Il Fatto 22.10.18
Alexandria Ocasio-Cortez (29 anni)
Usa, la nuova sinistra è socialista e donna
Si
rinnova il Congresso e i democratici sono favoriti: potrebbero
riprenderne il controllo, anche grazie ai candidati più radicali
di David Broder
Potrebbe
sembrare che gli Stati Uniti si spostino sempre più a destra. Le
notizie della detenzione dei bambini migranti, della nomina dello
sciovinista Brett Kavanaugh alla Corte Suprema e della riduzione fiscale
di 1,5 trilioni di dollari – abbinate alle provocazioni quotidiane del
presidente Donald Trump – indicano la radicalizzazione del Grand Old
Party, il Partito repubblicano. Ma le elezioni di midterm (si terranno
il 6 novembre) potrebbero cambiare questo quadro. E non solo perché
sembra che i democratici riprenderanno il controllo della Camera.
Il
fenomeno più significativo in questo ciclo elettorale è l’affermazione
del “socialismo” in un Paese che non ha mai avuto un grande partito
operaio. Ispirati alla campagna ingaggiata dal senatore indipendente del
Vermont, Bernie Sanders, nella primaria democratica del 2016 contro
Hillary Clinton, alcuni nuovi candidati, soprattutto candidate,
agguantano la bandiera del vecchio partito del liberalismo statunitense
per pronunciare una frase finora esclusa dal lessico politico americano:
“Io sono un socialista”.
Anzi, si parla del “socialismo
democratico”. Non è tanto un cenno al partito, quanto ad una concezione
riformistica del progetto socialista stessa, e all’area politica dei
Dsa, Democratic Socialists of America, un’associazione politica non
legata al partito ma che spesso partecipa alle primarie democratiche.
Tra i più visibili candidati del Dsa c’è Alexandria Ocasio-Cortez, la
ventottenne che ha sconfitto il congressman, il parlamentare, in carica
(e molto legato al vecchio establishment) Joseph Crowley nella primaria
democratica nel 14° distretto di New York.
L’ultimo socialista che
si è definito tale e che abbia raggiunto la Camera, è stato Ron Dellums
nel 1971. Ma in questa tornata elettorale è quasi certo che ne verranno
eletti almeno due. Per il 6 novembre, infatti, i sondaggi danno la
nuova star Ocasio-Cortez quasi all’80 per cento dei voti a New York. E
nel 13° distretto del Michigan, la militante dei Dsa Rashida Tlaib è la
sola candidata. Figlia di un palestinese, immigrato in America per fare
l’operaio alla Ford di Detroit, Tlaib sarà la prima donna musulmana ad
essere eletta al Congresso.
I Dsa non sono un partito di massa:
nelle condizioni americane anche far eleggere due candidate sarebbe una
svolta storica. Ma pur partendo da una base molto bassa, i passi in
avanti sono considerevoli. Cinque anni fa i Dsa avevano 5.000 iscritti;
nel settembre del 2018 hanno sorpassato la soglia dei 50.000. La sua
attività si estende anche alla partecipazione nei movimenti, alle piazze
e alla formazione politica dei militanti. Movimenti quali Occupy Wall
Street e Black Lives Matter sono stati decisivi per la formazione di una
generazione di giovani militanti che hanno poi cercato uno sbocco
politico.
È senz’altro stata la campagna di Bernie Sanders nel
2016 (ha preso il 43% dei voti nella sua sfida a Hillary Clinton,
raccogliendo 180 milioni di dollari in piccole donazioni effettuate on
line) a galvanizzare i socialisti, a rafforzare l’idea che sia possibile
per i Dsa sfidare l’establishment democratico attraverso le primarie
nonostante il potere dei corporate donations e la morsa sulle strutture
del partito di una vecchia classe politica. Anche l’elezione di
candidati Dsa ai parlamenti degli Stati, quali l’ex-soldato trentenne
Lee Carter in Virginia o Julia Salazar a New York (verrà eletta senza
opposizione il 6 novembre), hanno rafforzato questa tattica. Anche dove
non possono essere eletti, i candidati sponsorizzati dai Dsa hanno
acquisito una visibilità e una capacità inedite di comunicare il
messaggio riformista. Il mese scorso anche Cynthia Nixon (l’attrice che
interpretò Miranda in Sex and the City) si è dichiarata una “socialista
democratica”, per poi prendere il 34% dei voti democratici nella sfida
al governatore in carica, il potente Andrew Cuomo, figlio d’arte con
qualche ambizione presidenziale: il padre italoamericano Mario ha
ricoperto la stessa carica a New York tra l’83 e il ’94.
