il manifesto 9.9.18
Il convegno inaugurale di Patria e Costituzione in Campidoglio
Fassina celebra «Patria e Costituzione» e Badoglio
Annunciato ma non ricevuto il videomessaggio della presidente dei rossobruni tedeschi, Sarah Wagenknecht
di Rachele Gonnelli
È
nata ufficialmente ieri nella sala della Protomoteca in Campidoglio,
che contiene al massimo un centinaio di persone, l’associazione
intitolata «Patria e Costituzione» di Stefano Fassina. La data dell’8
settembre, ha più volte precisato lui, non è stata casuale: si voleva
proprio celebrare l’8 settembre di 75 anni fa, con la firma
dell’armistizio del disonore e il varo del governo Badoglio che lasciava
in piedi la monarchia sabauda complice del fascismo, quella data per
Fassina va intesa invece come atto di «rinascita della patria». Del
resto in tutta la giornata, negli interventi che si sono succeduti, più
volte è stato citato, più o meno fuori contesto, Palmiro Togliatti che
con la svolta di Salerno di lì a sei mesi piegando il Cln
all’accettazione di Badoglio iniziò la sua real politik tricolore.
A
battezzare il nuovo soggetto, esplicitamente «sovranista», i due
dioscuri ex pd Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre. Le loro due
relazioni iniziali non hanno chiarito con quale collocazione intendono
porsi in rapporto agli altri soggetti della sinistra di cui pure fanno
parte (LeU e Sinistra italiana di cui Fassina è oltre che deputato anche
unico rappresentante in Campidoglio) né tanto meno quale sia l’intento
finale del nuovo nato, a parte sdoganare alcuni termini e idee
abitualmente appannaggio della destra e accentuare la propria
connotazione euroscettica come «cesura» con il passato recente, incluso
non aver avversato il pareggio di bilancio in Costituzione con
l’articolo 81 nel 2012.
«Non intendiamo dare vita all’ennesimo
micro partito», ha detto l’ex vice ministro dell’Economia del governo
Letta, preoccupato soprattutto del fatto che «solo le destre sovraniste e
populiste abbiano colto la rottura del nesso tra nazionale e
internazionale» e capito il bisogno di protezione, comunità, identità
che secondo lui si genera attraverso l’evocazione di un nuovo
«patriottismo costituzionale».
D’Attorre, dei due il più
cattivista, ha incentrato la sua relazione attaccando «un’opposizione
antitaliana con la quale non vogliamo avere niente a che fare» che
«cerca di rifarsi una verginità a piazza San Babila o sul molo di
Catania senza fare autocritica», leggi il Pd. Ha poi bollato «i no
border» di ingenuità definendoli «una foglia di fico dei liberisti
progressisti» e sostenuto che per battere xenofobia e razzismo non si
può negare che l’immigrazione, vissuta come problema dai ceti popolari
abbandonati dalla sinistra, non sia solo una percezione dovuta a
ignoranza. La tesi è che gli immigrati contribuiscano a svalutare i
salari italiani.
D’Attorre, da filosofo non si preoccupa di citare
studi autorevoli a suffragio e non lo fa neanche il bocconiano Fassina,
per il semplice fatto che non ne esistono: gli immigrati, così come
altre fasce di popolazione più deboli (le donne, i giovani..), deprimono
la contrattazione salariale nella misura in cui sono semplicemente più
ricattabili e lo sono attraverso il calvario della legge Bossi-Fini. Per
altro, come ha detto anche Massimo D’Antoni e come ha insistito a
spiegare Vladimiro Giacché, con i cambi fissi l’unica svalutazione che
resta è quella salariale: dunque il problema sono i trattati europei e
l’euro, tutte cose che ai badogliani non piacciono affatto anche se
confermano che «non sono riformabili».
È toccato all’unico pd
salito sul palco, Lionello Cosentino, segnalare come non sia stato il
vincolo esterno dell’euro a impedire una politica a maggior tutela del
lavoro o diversa dalle privatizzazioni selvagge. E ad Antonio Floridia
ricordare come non è evocando il sovranismo, per altro non per forza
democratico e popolare, che finiscono interdipendenze economiche e
fenomeni migratori o climate change.
La ciliegina sulla torta – il
video messaggio di Sarah Wagenknecht della costola rossobruna che si è
scissa dalla Linke, Aufstehen – non c’è stata. Da lei solo una letterina
di generici auguri «ai compagni italiani».