giovedì 11 ottobre 2018

Coriere 11.10.18
Lo stile non era «popolare»
di Ernesto Galli della Loggia


Caro Emanuele, ti ringrazio di cuore per aver ricordato la nostra amicizia e per le tue osservazioni, che mi consentono, rispondendo, di cercare di fugare alcune perplessità che il mio articolo ha suscitato anche in altri lettori.
Quando dico «partito popolare» dobbiamo intenderci. È ovvio, come tu sottolinei, che all’origine di tutti i partiti socialisti europei (farei qualche riserva per il Labour Party) ci sono state figure di intellettuali e in essi hanno militato degli intellettuali veri e propri che talvolta ne sono stati anche ai vertici. Ma ciò che conta è il «tono», l’«humus» che ha caratterizzato la vita dei quadri e della dirigenza di tali partiti. Ciò che conta è, per così dire, il tratto dominante che caratterizza l’ambiente della leadership, il suo «stile» di vita, l’abbigliamento, gli svaghi, i matrimoni, il modo di vestirsi e di parlare, le sue frequentazioni abituali. Questo alla fine conta molto, molto di più che non la specifica origine sociale di questo o quel dirigente.
Se dunque è vero come tu dici portando l’esempio di te stesso che al vertice del Pci troviamo storicamente non pochi individui di origine popolare (ma fino a quando? mi pare anche dai nomi che fai, che dalla metà degli anni 60 del Novecento siano davvero pochissimi), mi sembra ancora più vero che almeno dal 1944 in avanti, magister supremo Togliatti, il tratto dominante, lo stile di vita e l’autorappresentazione del gruppo dirigente comunista non fu davvero un tratto lontanamente definibile come «popolare» e certamente neppure piccolo-borghese – come invece fu certamente quello che molto a lungo aveva distinto i vertici dell’Spd e del Partito laburista – bensì un tratto di tipo schiettamente borghese-intellettuale. Un modello a cui era sottinteso che dovessero adeguarsi, o al quale comunque erano spontaneamente portati ad adeguarsi, tutti coloro che pur di diversa origine sociale volevano arrivare in alto attraverso la cooptazione. Il che non vuol dire, naturalmente, che chiunque potesse tranquillamente avere quanti amici operai volesse: ci mancherebbe altro!
Quanto alla questione della scelta del nome dopo l’89, condivido la tua ricostruzione, caro Emanuele. Ma sta di fatto che la maggioranza di quello che era stato il Pci scelse il nome che sappiamo: dove la parola socialismo non c’era.