domenica 9 settembre 2018

Repubblica 9.9.18
Intervista a Fukuyama
"Barack ha capito che alle prossime elezioni la democrazia rischierà È l’ora di fermare Trump"
di Antonello Guerrera


«Le elezioni di medio termine di novembre sono tra le più importanti della storia degli Stati Uniti. Per questo Obama è sceso in campo. Se vince Trump sarà un disastro».
Per il partito democratico, intende?
«Non solo, dico per gli Stati Uniti e la democrazia americana. Per tutti».
Perché, professor Fukuyama?
«Qualora il partito repubblicano di Trump dovesse conservare la maggioranza sia alla Camera dei Rappresentanti che al Senato, con la maggioranza di giudici che già ha alla Corte Suprema, il Presidente si sentirebbe legittimato dal voto popolare e potrebbe scatenare tutta la sua potenza di fuoco: potrebbe licenziare il ministro della Giustizia Jeff Sessions, e poi il procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller, e poi insabbiare la stessa inchiesta sui rapporti pericolosi con Mosca.
Barack Obama lo ha capito e per questo si è esposto in maniera così esplicita».
Francis Fukuyama, il celebre storico e politologo americano, professore a Stanford, allievo del teorico dello "Scontro di civilità" Samuel Huntington ed ex intellettuale neocon vicino a Bush junior poi passato a posizioni più moderate, parla dalla sua casa di campagna in California. Guarda caso, lo stato americano dove Obama ieri sera ha praticamente iniziato la sua personale campagna elettorale per azzoppare Donald Trump alle elezioni di "mid-term". Obiettivo: fargli perdere più seggi possibili al Congresso e renderlo appunto "un’anatra zoppa" negli ultimi due anni del suo mandato. La prima contea toccata ieri dal primo presidente afroamericano è stata l’Orange County.
Un distretto elettorale storicamente repubblicano, ma nel 2016 "conquistato" da Hillary Clinton. Perché Obama parte da qui, Fukuyama?
«Perché sa che è importante ogni singolo voto, anche quello più scontato. L’elettorato afroamericano, per esempio, non ha sostenuto in massa Hillary Clinton alle ultime presidenziali, anche se tutti pensavano il contrario».
Obama scende in campo per riconquistare la comunità nera?
«Certo. Ma non solo. Obama vuole sensibilizzare l’elettorato, soprattutto i più giovani, sull’importanza massima di questo voto. Inoltre, vuole riavvicinare il centro, la classe media e i moderati americani al Partito democratico.
Lui in questo è sempre stato molto efficace e anche stavolta sarà sicuramente utile, soprattutto perché in questo momento il Partito democratico americano si sta spostando molto a sinistra, trainato dai suoi interpreti più giovani, come la promettente ma radicale Alexandria Ocasio-Cortez a New York».
È un grande ritorno quello di Obama o una bruciante sconfitta per un partito democratico americano da tempo in crisi di idee e protagonisti convincenti?
«Entrambi, ma è difficile dirlo adesso, mancano oltre due anni alle prossime elezioni presidenziali e i democratici nel frattempo potrebbero anche trovare un ottimo candidato.
Certo, la scelta di Hillary Clinton nel 2016 ha rafforzato le correnti radicali all’interno del partito e queste dureranno a lungo. Non si può dire che cosa succederà nel Partito democratico nei prossimi anni. Ma certo, Obama vuole dare una linea chiara , e una bella sveglia, al partito».
Obama ha criticato espressamente, citandolo per nome, il suo successore Trump. Ora sta facendo addirittura campagna contro di lui. È una cosa rarissima, se non unica negli Stati Uniti, dove l’imparzialità degli ex presidenti è quasi sacra. È preoccupato di questa deriva?
«No e non mi sorprende».
Perché?
«Perché è stato Trump a rompere per primo ogni convenzione e regola istituzionale degli Stati Uniti. Ha affossato la dignità del dibattito politico in America. Ha criticato in maniera malvagia e violenta i suoi avversari, ma anche i privati cittadini. Contro i suoi oppositori si è servito di metodi simil-mafiosi e ha usato ogni tattica non convenzionale, come le teorie complottiste, per attaccare Obama, alludendo alla sua fantomatica nascita in Africa. Sta smantellando tutta l’eredità politica di Obama, con ogni mezzo. E ora davvero vogliamo scandalizzarci di Obama che lo critica apertamente?».