Corriere 25.10.18
Elezioni decisive
Torna Joschka. E trascina l’onda verde
dall’inviato a Francoforte Paolo Valentino
A 13 anni dall’addio alla politica, Fischer riappare
sul palco nella sua Francoforte. E dà una mano alla nuova generazione, sempre più lanciata
di Paolo Valentino
Al
tramonto, prima di entrare alla Evangelische Akademie, ha passeggiato
per il centro, interamente ricostruito dopo la distruzione della guerra.
«Ricordatevi che prima della città vecchia, a essere bruciata fu la
Grande Sinagoga. Il nazionalismo è stato una tragedia per la Germania e
l’Europa».
Per una sera Joschka Fischer è tornato a casa, nella
sua Francoforte. È un’occasione speciale. Tredici anni dopo l’addio alla
politica, è venuto a far campagna per i suoi Verdi dove tutto era
cominciato, nell’Assia che vota domenica prossima e dove nel 1984 giurò
da ministro regionale dell’Ambiente, il primo nella storia dei Grünen.
Le scarpe da tennis indossate quel giorno sono oggi in un museo a
Offenbach, non lontano da qui.
Fischer non lo aveva mai fatto. Ma
questa volta è diverso: i Grünen sono alle soglie del grande balzo.
Hanno vinto in Baviera, sono vincitori annunciati in Assia con il 22%
delle intenzioni di voto, superano in tutti i sondaggi nazionali la Spd e
l’estrema destra di AfD. Soprattutto sono il nuovo centro di gravità
della politica tedesca, campioni dei valori liberali e dell’europeismo
contro l’ondata populista, riferimento imprescindibile di ogni futura
coalizione di governo. Perfino un analista prudente come Manfred
Güllner, direttore del Forsa, predice che non è più lontano il giorno in
cui la Germania avrà un cancelliere verde.
Come una vecchia
rockstar che ritrova la ribalta per un concerto unico, in duetto con una
giovane promessa musicale, Fischer è tornato nella sua città a
dialogare sull’Europa con Annalena Baerbock, la metà dei suoi 70 anni,
co-leader nazionale dei Grünen, affascinata ma per nulla intimidita
dalla discussione con quello che Heinrich Böll definì «il migliore
oratore della Repubblica». La sala è zeppa, saranno 400 persone. Lo
slogan Joschka kommt, viene Joschka, funziona ancora. È un simbolico
passaggio della torcia a una nuova generazione di dirigenti ecologisti,
pragmatica, non ideologica e non segnata dalle cicatrici delle battaglie
anti-atomiche e pacifiste, oltre che dai contrasti che furono la cifra
dei fondatori.
«Nulla è più scontato — attacca l’ex ministro degli
Esteri —. I valori fondamentali, la costruzione europea, la pace, la
democrazia, lo Stato di diritto e quello sociale, la società aperta sono
cose per le quali dobbiamo combattere e andare all’offensiva. I tempi
comodi sono finiti. La buona notizia è che con questi temi possiamo
anche vincere le elezioni». Gli Stati nazionali non sono la risposta
alle sfide che abbiamo davanti, come i cambiamenti climatici, il
terrorismo, le diseguaglianze: «Solo insieme possiamo affrontarle».
Baerbock
declina in termini concreti: «In Europa dobbiamo essere solidali, nelle
finanze come nelle politiche migratorie. La Germania, la più grande
economia, ha una responsabilità speciale. Non dobbiamo aver paura di
dire che l’Europa deve anche essere un’unione che trasferisce risorse».
«Tutti i cancellieri tedeschi, da Schmidt, a Kohl a Schröder, hanno
sempre messo sul tavolo più soldi per risolvere le impasse, com’era
giusto anche nel nostro interesse», chiosa Fischer. Lei prosegue:
«Dobbiamo agire a livello locale, dare protezione e sicurezza alle
persone, con più politiche sociali ma anche con più agenti per le
strade». Attenzione però, chi chiede solidarietà deve darla «e se il
governo ungherese si rifiuta di accogliere anche un solo immigrato, il
suo posto è davanti alla Corte di Giustizia».
Fischer dice che
Helmut Kohl avrebbe agito diversamente nella crisi, trovando risposte
europee, ma riconosce ad Angela Merkel il merito di aver tenuto insieme
l’Eurozona, «nonostante le Cassandre dessero la moneta unica per morta».
Ma alla cancelliera rimprovera il silenzio sulle proposte di riforma di
Emmanuel Macron: «Non è solo un errore, ma un’idiozia non impegnare il
governo tedesco in quel progetto».
Non sono d’accordo su tutto. A
una domanda sulla nuova crisi dei missili che potrebbe aprirsi in
Europa, dopo l’annuncio di Trump di voler uscire dal Trattato Inf,
Baerbock è netta: «Dobbiamo dire chiaramente che non ci saranno mai più
missili nucleari installati in Germania». Il vecchio leone è più cauto:
«Bisogna porsi la domanda quando si sta al governo, da dove si guarda
con occhi diversi. La Germania non sarà mai potenza nucleare, ma se i
russi installassero nuovi ordigni puntati sull’Europa e noi dicessimo no
a missili americani, ci resterebbe solo la garanzia francese. Sarebbe
una decisione difficile, buona fortuna!».
Fischer parla anche del
nostro Paese: «Dell’Italia non possiamo fare a meno, ma l’attuale
governo non può agire in modo così irresponsabile. Il debito italiano
non è colpa dell’euro. Roma sta sottovalutando il rischio di rimanere
marginalizzata, pensando che gli altri possano aspettarla. Ci sono Paesi
come Spagna e perfino il Portogallo, che potrebbero prendere il suo
posto, quello che pure le spetta come Paese fondatore». «Perché non
torna a far politica?», chiede un giovane. «Ogni cosa ha il suo tempo.
Il mio è passato. Ci sono nuove forze e grandi competenze fra i Verdi».
Il
concerto è durato oltre due ore. Gli organizzatori offrono regali. Ad
Annalena un libro. A Joschka una reliquia: una maglietta mai indossata,
di quelle che si vendevano ai congressi dei Grünen negli anni Ottanta.
Sopra c’è la frase che lo rese celebre, pronunciata in un dibattito al
Bundestag: «Signor presidente, con tutto il rispetto, lei è uno
stronzo». Per un attimo gli occhi azzurri di Fischer brillano di
malizia, proprio come allora.