Il Fatto 11.10.18
Assedio alla 194: dal Papa al boom dei medici obiettori
La
situazione in Italia - 8 su 10 ginecologi si rifiutano di interrompere
le gravidanze, gli aborti clandestini spopolano. La legge, dopo 40 anni,
è sempre più ko
di Maddalena Oliva
Per il Papa
sarà pure un atto non civile, pari all’affittare “un sicario per
risolvere un problema”. Che Bergoglio tuoni contro l’aborto non è una
notizia, e nemmeno che lo faccia con un’espressione così forte. Lo
sarebbe semmai il contrario (ma Papa Francesco, di questo periodo, ha
ben altri pensieri). Abortire, però, resta un diritto. E c’è una legge,
tanto celebrata quest’anno per l’anniversario dei suoi 40 anni, che lo
dovrebbe anche garantire. Ma così succede nella realtà?
Ci sono
donne costrette a “emigrare” perché nelle regioni di residenza le attese
sono di settimane, per i tanti ginecologi obiettori. Altre che vengono
invitate a rivolgersi ai centri privati. Altre ancora che si ritrovano
in coda all’alba, in scantinati squallidi e freddi con la volontaria
dell’associazione “pro vita” che ti parla di “omicidio”. Era il22 maggio
1978quando in Italia fu promulgata lalegge 194sull’interruzione
volontaria di gravidanza, dopo un’aspra battaglia che spaccò in due il
Paese. Quarant’anni dopo, nei giorni in cui infiamma la polemica sulla
“mozione per la vita” approvata dal consiglio comunale di Verona, le
difficoltà segnalate da operatori, associazioni e pazienti diventano
motivo di nuova mobilitazione: a partire da sabato prossimo, proprio a
Verona.
Guardando i numeri, e scorrendo l’Italia regione per
regione, i medici che non garantiscono di effettuare l’intervento di
interruzione di gravidanza, per motivi di coscienza, sono il 70,5%,
secondo l’ultimo monitoraggio nazionale presentato in Parlamento. Il
record di obiettori (oltre l’80%) si registra al Sud. In Molise, per
esempio, è rimasto solo il dottor Michele Mariano – intervistato qualche
giorno fa dal Mattino – a praticare gli aborti. Un ginecologo solo, per
un’intera regione. “Nessuna donna chiede aiuto con piacere. Io ne seguo
in media 400 all’anno che arrivano da regioni vicine”, sottolinea il
dottor Mariano. “Vorrà dire che andrò all’inferno, e i miei colleghi,
obiettori di coscienza, in paradiso. Ma tutti siamo a favore della vita.
Qui si tratta solo di applicare una legge e fare in modo che una cosa
dolorosissima sia possibile come libera scelta, mettendo da parte le
ideologie. Ma vedo un rigurgito anti-abortista della politica, anche a
sinistra”.
Nel Lazio, l’aborto dopo il terzo mese viene effettuato
solo nella Capitale, proprio perché sono rimasti in pochissimi i medici
a effettuare questo intervento. Ci sono poi strutture che accettano
solo un numero limitato di richieste al giorno, quindi chi vuole
abortire deve raggiungere all’alba lo sportello.
Ancora: l’aborto
farmacologico, attraverso la somministrazione della pillola Ru486, è
possibile di fatto solo a macchia di leopardo. In Finlandia avviene nel
98% dei casi, proprio per promuovere un intervento meno invasivo: in
Italia, nel 15%. Perché spesso il farmaco non è nemmeno disponibile, nei
parti degli ospedali come nelle farmacie (dove la pillola abortiva è
uscita dalla lista di emergenza dei prodotti obbligatori da banco).
Silvio Viale, ginecologo pioniere della somministrazione ordinaria della
Ru-486 a Torino, ha replicato su Facebook a Francesco: “Sono un medico,
non un sicario. Tutti coloro, comprese le ministre, che fanno diagnosi
pre-natale, lo fanno per sapere se dovranno abortire. Il 99,9% di chi ha
una diagnosi prenatale infausta decide di abortire. Io rispetto questa
volontà e garantisco questo diritto”.
E poi c’è l’aborto
clandestino che è ancora oggi, nel 2018, una realtà. Specie per le
immigrate, che acquistano nella maggior parte dei casi medicinali su
internet.
A Castel Volturno, denuncia Emergency, alcuni volontari
hanno accompagnato al pronto soccorso ragazze straniere al 7° mese di
gravidanza con nello stomaco 50 compresse di gastroprotettore usato per
abortire. Onu e Consiglio d’Europa hanno più volte richiamato l’Italia
sia per le difficoltà di applicazione della legge sia per la
“discriminazione” nei confronti del personale sanitario non obiettore. È
la stessa legge 194 a imporre che “l’espletamento delle procedure” e
“l’effettuazione degli interventi richiesti” debbano essere garantiti,
ma nella realtà le cose vanno molto diversamente.
E in futuro? “I
non obiettori hanno in media 50-60 anni”, raccontava un medico a Palermo
al nostro mensile MillenniuM, mentre gli specializzandi di ginecologia
hanno pochissime occasioni di fare pratica. Così “nel giro di dieci
anni, la 194potrebbe diventare inapplicabile”.