Il Fatto 16.10.18
Niente asilo già per 5 bambini. E la sindaca non cambia linea
Non
hanno portato da Benin, Togo ed Ecuador le carte chieste dal Comune
finendo per dover pagare 570 euro. Ad altre 11 famiglie chiesti gli
“arretrati” dell’anno passato
di Davide Milosa
L’anno
scorso suo figlio non è stato preso al nido perché era troppo piccolo,
quest’anno nemmeno, perché il costo della retta con tariffa massima (570
euro) era troppo alto e così ha dovuto rinunciare. Non solo, davanti
all’impossibilità di portare i documenti richiesti dal nuovo regolamento
scolastico imposto dalla giunta leghista di Lodi, la madre ha anche
dovuto firmare una rinuncia al posto in graduatoria, perdendolo
definitivamente. Candide è nata in un villaggio del Benin, ma in Italia
ci sta da 26 anni, lei che di anni ne ha 27. Parla italiano e suo figlio
è nato in Italia. A Lodi è arrivata da poco. Prima ha studiato a
Bologna, dopodiché a Milano. All’Accademia delle belle arti di Brera ha
fatto la scuola specialistica in terapeutica artistica. Il suo compagno è
originario del Togo, lui è operaio a Sant’Angelo Lodigiano in
un’azienda locale. Candide invece è disoccupata.
“Nello Stato del
mio compagno c’è una guerra in corso – spiega Candide –. E anche per me è
impossibile trovare documenti di quel tipo in Benin”. Insomma, una
situazione ideale per ottenere l’accesso alla tariffa minima e invece il
nuovo regolamento ha estromesso suo figlio. E come questo bambino, a
Lodi ce ne sono altri quattro, che hanno perso per tutto l’anno il
diritto di poter andare al nido pubblico. Esclusi e discriminati, senza
la possibilità di tornare indietro. Sì perché se anche il regolamento
dovesse cambiare, le graduatorie per i nidi pubblici sono chiuse.
Prima
dell’inizio dell’anno scolastico, il Comune doveva valutare 73 domande
per una cinquantina di posti al nido. Su venti bambini che hanno fatto
domanda e sono rimasti fuori, di circa 15 si sono perse le tracce (in
sostanza hanno rinunciato all’iscrizione ben sapendo di non poterla
pagare), altri cinque, invece, resteranno fuori perché impossibilitati a
fornire i documenti accessori. “Quando sono andata in Comune – spiega
Candide – mi è stato chiesto di mandare una rinuncia scritta, perché non
potevo pagare la retta massima. Ma io quei documenti non posso
produrli. Sono nata in un villaggio e da noi le cose sono ben diverse”.
Stessa
trama per Mariela originaria della Bolivia, mentre suo marito è
dell’Ecuador. E se Candide ha inviato una rinuncia via email, lei ha
firmato un modulo in Comune. Per la sua bambina niente nido. L’anno
scorso, però, non c’erano stati problemi. Quest’anno, invece, c’era la
caccia ai documenti di non possesso di beni immobili. Così Mariela che
non può permettersi un viaggio in Bolivia, ha provato ad appoggiarsi
alla madre. Un documento è stato trovato. Spedito in Italia e presentato
al Comune di Lodi è stato respinto. “Non è abbastanza”, le è stato
detto. Non lo è perché la regola del comune vuole che l’attestazione non
sia solo nella città di nascita ma in tutto lo Stato.
Insomma si
sfogliano storie quasi in fotocopie, con famiglie radicate in Italia,
figli nati qua e redditi minimi. Al nido come alla scuola per l’infanzia
fino alla primaria. Niente documenti, niente mensa (e scuolabus) salvo
che si accetti di pagare la tariffa massima.
Opposizioni e
associazioni in queste settimane hanno lavorato molto fino a raccogliere
60 mila euro di donazioni. Il sindaco Sara Casanova però tira dritto e
ancora ieri ha spiegato: “Il regolamento non si cambia, la legge deve
valere per tutti”. Posizione che Matteo Salvini, nonostante i dubbi
interni alla maggioranza espressi ieri dal presidente della Camera
Roberto Fico (“Bisogna chiedere scusa ai bambini e riammeterli”),
certifica e rilancia: “Andrò a Lodi per dare solidarietà al sindaco.
Stop a chi vive alle spalle degli altri”. Eppure sulla vicenda rischia,
ora, di aprirsi un altro fronte. Il Comune non solo stringe le maglie
sull’anno scolastico in corso, ma, a quanto risulta al Fatto, ha
intenzione di andare all’incasso del pregresso che riguarda una decine
di famiglie e altrettanti bambini. Per capire bisogna tornare
all’ottobre del 2017, periodo in cui la delibera viene approvata. La
modifica dovrebbe ricadere sull’anno successivo, ma ora scopriamo che
non è così. In quel periodo circa una decina di bambini viene iscritta a
scuola per l’anno scolastico 2017-2018. L’iscrizione avviene sulla base
del regolamento precedente. Nessuno in Comune li avverte che le regole
sono cambiate.
Alcuni si iscriveranno con la tariffa minima, altri
con la tariffa calcolata secondo il reddito. Si arriva così al
settembre scorso, quando i funzionari li avvertono che a breve il Comune
invierà loro delle notifiche per avere pagato anche il pregresso dello
scorso anno. Ovvero la differenza di denaro calcolata seguendo le
indicazioni del nuovo regolamento. E questo nonostante nessuno del
comune, in quell’ottobre 2017, comunicò loro del cambiamento di
regolamento.