nel 2005 negli Stati Uniti per volere di Bobby Henderson, che reagì alla decisione del consiglio per l’istruzione del Kansas di insegnare il creazionismo nelle scuole come un’alternativa alla teoria dell’evoluzione. Henderson decise allora di spargere il mito del Prodigioso Spaghetto Volante, la divinità a forma di spaghetti e polpette da cui tutto ebbe inizio, chiedendo che gli venisse riconosciuta pari dignità rispetto a tutte le altre religioni. Da allora – carboidrati a go-go – i suoi adepti ne hanno fatta di strada, tanto che adesso la capa spirituale italiana porterà il suo culto anche in un blog su MicroMega.
Lei si chiama Emanuela Marmo, ha 39 anni ed è nata a Sarno (Salerno) ma si firmerà col suo nome religioso: Pappessa Scialatiella Piccante I. E guai a chi non prende seriamente la cosa: certo, vien facile dire che il pastafarianesimo sia una grande provocazione per smascherare le contraddizioni delle altre religioni – e forse lo è – ma gli adepti considerano il loro credo tutt’altro che scherzoso. L’ironia, semmai, è nel modo di comunicare, non certo nei contenuti: “Perché una divinità con una testa d’elefante – si chiede la Pappessa – è ritenuta credibile e un dio fatto di spaghetti no? Per quale motivo non ci facciamo problemi per un Dio che cammina sulle acque ma sorridiamo del pastafarianesimo?”.
Domande su cui da tempo le chiese dello Spaghetto volante di tutto il mondo incalzano le istituzioni locali. In Italia per il momento il culto non è riconosciuto come una religione: “Siamo un’associazione religiosa – spiega Pappessa Scialatiella Piccante I – e abbiamo intenzione di chiedere il riconoscimento, ma per poterlo fare dobbiamo avere dei requisiti giuridici che stiamo perfezionando”.
Serviranno tempo e nuovi iscritti (per il momento i soci sono solo 300), ma intanto in giro per il mondo i pastafariani lottano a mani nude contro la burocrazia. Senza dimenticare, molto prosaicamente, il vil denaro: se i pastafariani riuscissero a farsi riconoscere come religione, potrebbero rientrare nella distribuzione dell’8 per mille, il gettito che ogni anno garantisce circa un miliardo di euro alla Chiesa cattolica e 200 milioni ad altre undici confessioni. A quel punto, altro che spaghettate.
Nel 2014 Jessica Steinhauser, residente nello Utah, è riuscita a farsi accettare come foto della patente una sua immagine con lo scolapasta in testa. Nello stesso anno Christopher Schaeffer, membro del consiglio comunale di Pomfret, ha giurato con in testa il sacro copricapo, diventando il primo politico pastafariano americano eletto a incarico pubblico. In Nuova Zelanda il culto ha invece ottenuto il suo scopo fino in fondo ed è riconosciutao come religione, mentre in Olanda dopo un primo permesso è arrivato lo stop da parte del Consiglio di Stato.
Piccoli passi che danno coraggio ai pastafariani italiani, che intanto diffondono il verbo: “La birra è la nostra bevanda sacra, Bobby Henderson è il nostro profeta e, a differenza delle altri religioni, noi non ci fondiamo su dogmi e pure la capa spiriturale può fallire”. Non c’è alcuna punizione per chi non crede e nessun divieto di offendere il Prodogioso. È tutto scritto negli otto condimenti, dettati dallo Spaghetto Volante al pirata Mosey sul monte Sugo. Che c’entra un pirata in questa storia? I pirati sono il popolo eletto dal Prodigioso: non a caso, spiegano i pastafariani, da quando il numero di pirati sulla Terra è diminuito sono iniziati molti dei guai del mondo, a partire dal surriscaldamento globale.
Un’altra provocazione? Forse, ma serve a dimostrare che non sempre correlazione vuol dire causalità. Il pastafarinesimo, poi, porta con sé diverse battaglie sociali: “Il nostro culto è intimo – chiarisce la Pappessa – e pensiamo che la laicità sia la condizione primaria di qualsiasi democrazia, altrimenti le religioni entrano in conflitto per condizionare il pubblico con i propri insegnamenti”. E poi ci sono le manifestazioni per la libertà sessuale, per l’eutanasia e “per tutto ciò che esalti la scelta dell’individuo”. Facendo i conti con chi prende tutto come un gioco un po’ da matti: “È un paradosso, – dice la Pappessa – se sei felice, ridi del mondo e utilizzi l’ironia sembra che tu non possa dire cose serie. Non abbiamo bisogno di piangere o di picchiare per denunciare quel che non va”.