Al di là
del socialismo organizzato, le rivendicazioni promosse della campagna
Sanders hanno trovato eco anche in altre aree democratiche, quali i
Justice Democrats, legati a Young Turks di Cenk Uygur (il talk show on
line più guardato nel mondo). 26 candidati progressisti legati a
quest’area, tra cui Ayanna Pressley (Massachusetts) e Ilhan Omar
(Minnesota), si presentano per le elezioni di midterm, avendo sconfitto
l’establishment democratico alle primarie grazie alle battaglie per la
sanità pubblica e per l’abolizione dell’Ice, Immigration and Customs
Enforcement, la polizia anti-migranti voluta da George W. Bush e oggi
resa sempre più aggressiva da Trump.
Per molti versi quella in
corso non è tanto la “rinascita” della sinistra americana quanto
l’ascesa di un fenomeno inedito. Alle elezioni del 1920 il militante
pacifista incarcerato Eugene V. Debs prese un milione di voti, ma in
generale il movimento operaio ha sempre avuto un ruolo molto marginale
nelle istituzioni statunitensi, sebbene ci siano alcune campagne
sindacali importanti, quali la domanda per un salario minimo orario di
15 dollari.
Storicamente i sindacati americani non hanno mai avuto
una espressione politica indipendente e duratura; in molti casi i loro
rappresentanti sono stati cooptati nell’establishment stesso, o hanno
mantenuto un rapporto momentaneo con gli eletti democratici. Forze quali
l’ala più moderata del Civil Rights Movement hanno saputo influenzare
in qualche modo l’azione delle aree liberali del Partito democratico, ma
quest’ultimo è sempre stato un “alleato” non troppo fedele.
In
questo senso la parabola di Barack Obama ha avuto un ruolo determinante.
Ascesa e declino del primo presidente nero (e uno dei più progressisti
nella storia americana) e la sua gestione della crisi economica e degli
scontri razziali nel suo Paese hanno ispirato movimenti contestatori
quali Occupy Wall Street e Black Lives Matter. Così come in Inghilterra
con Jeremy Corbyn la piazza si è riconnessa con il vecchio socialista
Sanders e con uno storico partito politico, a Londra i laburisti e
oltreoceano i democratici.
Allo stesso tempo, le aspre campagne di
Fox News ed altri contro Obama stesso, tacciandolo di essere un
“socialista” (solo perché propugnava una riforma del sistema sanitario
americano molto meno ambizioso di quelli europei) hanno curiosamente
sdoganato quella parola così estranea. La grigia campagna di Hillary non
ha che rinforzato il desiderio di trovare un’alternativa più forte e
scoprire che cosa fosse il socialismo.
In tutto questo può anche
nascere, quindi, un inedito movimento giovanile interessato all’idea di
“riordinare” il modello sociale americano. Negli anni ’30 qualcuno
chiese a John Steinbeck perché non esistessero movimenti socialisti
negli Stati Uniti. Lo scrittore rispose che il problema risaliva al
sogno americano dei giovani operai: “I poveri non vedono se stessi come
membri oppressi da un padrone, bensì come milionari temporaneamente in
difficoltà”. Ma per i giovani americani che non riescono a trovare
lavoro o casa, la promessa di diventare un milionario sembra oggi più
lontana della rivendicazione di una soglia minima per vivere. Secondo un
sondaggio Gallup, il 51 percento degli under29 si dichiara favorevole
al socialismo (in un’accezione assai larga di questo termine).
Analizzando
il successo dei candidate quali Tlaib e Ocasio-Cortez alcuni analisti
insistono sulla loro etnia, o sul loro genere, piuttosto che sul
socialismo stesso. Non si può dubitare della rilevanza di questi temi
nella vita politica americana, ma è anche vero che c’è un intreccio tra
origini e credo politico. Se si pensa ai problemi quali la detenzione
dei sudamericani che arrivano per cercare lavoro, o la guerra alla droga
(che dagli anni 1980 in poi ha portato all’incarcerazione in massa
degli afro-americani), c’è ovviamente un legame tra queste
discriminazioni e la povertà. Ocasio-Cortez spiega: “Non riesco a
immaginare qualsiasi questione etnica che non abbia anche implicazioni
economiche, e non riesco a pensare a qualsiasi questione economica che
non abbia anche implicazioni etniche. L’idea che dobbiamo per forza
distinguerle, scegliendone solo una, è una truffa”.
Questi primi
passi partono da una base molto bassa. Ma se i Dsa americani riuscissero
a legare la promessa dell’avvenire ai sogni dei giovani emarginati,
l’ascesa socialista in America potrebbe avere delle conseguenze
importanti per tutti noi.