domenica 28 ottobre 2018

Corriere 28.10.18
Giordania, la frontiera
Un regno in posizione strategica amministrato da un sovrano illuminato, scopritelo con noi
di Antonio Ferrari


Ho fatto l’inviato per quasi 45 anni e ho sempre pensato che il vantaggio di un inviato (la qualifica, fino a pochi anni fa, comprendeva anche l’aggettivo «speciale») sia, nella professione giornalistica, davvero notevole. Probabilmente superiore a quello del corrispondente stabile in un singolo Paese. Infatti l’inviato, come dice la parola, viaggia molto, conosce diverse realtà, generalmente non mette radici, quindi non è necessario che sia inseparabilmente legato a un luogo. Avendo visitato, se la memoria non mi inganna, almeno cinquanta Paesi, cerco spesso con la mente o con i sogni di rivisitare le tappe di una vita. Nella mia classifica ideale dei Paesi frequentati la Giordania è sempre stabilmente tra i primi tre, perché è a misura d’uomo, è limpida, gronda storia allo stato puro, è affascinante; conosce — assieme — povertà e generosità; perché è capace di ricevere con quella che i greci chiamano «filoxenia», cioè senza distinguere fra straniero e ospite.
Avendo frequentato, tra gli altri, tutti i Paesi del Medio Oriente, ho trovato nel regno un’accoglienza sempre straordinaria. Una delle mie prima interviste, in quell’area, è stata con il grande Re Hussein. Ricordo che quando mi trovai davanti al sovrano ero abbastanza emozionato. Primo perché ero conscio della statura politica e morale di quell’uomo, e poi perché aveva un sorriso aperto e avvolgente. Quando gli ricordai che anch’io ero, come lui, nato a novembre, quindi sotto il segno dello scorpione, mi strinse la mano e mi disse: «Bene, così parleremo un po’ dei nostri pregi, e ovviamente dei difetti». Il dramma si manifestò quando mi resi conto che il registratore non si muoveva. Cominciai a sudare. Regalmente, Hussein sorrise e mi disse: «Ho capito. Io e lei, in tecnologia, siamo carenti». E mi fece portare un altro registratore.
Conoscevo la storia della sua vita e della sua saggezza, pienamente ereditata dall’attuale Re Abdullah II, il figlio suo successore, sposato a quell’angelo che è la meravigliosa regina Rania, madre dei suoi quattro figli. Abdullah, che mi onora della sua amicizia, era emozionato alla sua prima conferenza stampa da sovrano. Allora estrassi dalla borsa la maglia numero 10 di Roberto Mancini, a quei tempi perla della mia Sampdoria, e dissi al re:«Maestà, questa è la maglia di un grande campione che ha preso per mano una piccola squadra e l’ha portata a vincere il campionato». Metafora azzeccata per il giovane sovrano, che accettò il dono con compiacimento e simpatia, e per la sua Giordania. Questa straordinaria famiglia hascemita, guidata dal diretto discendente del profeta Maometto, è al vertice di un Paese che non si può non amare. Un piccolo Paese, senza risorse energetiche, stretto tra cinque frontiere che possiamo definire assai problematiche: Siria, Iraq, Arabia Saudita, Israele e Territori palestinesi. Non solo. È la stessa maggioranza della popolazione del regno di origine palestinese, ed è quindi comprensibile che ogni sussulto al di là del fiume Giordano abbia immediate conseguenze proprio nel regno. Una moltitudine di giordani ha legami famigliari dall’altra parte del piccolo ma storico corso d’acqua. Ed è logico, giusto e sacrosanto che la custodia dei luoghi Santi di Gerusalemme sia sotto il controllo del re di Amman.
Sarà davvero stimolante accompagnare i lettori del Corriere, per Capodanno, in Giordania. Non soltanto per godere dell’eccitante atmosfera festiva, ma per condividere con chi verrà le meraviglie di quel Paese di frontiera. Dalla storica Jerash agli angoli più affascinanti di Amman, visitando i castelli che trasudano le emozioni del passato. Poi il Monte Nebo, l’altura dalla quale Mosè ebbe la visione della Terra Promessa. Dalla terrazza si possono vedere, meteo permettendo, Gerusalemme e gran parte della valle del Giordano. Ancora più a sud, Petra e Little Petra, con gli edifici scavati nella roccia dai Nabatei. Infine il Wadi Rum e la tappa sul Mar Morto, a 400 metri sotto il livello del mare.
Una visita in Giordania davvero completa, lo dico per esperienza personale, meriterebbe ancor più tempo, magari per vedere il castello di Aqaba «dal quale i cannoni già puntano verso il mare» come scrisse Lawrence d’Arabia. Ma già il programma del viaggio è ricchissimo e quasi esaustivo. E forse ricco di sorprese.