Il Fatto 15.10.18
La libertà di stampa e la trave nell’occhio del giornalismo italiano
Non è certo tramite le comprovate competenze o il riconoscimento dei meriti che si arriva nel mondo dell’informazione
di Pietrangelo Buttafuoco
Non
è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi. La malinconica
notazione di Leo Longanesi fa sempre testo tenendosi sulle generali ma
neppure può dirsi che sia mai mancata la “libertà di stampa”. La
questione è un’altra: non c’è una stampa intellettualmente libera. Mario
Calabresi, direttore di Repubblica, al culmine di un fuoco polemico –
uno scontro con Luigi Di Maio in tema di fake news e subitanea morte dei
giornali – ha sentito il dovere di dire grazie ai suoi lettori, e
quindi ai colleghi dei “giornaloni”, per il rinnovato patto con di
passione, affetto e solidarietà.
Tutto giusto, tutto bello ma un
dettaglio – uno solo – pur nella solennità del comizio scritto, rivela
la trave quando si tenta di scovare la pagliuzza nell’altrui occhio. Ed è
quando il direttore scrive a proposito dell’imbarbarimento del
dibattito pubblico in un tempo in cui – argomenta Calabresi – “la voglia
di squalificare e sporcare chi dissente è martellante”. In tema di
sporcare e squalificare chi dissente, nessuno – soprattutto la stampa
più autorevole – può proclamarsi innocente.
C’è un lunghissimo
elenco di persone, anche in Italia, sporcate e squalificate in ragione
della loro squisita eccentricità rispetto al conformismo, ma ancor più
lungo è l’elenco di chi – nel dissenso – già giace nell’oblio ancora
prima di arrivare alla tomba. È proprio della libertà di stampa, nel suo
artificio retorico, il silenziare – ancor più che perseguitare – chi
dissente. Il pensiero unico è davvero unico, non esiste altra cerchia
che il proprio circoletto; il reclutamento delle professionalità passa
attraverso quei rituali sociali il cui unico canone – un ascensore
sociale più consono alle ambizioni dei borghesi bohémien – è, resta e
sempre sarà il Bel Amì, il romanzo di Guy de Maupassant. Non è certo
tramite le comprovate competenze o il riconoscimento dei meriti che si
arriva nel dorato mondo dell’informazione.
Tra uno bravo che porta
notizie e uno capace di accendere frisson sarà sempre e solo frisson,
nel trionfo di piritollame&aperitivi. Un campione della bella
società è, per fare un esempio da letteratura – giusto a Repubblica,
oggi parlamentare – il mitico Tommaso Cerno: frisson, frisson! E sempre
pasta e patate, patate e pasta, pasta con patate offre il giornalismo
nella sua veste istituzionale quando accuratamente – e mai come
nell’attuale stagione liberale il totalitarismo s’invera negli
automatismi dei signorsì – dispensa la versione dei fatti secondo tabù.
“Noi abbiamo la censura e la censura si può aggirare, mentre voi”, mi
dice un amico turco, “siete messi peggio: voi avete i tabù”. E non poter
nominarne neppure uno, tanto sono inviolabili questi divieti, sta a
dimostrare l’enormità della trave nell’occhio di Mario Calabresi. Tanto
grande da ritrovarmela conficcata anch’io.