sabato 27 ottobre 2018

Il Fatto 27.10.18
Da quale pulpito viene il “bipolare”
di Maurizio Montanari


Forte si è levato da ogni parte il grido di sdegno (fai schifo) a stigmatizzare l’incommentabile uscita di Grillo su autismo e Asperger. Lo sostengo da tempo: l’uso del Manuale diagnostico e statistico per colpire l’avversario costituisce una degenerazione inammissibile del dibattito politico. Peccato che i più feroci j’accuse provengano oggi dal quartier generale della Leopolda dal quale, solo poco tempo fa, le bordate cliniche partivano come palle incatenate verso gli avversari.
Erano tempi robusti, il declino non era ancora iniziato, da quelle parti passava tanta gente, mica come oggi. Forse a causa delle mazzate elettorali molti renziani oggi soffrono di un amnesia selettiva, immemori del tempo in cui l’innesto del lessico analitico col renzismo forgiò una neolingua che apostrofava gli avversari come un corpo unico posseduto da intenti incestuosi. Dapprima fu la volta dei nemici interni, espulsi e tratteggiati come mummie intrise di godimento masochista. Fu poi la volta del polo grillino afflitto da una patologia bipolare con un candidato premier che pativa di un bipolarismo inquietante. Il 4 marzo la realtà virtuale della Leopolda venne dissolta dal redde rationem con il quotidiano, quando non torme di nemici malmostosi dediti all’odio, ma la gente comune, riportò il renzismo a contatto con la realtà sbriciolandone le fondamenta e mostrando tutti i drammatici limiti del suo lessico. Tante e tali erano state le invettive cliniche e non lanciate via Repubblica, che quell’odio alle porte incombente io iniziavo a temerlo davvero. Ho realmente pensato di svegliarmi una mattina e ascoltare via radio i comunicati del comitato di salute pubblica tra un brano di sinfonica e l’altro. Addirittura il Paese, a detta di Recalcati, stava per cadere nella mani di “un comico bipolare a sua volta rappresentato da un ex-steward del San Paolo di Napoli con evidenti difficoltà di ragionamento e lessicali” (sic). Al di là del fatto che fare lo steward fa parte di quei lavoro umili che un partito di sinistra dovrebbe vedere come valore aggiunto, io non le ricordo le vesti stracciate a difendere le associazioni di chi è affetto da disturbi specifici del linguaggio o da bipolarismo, colpite allora come oggi avviene per quelle che si occupano di autismo. La loro attenzione alle parole di Grillo è dovuta in parte anche alle sconfitte patite, grazie alle quali hanno potuto affinare la loro sensibilità ed intuire quanto doloroso sia per chi è affetto da alcune patologie dell’animo e della mente, vedere quelle diagnosi che per molti di essi hanno reso la vita tanto dura da campare, usate come strumento di battaglia. Oggi che la Leopolda è franata, ci si ricorda dei più fragili. Troppo facile. Per scagliare un pamphlet ci vuole coerenza.
Dunque, o sei Céline, o è meglio che lasci stare. Prima di lanciare crociate giuste ma tardive contro la malattia usata come argomento politico, è bene che essi prendano atto di quanto il loro linguaggio ne fece uso, e ne traggano insegnamento. È bene che acquisiscano consapevolezza di quanto le loro parole, private dell’arsenale clinico, degradino in insulti da osteria. Cialtroni. Senza cervello. Invettive banali, offese a poco prezzo da scapoli contro ammogliati il venerdì sera. Vuoi mettere il nazional popolare “incompetenti” con il “ritorno spettrale del berlusconismo”? Bene fanno dunque a criticare Grillo, quel linguaggio è sbagliato, fuori luogo. Lo hanno capito a tal punto che da tempo hanno abiurato l’uso della diagnosi. Senza il frasario freudiano gli avversari sono oggi liberati da pruderie adolescenziali, dall’odio, affrancati da pulsioni masochiste. Sono solo cialtroni, ma concedono a tutti la possibilità di parlare dalle reti nazionali. Anche allo psicoanalista le cui parole vennero da molti utilizzate per stigmatizzarli.
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