Corriere 22.10.18
L’incubo degli euromissili e la paura (30 anni dopo) di un’escalation nucleare
A rischio l’accordo Reagan-Gorbaciov
Strappo di Trump sui missili nucleari Mosca: pericoloso
di Franco Venturini
John
Bolton, consigliere per la sicurezza del presidente Trump, porta oggi a
Mosca un ultimatum che ci riguarda. Se la Russia non smette
immediatamente di violare il trattato Inf, dirà Bolton a Putin, gli Usa
confermeranno la loro uscita dall’accordo. E così gli euromissili, ben
noti agli italiani che negli anni Ottanta li schierarono nella base
siciliana di Comiso per bilanciare gli SS-20 sovietici, torneranno a far
pendere sull’Europa la spada dell’olocausto nucleare. Talvolta la
Storia è tanto veloce da coglierci in contropiede.
Si sapeva che
il trattato firmato da Reagan e da Gorbaciov nel 1987 per eliminare
tutti i missili basati a terra con una gittata tra i 500 e i 5.500
chilometri era oggetto di vivaci polemiche tra Mosca e Washington. Già
Obama aveva accusato la Russia di barare, ma non si era sognato di
denunciare l’Inf (Intermediate Nuclear Forces) anche per la decisa
opposizione degli alleati europei. Ma Trump è di un’altra pasta, ha
rapporti prevalentemente cattivi con l’Europa. E così, senza pensarci su
due volte, ecco che il presidente rende nota la sua decisione di
stracciare l’accordo e di aprire la porta a una nuova guerra fredda
europea. A meno che Bolton convinca Putin, ipotesi piuttosto
improbabile.
Le capitali europee hanno già cominciato a protestare
con l’eccezione di Londra da tempo ai ferri corti con il Cremlino, ma
in questo momento, se è indispensabile schierarsi, è ancor più
necessario capire cosa stia accadendo. Da parte russa, ammesso e non
concesso che il sistema missilistico 9M729 dislocato a Kasputin Yar
rappresenti effettivamente una violazione dell’Inf (i servizi militari
europei, a cominciare da quello tedesco, ne dubitano) il tentativo
strategico sarebbe antico e ben noto: far paura agli europei e
allontanarli dagli americani, indurli a una sorta di «finlandizzazione»
socio-elettorale, ottenere infine un decoupling nucleare che lascerebbe
l’Europa praticamente indifesa. Questo era il disegno del dislocamento
degli SS-20 sovietici negli anni Ottanta, al quale l’Occidente rispose
con il contro-schieramento dei Pershing-II e dei Cruise fino ad arrivare
agli accordi dell’Inf. Una storia da guerra fredda, che dovrebbe
risultare superata in tempi di confronti cibernetici e di «guerre
ibride».
Ma se cambiamo fronte e guardiamo alle possibili
tentazioni americane, allora potremmo scoprire che una guerra fredda in
Europa è ancora d’attualità. Donald Trump, lo sanno tutti, non ama
l’Europa con la quale ha avuto soltanto contrasti: dall’ambiente al
commercio, dall’Iran alle armi letali per l’Ucraina, dalle spese Nato
alla politica delle sanzioni. Esistono allora due alternative
strategiche per l’America First: rompere la cornice comunitaria (e ci
stanno provando sovranisti e populisti con la collaborazione di Bannon)
oppure rimettere in riga i singoli alleati in tema di sicurezza, un
settore che gli europei trascurano da sempre. Il ritorno degli
euromissili per colpa della Russia farebbe mirabilmente al caso, anche
se sarebbe auspicabile che Washington esibisse qualche prova delle
violazioni dell’Inf da parte di Mosca.
Ma ovunque sia la verità,
che esista responsabilità della Russia o interesse dell’America, gli
europei continentali rischiano ora di dover affrontare una situazione
nuova. Ne saranno forse lieti i nostri soci orientali, che da tempo
denunciano le malefatte strategiche del Cremlino (con l’eccezione
dell’Ungheria, mentre la Polonia è addirittura pronta a finanziare una
base americana permanente sul suo territorio). Ma gli altri, e l’Italia
in particolare, sarebbero disposti ad ospitare trent’anni dopo altri
euromissili puntati contro la Russia? A fare da bersaglio? E come
reagirebbero le opinioni pubbliche oggi catturate da altre inquietudini,
se tornasse ad essere combattuta in Europa una guerra fredda nucleare
accettata, o addirittura voluta, dalle due grandi superpotenze atomiche
del mondo, esattamente come negli anni Ottanta?
Il viaggio di
Bolton, la risposta di Putin e l’incerta credibilità di Trump (che in
passato si è più volte contraddetto, soprattutto in tema di rapporti con
la Russia) sottolineano crudelmente l’assenza dell’Europa da un
confronto strategico che si giocherà sulla sua pelle. Ma segnalano anche
l’avvento di un mondo diverso e più pericoloso di quello del 1987, con
la Cina terza protagonista e ben presente nella voglia statunitense di
buttare alle ortiche le limitazioni dell’Inf, con le lobby militari e le
loro nuove tecnologie che premono sulle dirigenze politiche (tanto a
Washington quanto a Mosca), con la minaccia nucleare pronta a un grande
ritorno quando pareva tramontare. Soprattutto se americani e russi oltre
a disdire l’Inf non prolungheranno il «Nuovo Start» sui missili
intercontinentali, che scade nel 2021. Di tutto ciò ci auguriamo che
tenga conto nel modo più energico il presidente del Consiglio Conte,
atteso da Putin mercoledì. E s’intende che l’Italia deve dire la sua
anche a Trump. Se possibile prima che Putin e Trump si incontrino, come
se nulla stesse accadendo, l’11 novembre in Francia per ricordare la
Prima guerra mondiale.