Il Fatto 29.10.18
Vergogna firmata a San Rossore
Le
leggi razziali fasciste sono un insieme di provvedimenti legislativi e
amministrativi applicati a partire dal 1938, con l’obiettivo di colpire
soprattutto la minoranza ebraica residente in Italia. Benito Mussolini
le annunciò il 18 settembre di quell’anno durante un comizio a Trieste;
il 5 settembre, il re Vittorio Emanuele III aveva firmato la prima legge
in difesa della razza nella tenuta regia di San Rossore, a Pisa. Con
queste norme la popolazione ebraica fu gradualmente estromessa dai
diritti sociali e civili: insegnanti, impiegati e dirigenti della
pubblica amministrazione furono licenziati; gli studenti vennero esclusi
dalle scuole e si stabilì il divieto, per tutti gli ebrei, di sposare
persone “di razza italiana”. Le leggi impedivano anche agli imprenditori
discriminati di possedere aziende con più di 100 dipendenti, oltre che
di avere la proprietà di terreni e fabbricati che superavano certe
dimensioni. Le leggi razziali, precedute, come contesto culturale, dal
Manifesto della Razza, restarono in vigore fino al 1944.