Corriere 16.10.18
La sconfitta della Spd, l’amaro risultato di molti gravi errori
di Donatella Di Cesare
Non
è esagerato affermare che queste ultime elezioni regionali siano le più
importanti per la Germania del dopoguerra . Confermano la fine di un
capitolo, dominato da Angela Merkel, e annunciano una nuova
costellazione politica ancora indefinita. Quel che colpisce è anzitutto
il congedo dalla stabilità, così cara ai tedeschi, che per decenni è
stata rappresentata in Baviera dalla Csu. I loro voti sono andati in
parte all’estrema desta e in parte ai verdi. Ma ancor più eclatante è
l’ennesima amara sconfitta della Spd, un partito che, prima e dopo
l’unificazione, sembrava allo stesso tempo salvaguardare l’equilibrio
della democrazia, resuscitata da un lugubre passato, e garantire un
sistema sociale attento ai diritti dei più deboli. La crisi della
Germania è oggi la crisi della socialdemocrazia. E non è difficile
prevedere gli effetti per tutto il contesto europeo. Gravi sono gli
errori dell’Spd che non ha mai saputo confrontarsi davvero con il
lascito dell’ex Ddr e che ha inseguito continuamente le politiche
neoliberiste. Questa inarrestabile corsa a destra ha avuto esiti
paradossal i. È stato dimenticato, anzi rimosso, un patrimonio politico e
culturale, mentre ha avuto la meglio un conformismo ben poco audace.
Nessun rinnovamento, nessuna capacità di leggere i nuovi fenomeni. Nei
mesi estivi del 2015, quando Merkel apriva le porte ai profughi
(decisione contestatissima), quasi per distinguersi l’Spd ripiegava su
un sovranismo sempre più marcato, invocando criteri per governare i
flussi. Il che vale anche per una parte della Linke.
La scelta dei
Verdi è stata diametralmente opposta e il coraggio della loro
contro-narrazione è stato premiato dagli elettori . Dopo il successo
ottenuto in Baviera, è possibile che, divenuti l’argine all’estrema
destra, assumano un ruolo guida nel Paese. In che modo, però, sapranno
farsi carico non solo dei diritti umani, ma anche dei diritti sociali?
Non è certo che la socialdemocrazia, nel modo in cui l’ha conosciuta la
Germania, talvolta quasi inconsapevolmente, sopravviva al tramonto di un
partito che ha fatto un’epoca.