Corriere 19.10.18
La scelta del Canada
Lo spinello libero non è ribellione
di Carlo Rovelli
Marijuana legale in Canada. Ma ha ancora il gusto della trasgressione?
E
vviva! La marijuana è diventata legale in Canada! Certamente adesso i
giovani canadesi moriranno tutti di overdose di spinelli, diventeranno
tutti intontiti e scemi, gli si brucerà il cervello, si butteranno tutti
dalla finestra pensando di saper volare, e diventeranno tutti banditi e
tutti eroinomani, come si aspettano i bigotti nostrani. O magari no.
Forse chissà uno spinello non porta necessariamente alla rovina. Magari
tenendo conto che due degli ultimi presidenti degli Stati Uniti, la
maggioranza dei miei colleghi nei dipartimenti di fisica, la pressoché
totalità dei miei amici di gioventù e una lunghissima lista di
popolazioni tradizionali del mondo hanno fumato e fumano marijuana senza
esagerati danni. Scherzi a parte, è fuori da ogni dubbio che la
marijuana è molto meno dannosa dell’alcol e del tabacco, e vedere una
grande nazione eminentemente ragionevole come il Canada seguire le
scelte dettate dalla ragione di paesi come l’Uruguay, la California e
l’Olanda, disarmare la criminalità dei trafficanti e rendere la
marijuana legale, apre il cuore. Non c’è solo bigottismo sciocco a
questo mondo.
La domanda interessante secondo me è piuttosto:
perché sostanze come la marijuana sono vietate, quando sostanze
indubbiamente molto più pericolose sono vendute in ogni bar d’angolo? Me
lo sono chiesto spesso, senza davvero arrivare a rispondermi. Certo è
in parte una questione culturale, ogni cultura è affezionata alle
proprie droghe tradizionali, ed è infastidita dalle altre. Ma forse è
qualcosa di più. L’uso della marijuana si è diffuso nelle società
occidentali alla fine degli anni sessanta, ed è stato rapidamente
adottato in quella vasta parte della gioventù di allora che coltivava
sogni di rivolta radicale contro il mondo adulto. Era la gioventù che
parlava di libertà, sognava un mondo più giusto, credeva
nell’eguaglianza fra uomini e donne, istintivamente riconosceva a
ciascuno il diritto di amare chi voleva. Era il primo riconoscimento
collettivo che la natura del pianeta è a rischio e ha bisogno delle
nostre cure, che l’umanità intera è un’unica famiglia che prospera o
perisce insieme. Era la rivolta contro il moralismo peloso, i poteri
incrostati, il grigiore del conformismo, l’avidità, l’ipocrisia dei
principi che servono a difendere privilegi, i localismi, la grettezza di
un mondo chiuso in se stesso e incapace di aprirsi alla diversità e
alla bellezza. Fumare insieme marijuana è stato per una generazione un
piccolo rito collettivo per dirsi l’un l’altro: crediamo nella
possibilità di un mondo migliore di questo.
È passato tanto tempo
da allora, e certo la marijuana ha perso la sua carica simbolica di
dichiarazione di rifiuto dello stato delle cose presenti. Ma l’ha perso
per tutti, forse, eccetto che nell’immaginazione dei perbenisti, per i
quali ancora è uno spettro temibile che evoca disordine, ribellione,
sporcizia, che mette loro paura. Per quale altro motivo mai dovrebbero
vietarla? Allora forse una piccola parte di me, dopo avere gioito per la
notizia dal Canada, ha un attimo di malinconia. Si normalizza tutto.
Come Herbert Marcuse insegnava allora, le società moderne affossano il
dissenso rendendolo normale e legittimo. E forse un pochino spero allora
che i parrucconi italiani vietino ancora per un po’ gli spinelli, così
almeno i ragazzi possono provare il gusto del proibito senza rischiare
di farsi male.
Non fumo spinelli da parecchio. Ogni tanto qualche
mio studente me ne allunga uno con un sorriso a qualche party, io il più
delle volte rifiuto gentilmente, o faccio solo il gesto di tirare una
piccola boccata, giusto per cortesia e simpatia. La realtà è che non ho
mai amato molto questa droga, come non ho mai amato molto l’alcol o il
tabacco. Da ragazzo ho passato un inverno stonato come una campana; era
anche molto bello qualche volta, ricordo soprattutto come diventava
intensa e viva la musica; è stata una stagione utile per levarmi di
dosso una eccessiva rigidezza e tensione adolescenziale. Ma poi a me
piacciono di più altri stati di coscienza: camminare fra i monti,
immergermi in un libro, o fare conti di fisica, per esempio. E riesco a
stare con gli altri meglio senza spinelli che con gli spinelli: mi
sembra di comunicare molto meglio. Da qualche tempo ho perfino scoperto
che dopo un paio di settimane di disintossicazione abbastanza spiacevoli
si vive benissimo, anzi si è addirittura più lucidi, abolendo del tutto
il caffè, e quindi oramai credo di essere fra le persone meno drogate
del paese. Niente spinelli, niente alcol, niente tabacco e niente caffè:
sono pulito come un bimbo. Ma ricordo con affetto gli spinelli della
mia gioventù (ero molto orgoglioso di come sapevo rollare) e quindi,
tutto sommato, festeggio con allegria la notizia dal Canada. Bravi
canadesi! Quasi quasi mi accendo una canna nostalgica per festeggiare!