Il Fatto 11.10.18
Ipertradizionalisti di tutto il mondo, unitevi. Ora la vostra patria è all’ombra dell’Arena
L’evento - Con la benedizione di Salvini, la città ospiterà il 13º “World congress of families”
di Marcello Roccatagliata
La
contestatissima mozione approvata a Verona il 5 ottobre scorso ha
offuscato l’annuncio solo di poche ore prima: con la benedizione del
ministro Matteo Salvini, la città veneta ospiterà il tredicesimo World
congress of families (nell’edizione di quest’anno, svoltasi lo scorso
mese in Moldavia, tra gli ospiti c’era il Segretario di Stato Vaticano
Pietro Parolin).
Il presidente del Wcf è Brian Brown, un quacchero
americano convertitosi alla religione cattolica che, tanto per capirci,
intervistato ieri da Avvenire, ha dichiarato che “l’inizio della
soluzione alla crisi dell’Occidente è che i leader politici vedano che
la salute della famiglia naturale è la massima priorità della nazione”.
Ma chi è Brown? Il New York Times lo ha definito “leader
dell’opposizione al same-sex marriage” negli Usa grazie ai fondi
raccolti tra i gruppi religiosi conservatori.
Basta ricostruire la
rete intorno a questo World congress of families, per capire come
l’incontro di Verona sarà cruciale per fare della Lega un punto di
riferimento dei gruppi internazionali che si battono contro aborto e
diritti degli omosessuali.
Il Wcf nasce nel 1997 dall’iniziativa
di un sociologo americano, Allan Carlson, che in un testo intitolato
Family Questions collegava il calo della denatalità negli Stati Uniti ai
movimenti per la liberazione sessuale, e che aveva trovato una sponda
in due studiosi russi, Anatoly Antonov e Victor Medkov, convinti che la
cultura individualista occidentale avrebbe portato il loro Paese, uscito
dal comunismo, alla rovina. Per molti anni totalmente irrilevante, il
Wcf ha svoltato nel 2011 quando i suoi temi e le sue battaglie hanno
trovato orecchie interessate ad ascoltare nella Russia che si apprestava
a incoronare per la terza volta presidente Vladimir Putin. In
quell’anno Yelena Mizulina, una parlamentare molto vicina al futuro
presidente, sostenne e ottenne – negli stessi giorni in cui il Wcf
teneva un incontro a Mosca – l’approvazione di una legge che restringeva
il ricorso all’aborto: iniziativa considerata come il primo grande
successo del Wsf.
Negli anni seguenti arrivarono le leggi contro
la “propaganda omosessuale”, la depenalizzazione della violenza
domestica, il divieto di adozioni internazionali verso i Paesi dove sono
in vigore i matrimoni egualitari: tutte iniziative a cui il Wcf diede
il suo supporto. Con questo mondo, pezzi di politica e società civile
italiana iniziarono a dialogare già cinque anni fa: nel 2013 Alexey
Komov, portavoce russo del Wcf, partecipò al congresso della Lega Nord
(e oggi è presidente onorario dell’associazione LombardiaRussia guidata
da Gianluca Savoini, una delle teste di ponte della Lega verso Mosca). A
Komov guarda soprattutto ProVita, l’associazione anti-abortista guidata
da Toni Brandi, amico di lunga data del leader di Forza Nuova Roberto
Fiore. ProVita ha organizzato diversi incontri in Italia con Komov. A
uno di questi, nel 2016, partecipò l’attuale ministro della Famiglia
Lorenzo Fontana, che così salutò Komov: “C’è una deriva nichilista e
relativista della società occidentale, ma la Russia, rappresentata qui
dall’amico Alexey Komov, è l’esempio che l’indirizzo ideologico e
culturale in una società si può cambiare”.
Fontana tracciò poi un
collegamento tra il fenomeno “dell’immigrazione di massa”, “i matrimoni
gay”, “la teoria del gender”: “Sono tutte questioni legate, perché
questi fattori mirano a cancellare la nostra comunità e le nostre
tradizioni. Il rischio è la cancellazione del nostro popolo”. Verona non
è la Russia, ma intanto il Wcf può incassare con il sorriso la mozione
di Verona anti-aborto.