Corriere 15.10.18
Il chiarimento del Viminale
I migranti via da Riace soltanto se lo vorranno
Nessun
trasferimento coatto ma lo stop ai finanziamenti potrebbe spingere
molti a «scegliere» di andarsene «Dissi a Lucano: stai attento Era in
una specie di delirio»
Morcone, capo di gabinetto con Minniti: il progetto va salvato
di Fiorenza Sarzanini
Roma
Gli stranieri che vivono a Riace non potranno essere portati via, ma il
blocco dei finanziamenti deciso dal Viminale li lascerà senza alcun
sostegno. E alla fine, proprio per sopravvivere, molti di loro
potrebbero essere costretti ad accettare accoglienza in un altro posto.
È
finito in una tagliola il progetto messo in piedi dal sindaco Domenico
Lucano. Perché le irregolarità contestate nella gestione del «sistema
Sprar» hanno portato alla revoca della concessione, dunque non saranno
più erogato né i contributi per far funzionare i centri, né i soldi —
due euro a testa — da destinare alla paga giornaliera dei richiedenti
asilo. E dunque le uniche speranze sono affidate a un’eventuale
sospensione dei giudici del Tar - cui il Comune ha già annunciato di
volersi rivolgere — oppure a stanziamenti messi a disposizione dallo
stesso Comune oppure dalla Regione Calabria.
La procedura che sarà
seguita viene spiegata in una nota che il Viminale dirama in serata,
evidentemente nel tentativo di frenare le proteste. E così si chiarisce
che «i trasferimenti dei migranti potranno avvenire soltanto su base
volontaria», così come sempre avviene «quando un progetto Sprar deve
chiudere, perché finisce oppure perché viene revocato dal Viminale».
L’alternativa per gli stranieri è fin troppo evidente: «Restare dove
sono (e non beneficiare più del sistema di accoglienza), oppure possono
andare in altri progetti Sprar nelle vicinanze, naturalmente sulla base
delle disponibilità».
A questo punto «dovranno essere gli
operatori del progetto a formalizzare la proposta di nuova destinazione»
mentre «il Comune di Riace ha 60 giorni di tempo per fornire la
documentazione finanziaria sui migranti che beneficiavano
dell’accoglienza, sia che queste persone decidano di essere trasferite
sia che restino nel comune calabrese».
In tutto si tratta di un
centinaio di persone che hanno chiesto lo status di rifugiati e sono in
attesa di sapere il proprio destino. Da questa mattina partirà l’iter
per conoscere la decisione di ognuno e per reperire eventuali posti in
altre strutture che, assicurano al ministero dell’Interno, saranno
scelte tra le più vicine a Riace.
Roma «Abbiamo sempre creduto nel
progetto Riace e per questo sono convinto che non debba scomparire. Se
ci sono responsabilità dei singoli è giusto che vengano accertate e
perseguite, ma quel modello funziona e distruggerlo sarebbe un errore
grave». Il prefetto Mario Morcone, presidente del Consiglio italiano per
i rifugiati, è stato il direttore del Dipartimento che si occupava dei
richiedenti asilo e poi capo di gabinetto del ministro Marco Minniti. E
in questa veste ha “trattato” con il sindaco Domenico Lucano la messa in
regola rispetto alle “criticità” che erano stato trovate nella gestione
degli stranieri richiedenti asilo.
È vero, come dice il ministro Matteo Salvini, che siete stati voi a denunciarlo?
«È
vero che un paio di anni fa l’Anci, l’associazione dei Comuni che da
cui dipendono i progetti Sprar, aveva rilevato che molte cose non
andavano nella gestione da parte di Lucano».
Che cosa veniva contestato?
«Lucano
faceva entrare nel sistema di accoglienza chi sceglieva lui, non
ascoltava le indicazioni, commetteva errori nelle rendicontazioni».
Per questo siete stati coinvolti?
«I
fondi li mette a disposizione il ministero dell’Interno, se le cose non
funzionano la segnalazione è obbligatoria. Abbiamo ricevuto l’esito dei
controlli ed è stata attivata la prefettura di Reggio Calabria che ha
avviato una nuova ispezione. Per noi era un’attività di routine sui
rilievi amministrativi».
Però poi è stata presentata una denuncia alla magistratura.
«L’esito
delle verifiche compiute della prefettura adombrava anche un rilievo
penale e per questo si è deciso di mandare la relazione finale alla
Procura».
Lei in quel periodo ha incontrato Domenico Lucano?
«Certamente, ci siamo visti almeno dieci volte. Forse anche di più».
Per dire e fare che cosa?
«Lo
avevo sollecitato a mettersi in regola, gli avevo spiegato che cosa non
andava. Lui era ostinato, convinto che l’Anci ce l’avesse con lui.
Diceva che c’erano motivi politici dietro la scelta di compiere le
ispezioni, ma non era così».
Il suo intervento non è servito.
«Mimmo
era in una sorta di delirio dovuto alla sovraesposizione e giocava una
partita seguendo le sue regole. Posso però testimoniare che lo faceva a
fin di bene. Nessuno ha mai pensato che potesse appropiarsi di quelle
somme o avesse un tornaconto personale. Per questo l’ho sempre
agevolato».
Come?
«Lo aiutavamo ad ottenere lo sblocco delle
somme di cui aveva diritto perché sapevamo che servivano a garantire
l’accoglienza agli stranieri che erano richiedenti asilo. Naturalmente
lo esortavamo a rispettare le regole. Quante volte gli ho detto “Mimmo
devi stare attento altrimenti finisci nei guai”. Lui mi spiegava che era
in ritardo con i pagamenti e voleva pensare a quelle persone».
Il ministro Minniti era informato?
«Certamente, così come il presidente della Regione Calabria.
E che indicazioni vi aveva dato?
«Pretendeva
il rispetto delle regole e per questo ci sollecitava a richiamare il
sindaco, ma si è sempre raccomandato di non forzare la situazione quindi
fare di tutto per non interrompere i pagamenti o minacciare di
sgomberare il centro inserito nello Sprar».
Esattamente quanto invece è accaduto adesso.
«Ho
parlato con Daniela Parisi, che ha firmato la relazione per la revoca e
le ho spiegato che questa decisione non ha senso. Lei mi ha risposto
che il Comune di Riace non è in grado di dare accoglienza perché è
vicino al dissesto».
È così?
«Mi auguro davvero che si trovi una soluzione. Buttare via il progetto sarebbe uno scempio».