Il Fatto 16.10.18
I giovani in piazza hanno solo ragione
di Roberto Faenza
Non
è un nuovo ’68. Ma hanno ragione da vendere questi ragazzi a sfilare
contro il governo gialloverde, accusato di non pensare al loro futuro.
Quando scendevamo in piazza noi cinquant’anni fa, mio Dio quanto tempo è
passato!, la contestazione era contro il mondo degli adulti, imputati
di soffiare sulla repressione e combattere in Vietnam. Eravamo
indottrinati dalle letture di Marcuse e Don Milani e le grida che si
alzavano erano per inneggiare a Lenin, Marx e Mao Tse Tung.
I
giovani di oggi di quelle vicende sanno poco o nulla. Non sono
ideologizzati e non chiedono rivoluzioni. Ce l’hanno col governo perché
nel contratto 5 Stelle-Lega i fondi per scuola e università sono così
scarsi che non serviranno neppure a riparare i soffitti che crollano.
Sto realizzando un documentario sui nuovi movimenti giovanili filmandoli
dal nord al sud del Paese e colgo l’occasione per offrire ai lettori
del Fatto qualche spunto. Non so se avete visto i loro volti nei vari
Tg, che nei commenti hanno esibito la solita superficialità. Sono
ragazzi e tantissime ragazze, animati da una carica che genera
entusiasmo. Nel ’68 sfilavano soprattutto universitari e liceali. Oggi
invece è sceso in piazza un numero sorprendente di giovanissimi dei
primi anni delle superiori, contando sull’astensione di molti docenti
che non hanno fatto lezione per favorire le manifestazioni. Sono ragazzi
che, per fortuna, non sono guidati da alcuna dottrina, né da alcun
maître à penser. Hanno in odio i partiti, nessuno escluso. A Torino
hanno bruciato le effigi di Salvini e Di Maio, il che mi ha colpito
perché molti di loro hanno votato 5 Stelle. Uno dei ragazzi intervistati
ha detto che a dare fuoco erano giovani del Pd. Ho i miei dubbi che
esistano dei giovani che ancora militino nelle fila di quella moribonda
accozzaglia. I sociologi, presi alla sprovvista, si sono affrettati ad
approntare una nuova mappatura del mondo studentesco. Non sapendo fare
di meglio, si sono limitati a scrivere di una nuova gioventù “liquida”,
cercando di definirne l’identikit. Troppo comodo citare il
sociologo-filosofo polacco Zygmunt Bauman, che ha usato le metafore di
liquido e solido, per circoscrivere l’universo adulto, immerso in una
quotidianità senza punti fermi. Sicuramente i ragazzi di oggi non vivono
la sessualità come gli adulti. Infatti la loro identità potremmo
definirla più che liquida “plurima”, aperta a esperienze alternative. È
il caso di una quindicenne di Milano, la quale ha chiesto di riprenderla
di spalle per non essere riconosciuta. Ha raccontato che da due anni è
innamorata, corrisposta, della sua compagna di classe. L’ha confessato
alla madre, che l’ha pregata di non dirlo al padre perché non la
capirebbe. “Mio padre è uno stronzo”, ha concluso. Ed è volata via.
Dietro di lei un gruppo di ragazze ha alzato un cartello contro il Papa,
reo di aver tuonato contro l’aborto: “Sicario sei tu!”. Se dunque è
vero che questi giovani non seguono ideologie, è altrettanto vero che
sono dichiaratamente antifascisti e antirazzisti. Il loro bersaglio
preferito è il neo-Duce, lo chiamano così, Matteo Salvini. Ne sanno
qualcosa gli studenti del liceo Tasso di Roma, che pochi giorni fa sono
scesi in strada per impedire di entrare a un gruppetto di estrema
destra, pronto a menar le mani e a distribuire volantini. Un diciottenne
di Napoli, con in mano una copia del Manifesto (cosa rara perché la
stragrande maggioranza dei giovani, abituati a navigare, non legge i
giornali), esibisce la prima pagina, dove è scritto che il reddito di
cittadinanza è in realtà un “reddito di sudditanza”. Gli chiediamo cosa
voglia dire.
Risponde che la pretesa di aiutare la povertà sarà
accompagnata da un sistema di controllo degno della Stasi, la polizia
segreta della Germania dell’est. Se la prende con il governo, che dovrà
schedare gli aventi diritto per verificare che non ci siano truffatori.
Il tema della povertà è molto sentito, come pure la critica
all’alternanza scuola-lavoro della “Buona scuola” voluta dal Pd. La
maggioranza di questi ragazzi sa che non vivrà nell’agio delle
generazioni precedenti. Precarietà e mancanza di occupazioni degnamente
retribuite è il futuro che li aspetta. Ecco perché sono così arrabbiati.
Siamo di fronte alla nascita di un movimento antiautoritario e
positivamente anche un po’ anarchico, che ha sete di esperienze
collettive e si batte contro le disuguaglianze. Lo dimostra la passione
con cui si sono radunati a vedere il documentario su Stefano Cucchi,
inveendo contro la brutalità dei carabinieri, simile a quanto accadde
nel 2001 nella tristemente famosa caserma di Bolzaneto. Quando alla fine
della proiezione viene annunciato che i colpevoli finalmente pagheranno
si è alzato un applauso scrosciante. Qualcuno ha anche pianto.