Il Fatto 16.10.18
Salvate “Save the children” dagli insulti
di Elisabetta Ambrosi
“Avete
voluto la bicicletta? Andate a pedalare sulle ossa dei bambini”. “Non
provo alcuna pena, non sono io che li obbligo a procreare anche quando i
figli sono destinati a morte certa, quindi non me ne può fregare di
meno di quello che gli succede a questi bambini”. “Non si porta avanti
una gravidanza, se non si mangia e beve! Anoressiche incinte non ce ne
sono! Ci avete martellati con la storia che stavano morendo tutti di
fame, ma la forza di scopare e procreare dove la trovano?”.
Difficilmente
si potrebbe indovinare che la causa di tanti commenti pieni di odio sia
un semplice rapporto di un’organizzazione non governativa, Save The
Children, pubblicato ieri dai giornali online. Rapporto che non
conteneva nessuna opinione, ma solo fatti: e cioè che ogni minuto, nel
mondo, 5 bambini sotto i 5 anni muoiono per malnutrizione (7.000 al
giorno). Che 50 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta
dovuta a una improvvisa carenza di cibo e nutrienti. Che 1 bambino su
4,151 milioni è malnutrito cronico e rischia di subire fortissimi
ritardi nella crescita. Non importa che il rapporto parlasse anche di
altri Paesi, come la Siria e l’India, e non importa soprattutto che la
Ong spiegasse con chiarezza le cause di questa situazione allucinante: e
cioè, oltre alla povertà, conflitti armati uniti a disastri naturali
provocati dai cambiamenti climatici. L’unico assillo dei commentatori
era proporre per l’Africa la pianificazione delle nascite semi-coatta,
unita alla colpevolizzazione delle vittime, qualificate senza appello
come bestie irresponsabili.
“In Africa più sono poveri e più
procreano, comportandosi come gli animali”. “Chi fa figli e non ha la
possibilità di farli sopravvivere è lui stesso colpevole delle morti”.
“Occorre barattare aiuti in viveri e medicinali con un programma di
vasectomie e legature delle tube”. “Sprechiamo risorse per tappare falle
aperte da partorienti ignoranti perennemente incinte”. “Figliano
allegramente incuranti delle conseguenze”. “In Africa servono tonnellate
di preservativi e poi abbandonarli”. “Fornire aiuti, cure, cibo,
vaccini è un danno enorme, si impedisce il loro sviluppo”.
L’Organizzazione
è stata attaccata anche direttamente: “Finché non avrò certezza della
vostra estraneità al business immigrazionista, non vi darò nulla”. “Con
ogni probabilità se Save The Children avesse speso per questi bambini i
soldi che ha impegnato per traghettare in Europa gli Africani oggi la
mortalità sarebbe ridotta”. Allarmante ritrovare in queste parole echi
diretti di dichiarazioni politiche considerate, anche da chi non le
condivide, spacconate ideologiche tutto sommato innocue. E se è vero che
l’Italia è anche il Paese dove si raccolgono 60.000 euro in 48 ore per
bambini immigrati rimasti senza mensa, fa impressione che il commento
quasi unanime a chi muore di fame – anche se a scrivere sono gli
odiatori di professione – sia l’accusa di essere animali che copulano
senza ritegno.
Dal canto suo, Save The Children getta acqua sul
fuoco: “Certamente è necessaria la pianificazione familiare, ma è
proprio quella che noi facciamo”, dice il portavoce Filippo Ungaro. Ma
la Ong ci tiene anche a chiarire alcuni aspetti: “Abbiamo messo soldi
sulle navi perché abbiamo ritenuto un dovere umanitario quello di
supplire all’assenza di politiche di salvataggio europee, non solo
nazionali. Il problema del sottosviluppo è cruciale, non servono né
falsi miti né politiche di tipo propagandistico elettorale: se non si
interviene, e oggi ci sono tutti gli strumenti anche tecnologici, i
problemi tornano indietro, vedi il caso Libia. Eppure, quasi nessun
Paese europeo dà lo 0,7 per cento del Pil come dovrebbe e l’Italia si
ferma allo 0,29. Noi, che non abbiamo la forza di un governo, nel solo
2017 abbiamo aiutato 33 milioni di bambini in tutto il mondo”.