giovedì 18 ottobre 2018

Il Fatto 12.10.18
Columbine-Crimea lo studente spara: 19 morti nel college
Al Politecnico di Kerch - Ordigni, colpi di fucile. Il killer poi si è ucciso “C’erano più uomini armati: corpi ovunque, sembrava Beslan”
Columbine-Crimea lo studente spara: 19 morti nel college
di Michela A. G. Iaccarino


“Senti?! Sono spari. È al primo piano! Aiutate quella ragazza! Vogliamo vivere figlio di p..!”. Il resto delle urla terrorizzate è coperto da beep nei video dei cellulari degli studenti che scappano. Scie del sangue dei morti e di lacrime dei sopravvissuti al Politecnico di Kerch. Ordigni esplodono nella mensa dell’istituto. Un tonfo e poi cominciano gli spari: 19 studenti muoiono, a decine i feriti. Il viso pallido sotto i capelli d’oro è quello dell’assassino che la Russia adesso fissa atterrita, battezzata per la prima volta alle stragi nelle scuole. Sono notizie che di solito nella Federazione ascoltano solo se in arrivo dall’America oltreoceano.
Vladislav Roslyakov, 18 anni, era un studente di chimica e amava costruire esplosivi. Il suo cadavere è stato trovato dagli investigatori: si è tolto la vita con le stesse pallottole con cui ha messo fine a quella dei suoi compagni. “Ci sono corpi di bambini ovunque,” urla la direttrice Olga Grebennikova: “Sembra Beslan, uomini correvano sparando chiunque”. Forse uno o più killer. Le testimonianze di alcuni alunni parlano di più uomini e mascherati, e più armi: automatiche. Cifre e analisi del disastro al vaglio. L’unico identificato per ora è Roslyakov, che nelle immagini delle telecamere interne ha pantaloni neri e t-shirt bianca, un fucile a tracolla, proprio come Eric Harris, lo stragista del liceo Colombine. E l’eco del massacro in Colorado arriva fin laggiù, a Kerch, all’ombra del ponte che Putin ha fatto costruire in tempi record, la vena di ferro che collega la Crimea annessa nel 2014 direttamente alla Federazione.
La prima notizia che circola riferisce dell’esplosione di una bombola di gas nell’istituto dove gli alunni hanno dai 15 ai 20 anni. Poi che la strage era dovuta ad un esplosivo non identificato al primo piano, e l’FSB, servizi di sicurezza, in seguito si accerterà che non ce ne siano altri: ne sono esplosi cinque artigianali. La parola terrorismo comincia a strisciare nei titoli della stampa russa. È colpa di Kiev o dello Stato Islamico dopo le prime ore. Per Franz Klintsevich, deputato comitato sicurezza al Cremlino, “l’Isis non è capace di raggiungere Kerch” e “strutture governative o nazionalisti ucraini esaltati sono capaci di fare tutto perché odiano i russi”. Se è un “attentato stile Colombine o dei nemici della Russia, le autorità assicurino sicurezza”, dice il vicepresidente della Duma Vladimir Zhirinovsky. All’inizio non era chiaro neppure dove, ma solo “che un crimine ha avuto luogo”, come ha detto Putin sulle coste dello stesso Mar Nero, a Sochi, dove incontra il presidente al Sisi. Dopo quattro ore “non è terrorismo”, le autorità cambiano formula: è pluriomicidio e tre giorni di lutto vengono dichiarati dal governatore della penisola. Intanto il ministro della Difesa Shoigu fa evacuare alcuni feriti con aerei militari e Mosca comincia ad onorare i morti con i fiori rossi in piazza.
A settembre Vladislav aveva ricevuto l’autorizzazione necessaria per l’acquisto di un fucile calibro 12. Un paio di giorni fa poi aveva comprato 150 caricatori, riporta RT. Era un ragazzo silenzioso, ossessionato dagli assassini e dalla Nuova Russia, dicono i compagni di corso. I suoi genitori avevano divorziato poco tempo fa e lui viveva con sua madre, un’infermiera, Galina Roslyakva. Ieri in Russia il destino di alcuni è stato fatale e quello di altri beffardo. Mentre le ambulanze cominciavano a trasportare i primi feriti all’ospedale, c’era proprio Galina di turno ad accogliere, senza saperlo, i primi feriti della strage di suo figlio.