giovedì 4 ottobre 2018

Corriere 4.10.18
L’uomo del nord
Vette e abissi di hansen, il mecenate che fondò un museo degli impressionisti
La mostra Palazzo Zabarella di Padova ospita la collezione Ordrupgaard, creata da un visionario imprenditore danese. Comprò al momento giusto, perse tutto e poi riuscì a riprendersi fino all’ultimo quadro. E aprì il suo scrigno al pubblico
di Sandro Orlando


Nel settembre 1916, mentre infuriava la battaglia di Verdun, un affermato uomo d’affari danese passava le giornate a Parigi curiosando tra le case d’aste e le gallerie, in compagnia di mercanti d’arte e critici. Dopo una carriera quasi trentennale nel ramo assicurativo, il 48enne Wilhelm Hansen, ormai insignito del titolo di cavaliere e promosso al rango di consigliere del re di Danimarca, aveva deciso di dedicarsi al collezionismo, frutto di un lungo sodalizio con un vecchio compagno di scuola, il pittore Peter Hansen, e un gruppo di artisti danesi che alla fine del XIX secolo, sotto l’influsso di Gauguin, avevano rotto con l’accademia, per ritirarsi sull’isola di Funen alla ricerca di una vita più autentica, primitiva.
Introdotto al post-impressionismo dal direttore della Galleria nazionale di Copenaghen, Karl Madsen, che nel 1914 aveva allestito una mostra di pittura francese, Hansen era così tornato nella Parigi che aveva frequentato negli anni della gioventù per comprare opere d’arte. «Per il resto trascorro il tempo guardando quadri, ed è meglio che confessi ora, e non più tardi, che sono stato sconsiderato e ho fatto acquisti importanti», scriveva il 23 settembre 1916 alla moglie Henny. «Ma so che mi perdonerai vedendo cosa ho preso; tutto di prima classe, con tanto di stelle. Ho acquistato Sisley (due meravigliosi paesaggi), Pissarro (un bel paesaggio), Claude Monet (la cattedrale di Rouen) — una delle sue opere più celebri — e Renoir (ritratto di signora). L’autoritratto di Courbet — (ricorderai che ne avevo una fotografia) — è meraviglioso, ma non l’ho acquistato: prima di poter pensare di prenderlo, il prezzo dovrà scendere notevolmente».
Sì, il prezzo era il cruccio costante di quest’uomo che avrebbe voluto votarsi all’arte, e invece aveva poi scelto di costruirsi una solida esistenza borghese, per riscattare le sue umili origini: tanto da entrare giovanissimo in una compagnia assicurativa e fondare in seguito la Dansk Folkeforsikringsanstalt, il primo istituto popolare di assicurazioni della Danimarca. Con un occhio al portafoglio e l’altro agli ideali, a quelle utopie comunitarie che da ragazzo l’avevano fatto appassionare al «volapük», un esperanto mal riuscito, lingua che aveva anche insegnato all’università, fino a incontrare la sua futura moglie, anche lei infatuata da questo idioma universale.
Dopo il matrimonio con Henny, si era così deciso a farsi una posizione, e solo dopo aver conseguito status e prestigio, un quarto di secolo più tardi, si era avvicinato al filantropismo. Anche perché la Prima guerra mondiale aveva creato un’occasione irripetibile per le speculazioni: a Parigi la grande arte si svendeva a prezzi di saldo. Accompagnato dal vecchio Théodore Duret, il critico, collezionista e mecenate che quarant’anni prima era stato tra i patrocinatori dell’impressionismo, Hansen conobbe i mercanti d’arte e galleristi più famosi, da Alphonse Kann a Ambroise Vollard, assicurandosi tele e interi lasciti. Come quelli di cui la vedova Gauguin, l’anziana Mette-Sophia (altra danese), non vedeva l’ora di disfarsi, dopo una vita passata da sola a provvedere ai cinque figli, mentre il marito vagava nei mari del Sud in cerca di ispirazione. Intanto a Copenaghen la signora Hansen si occupava della nuova casa, commissionata all’architetto Gotfred Tvede a Ordrupgaart. Quella villa che dal settembre 1918 sarebbe stata aperta al pubblico ogni lunedì, per mostrare la collezione d’arte francese. La crisi del 1922-23 lo costrinse a vendere molti quadri, ma in pochi anni il cavaliere se li ricomprò. «Adesso ho finito con gli acquisti» sentenziò Hansen nel 1931, cinque anni prima di morire in un incidente d’auto. La moglie donò tutto allo Stato.