Corriere 26.10.18
E la scienza divenne sperimentale
Un rivoluzionario atto di umiltà
Conoscenza La ricostruzione di Edoardo Boncinelli nel saggio «La farfalla e la crisalide» (Raffaello Cortina)
di Stefano Gattei
Che
cos’è la scienza? E che cosa la distingue dalle altre discipline? La
domanda ha impegnato i filosofi per secoli. Se la pone ora, nel libro La
farfalla e la crisalide (Raffaello Cortina), un grande scienziato,
Edoardo Boncinelli, autore di importanti scoperte in campo genetico.
Il
saggio ripercorre per importanti snodi concettuali la storia della
scienza, dalla sua nascita nella Grecia di 2.500 anni fa, quando
l’indagine della realtà era ancora difficilmente distinguibile dalla
riflessione filosofica, al presente, nel quale scienza e filosofia
appaiono del tutto separate, incommensurabili per capacità di analisi e
significatività dei risultati. La farfalla — questa la metafora scelta
dall’autore — è la scienza così come la conosciamo oggi: nasce dalla
crisalide della filosofia, un intreccio di modi di pensare spesso in
competizione fra loro, ma capaci di influenzare profondamente la nostra
vita. Poco più di quattro secoli fa, la scienza si svincola dal ruolo
ancillare nei confronti della filosofia, sviluppandosi autonomamente e
ramificandosi gradualmente in una serie di discipline che, dalla fisica
alla biologia all’intelligenza artificiale, hanno sostituito la
filosofia come strumento di conoscenza del mondo. Con Galileo, tra
scienza e filosofia si apre un baratro che oggi forse non vale neppure
la pena di provare a colmare.
All’inizio, con i Presocratici, la
filosofia avanza ipotesi sul mondo. Nasce libera, svincolata da ogni
verità rivelata. La messa a morte di Socrate, «corruttore» dei giovani
ateniesi con la critica implacabile della religiosità che la società si
attende da loro, inaugura paradossalmente la grande stagione del
pensiero greco. Consapevole dell’importanza della tecnica, la
riflessione classica accompagna l’osservazione del mondo (culminata nei
trattati naturalistici di Aristotele) all’indagine ipotetico-deduttiva,
che si sviluppa senza bisogno di conferme sperimentali. Gli enormi
successi della geometria euclidea e dell’astronomia matematica
convincono però i filosofi che la verità sia raggiungibile per via
puramente speculativa. Così, pur rimanendo sostanzialmente
indistinguibili, scienza e filosofia iniziano a perdere contatto. Un
ruolo non secondario nella separazione è svolto da Platone, sostenitore
di una teoria della conoscenza «innatista» dall’indiscutibile sapore
biologico, che Boncinelli apprezza, ma che inchioda l’uomo alla sterile
fissità di un mondo delle idee sempre uguale a sé stesso. Se però
Platone non poteva conoscere l’evoluzione, non così i molti filosofi che
oggi a lui direttamente si rifanno, e che ignorano l’impatto
rivoluzionario del cambiamento che si impone di continuo in biologia.
Una
discussione serrata e tranchant, che non risparmia neppure Cartesio,
porta il lettore al Seicento, quando dalla crisalide della filosofia
occidentale si libera finalmente la farfalla della scienza sperimentale.
Se, fino ad allora, scienziati e filosofi si erano limitati a porsi
domande e a tentare di dare risposte attraverso l’osservazione, con la
possibilità e l’opportunità di condurre esperimenti, lo scienziato
«costringe» la natura a rispondere a domande specifiche. Mentre
l’osservazione si limita a registrare ciò che accade, lo sperimentatore
svolge un ruolo attivo, preparando le condizioni per portare la natura
stessa su un terreno a noi favorevole. L’adozione del metodo
sperimentale, spesso accompagnato da un’analisi quantitativa, è per
Boncinelli un rivoluzionario atto di umiltà: segna il riconoscimento che
per certi problemi l’approccio speculativo non è sufficiente —
riconoscimento, questo, che l’autore non manca di contestare come
estraneo a molti filosofi di ieri e di oggi.
Con l’Accademia del
Cimento e il suo motto, «provando e riprovando», inizia la stagione
della grande scienza, che giunge fino a noi. Ma non si chiude la
stagione della filosofia, che pure arriva fino a noi, ignorando però (o
fingendo di ignorare) l’abisso che la separa dalla scienza. Né, forse,
può essere altrimenti: la crisalide è fondamentale per la nascita della
farfalla, ma appena questa nasce le due strutture biologiche si devono
separare una volta per tutte, perché la presenza della crisalide si
rivelerebbe ora tossica per l’insetto alato. Fuor di metafora, la
filosofia è stata fondamentale per la nascita del pensiero scientifico,
ma col passare del tempo ha avuto un’influenza sempre più negativa, come
una sorta di a priori indiscusso che ha finito per ostacolare il
progresso scientifico.
L’analisi di Boncinelli è spietata. E senza
dubbio corretta, anche se a volte scivola in qualche semplificazione
eccessiva. Ma questo nulla toglie alla tesi generale di La farfalla e la
crisalide, che interroga e sfida gli studiosi: un libro utile agli
scienziati, che dalla riflessione dell’autore possono trarre spunti per
meditare sul significato e sulla portata della propria disciplina, e
necessario ai filosofi, per considerare i limiti della propria attività e
i modi per ripensarla.