giovedì 4 ottobre 2018

Corriere 4.10.18
Memoria
Addio a Laqueur, lo storico euroscettico che veniva da Weimar
Ebreo, nato nel 1921, era sfuggito ai nazisti e aveva denunciato l’inerzia di troppi dinanzi alla Shoah. Aveva analizzato a fondo il fenomeno del terrorismo
di Antonio Carioti


Da ragazzino ebreo aveva assistito al crollo della Repubblica di Weimar: un trauma che lo aveva segnato nel profondo. Anche per questo lo storico Walter Laqueur, scomparso all’età di 97 anni, guardava con apprensione alle democrazie europee, di cui aveva in più occasioni sottolineato la fragilità.
Nel 1979 aveva pubblicato il saggio Europa un continente smarrito (Rizzoli), in cui si domandava se in questa parte del mondo le libertà sarebbero uscite indenni dai contraccolpi della crisi energetica. Nel 1981, dopo una grande manifestazione pacifista ad Amsterdam, aveva coniato il termine Hollanditis («olandite») per designare la tendenza neutralista che rischiava di portare al distacco degli europei dalla Nato. Parecchi anni dopo, nel libro Gli ultimi giorni dell’Europa (Marsilio, 2008), aveva tracciato lo scenario di società destinate ad essere travolte dal declino demografico e dall’immigrazione di popolazioni afro-asiatiche, spesso di religione islamica e influenzate dal fondamentalismo. Il suo più recente After the Fall («Dopo la caduta»), uscito nel 2012 da Macmillan e non tradotto in Italia, suonava le campane a morto per il «sogno europeo».
D’altronde con Laqueur la storia non era stata benigna. Nato nel 1921 in Germania, nel 1938 era emigrato in Palestina, sottraendosi alle persecuzioni naziste. Ma i suoi genitori non erano riusciti a partire ed erano rimasti vittime del genocidio. Anni dopo Laqueur avrebbe denunciato documenti alla mano, nel saggio Il terribile segreto del 1980 (tradotto in Italia da Giuntina nel 1983), la passività degli anglo-americani, del Vaticano, dell’Urss e delle stesse organizzazioni ebraiche e sioniste dinanzi alla Shoah.
Laqueur era vissuto in Israele fino al 1953. Poi si era trasferito a Londra, dove aveva avviato la sua carriera di storico, e quindi negli Stati Uniti. Specialista degli studi sull’Urss e sul Medio Oriente, curatore con Judith Tydor Baumel della Holocaust Encyclopedia edita nel 2001 da Yale University Press, non aveva trascurato la storia tedesca: tra le sue opere spicca La Repubblica di Weimar (Rizzoli, 1977), una ricognizione tra le correnti culturali che avevano collocato all’avanguardia la Germania tra il 1919 e il 1933, ma anche tra i pensatori di destra che avevano avversato la prima cagionevole democrazia tedesca.
Anche alla violenza politica Laqueur aveva prestato grande attenzione. Autore di una fondamentale Storia del terrorismo (Rizzoli, 1978), poi aggiornata un decennio più tardi con il volume L’età del terrorismo (Rizzoli, 1987), era considerato uno dei massimi esperti della materia: già prima dell’11 settembre, nel saggio Il nuovo terrorismo (uscito in edizione originale nel 2000, tradotto da Corbaccio nel 2002) aveva paventato la minaccia di attentati su larga scala nell’era delle armi di distruzione di massa. Riteneva che il terrore jihadista fosse un pericolo persistente, che bisognava prepararsi a combattere in tempi non brevi.