Corriere La Lettura 7.10.18
Lenin bloccato sul più bello. Il sogno americano della Russia
Storia controfattuale. Cosa sarebbe successo se la rivoluzione d’Otofe fosse fallita e l’Urss non fosse mai nata
Proponiamo tre altre ipotesi di situazioni importanti nelle quali gli eventi avrebbero potuto prendere un corso differente
di Antonio Carioti
Dimenticate
Ottobre, il film del regista russo Sergej Ejzenštein, con l’epica scena
dei bolscevichi che, agguerriti e disciplinati, danno l’assalto al
Palazzo d’Inverno. È la sequenza che viene mostrata di solito in
televisione ogni volta che si parla della rivoluzione russa, anche se
non si tratta di un documento storico, ma di una pregevole finzione
cinematografica.
La presa del potere da parte di Lenin a
Pietrogrado, nell’autunno del 1917, non fu per nulla epica, anzi ebbe
caratteri tragicomici. Le milizie bolsceviche, male armate e peggio
addestrate, agirono nell’indifferenza quasi completa della popolazione,
mentre banche, negozi e teatri restavano aperti. Non mosse un dito la
stessa guarnigione della capitale e l’occupazione dei punti strategici
avvenne senza spargimento di sangue: «Fu più simile a un cambio della
guardia che a un’insurrezione», commentò il testimone oculare Nikolaj
Suchanov.
Il fatto è che ormai il primo ministro Aleksandr
Kerenskij, spodestato dai bolscevichi, era inviso un po’ a tutti: alle
sinistre perché voleva continuare la guerra ai tedeschi con pose
napoleoniche, alle destre perché aveva destituito il comandante supremo
dell’esercito, Lavr Kornilov, che nutriva ambizioni golpiste.
Kerenskij
lasciò Pietrogrado in giornata, sperando di trovare militari disposti a
combattere per lui, ma a un certo punto la sollevazione parve
bloccarsi: il governo, asserragliato nel Palazzo d’Inverno (ex dimora
dello zar destituito mesi prima), non voleva arrendersi e i bolscevichi
esitavano ad assalirne la sede, temendo un resistenza risoluta da parte
dei cosacchi, degli allievi ufficiali e delle donne in uniforme del
battaglione femminile che la presidiavano. Grande era la confusione, con
gente che entrava e usciva dall’edificio, veniva arrestata, intavolava
trattative, sparava. I rappresentanti dell’amministrazione cittadina
cercarono anche d’improvvisare una mediazione.
In questa fase
Sergio Romano colloca l’ipotesi controfattuale che costituisce il nucleo
del suo libro Il giorno in cui fallì la rivoluzione (Solferino). Basta
immaginare una maggiore fermezza da parte del governo, la messa in fuga o
la cattura delle prime guardie rosse penetrate nel Palazzo d’Inverno. E
diventa plausibile un rovesciamento dell’inerzia che fino allora aveva
favorito Lenin, con la demoralizzazione e la dispersione dei suoi
seguaci, il ritorno in gioco di Kornilov quale tutore armato della
patria e dell’ex ministro degli Esteri liberale Pavel Miljukov come
garante di un’evoluzione della Russia verso il modello occidentale, anzi
verso una sorta di «sogno americano».
Lenin ebbe la fortuna di
vedere i suoi avversari screditarsi uno per volta e seppe approfittarne
con grande abilità: prima cadde Miljukov, poi Kornilov, poi il governo
Kerenskij, quindi il Partito socialista rivoluzionario, rappresentante
dei contadini. Romano ipotizza invece una coalizione di quelle forze,
sulla quale i bolscevichi non sarebbero stati in grado di prevalere.
Così può cambiare la storia, che ai posteri sembra scolpita nel marmo,
ma è una trama sottile, sempre esposta al vento dell’imponderabile.
Ovviamente
per noi è assai difficile fare congetture su che cosa sarebbe avvenuto
nel Novecento senza l’Unione Sovietica e il movimento comunista
internazionale. Di certo l’assetto geopolitico dell’Est europeo sarebbe
stato diverso, forse più equilibrato, se la Russia non avesse concluso
la pace separata con la Germania voluta da Lenin nel 1918 e avesse
potuto sedersi da potenza vincitrice, benché malconcia, al tavolo della
conferenza di Parigi dopo la resa dei tedeschi.
D’altronde le
stesse conseguenze per l’Italia sarebbero state incalcolabili. Che
indirizzo avrebbe preso il socialismo di casa nostra senza il richiamo
della rivoluzione d’Ottobre? Si sarebbe imposta la dittatura fascista,
se le camicie nere non avessero potuto giocare con profitto la carta
della lotta al bolscevismo? Impossibile dare risposte precise, ma certo
non sono interrogativi privi d’interesse.