giovedì 6 settembre 2018

Repubblica 6.9.18
Il futuro dell’Occidente
L’Aventino di massa
di Wlodek Goldkorn


E se il futuro di quello che chiamiamo l’Occidente fosse un modello di società perennemente divisa in due parti; da un lato, una maggioranza che aderisce alle parole d’ordine e accetta come verità le narrazioni dei populisti e sovranisti, fake news comprese; e dall’altro una minoranza, circa un terzo della popolazione che invece ha scelto una specie di Aventino di massa? E se questo fosse l’avvenire che attende l’Italia?
Spieghiamoci e prendiamo come esempio tre Paesi, pur con tutte le differenze tra di loro: Polonia, Israele e Ungheria. Dei loro rispettivi governi possiamo dire che sono appunto sovranisti; hanno eletto come nemico e avversario le Ong; esaltano l’importanza dell’identità nazionale intesa come appartenenza etnica e via elencando. E le opposizioni? A prima vista, soprattutto nei social media, ma anche nei giornali, coloro che sono contrari ai governi e ai loro linguaggi continuano a mettere i concittadini e l’opinione pubblica internazionale in guardia per la deriva autoritaria in atto. Ma brutalmente: nessuno (nel caso di Israele escludiamo i territori occupati, parliamo solo dei cittadini) viene gettato in galera per le opinioni professate; i media di proprietà privata agiscono in libertà; nelle università di Stato i docenti eterodossi continuano a formare gli allievi. Il fatto è questo: un terzo della popolazione polacca, ungherese, israeliana, quel 33 per cento degli uomini e donne che mal sopportano l’idioma e la prassi dei governi, continua a vivere in una realtà parallela, in una bolla, una specie di "emigrazione interna" di massa.
C’è un mondo altro, rispetto all’universo cui aderisce la maggioranza, dove si svolge una vita altra rispetto al resto del Paese, una vita condotta come se il potere e il suo linguaggio non esistesse. È una vita non molto pericolosa e caratterizzata perfino dal territorio. Immuni al sovranismo sono le grandi città: Varsavia e Danzica; Tel Aviv e Budapest. In quei conglomerati urbani c’è un ceto medio composto da intellettuali, artisti, giovani, che riesce a esercitare ancora una certa egemonia culturale. Ci sono, in ognuna di queste città, zone di ritrovo (a Varsavia Plac Zbawiciela, piazza del San Salvatore; a Tel Aviv l’area di via Shenkin e Boulevard Rothschild; a Budapest la zona Sud-Ovest) dove si va a vedere i propri simili, dal vivo, quasi per creare una massa, una specie di epifania di alterità, opposta al linguaggio dominante: compreso il fatto che ci si muove in bici, mai con l’automobile. In quei luoghi, perfino i cibi consumati sono diversi, più globalizzati, rispetto ai pasti che consuma il resto del Paese. In Polonia, il regime ama parlare con disprezzo di coloro che mangiano polpi e bevono prosecco; e sottolinea che la Polonia appunto non dovrebbe essere un "Paese di ciclisti e vegetariani".
I bevitori del prosecco hanno i propri media di riferimento. In Polonia, Gazeta Wyborcza, ancora ( sebbene in crisi) il principale quotidiano del Paese; e poi Oko press, un sito internet che smaschera le menzogne del potere; un’emittente tv, Tvn; In Israele, Haaretz e poi Channel 10 della tv; e un sito di debunker, thewhistle. co. il. Molti seguono la Bbc. In Ungheria, i quotidiani dell’opposizione hanno chiuso, ma ci sono settimanali letti da chi non ama il potere, e una serie di pubblicazioni online, come Direkt 36 e qualche giornale locale. In tutti questi Paesi, il terzo della popolazione estraneo all’idioma del potere si ritrova agli spettacoli dei teatri all’avanguardia con un repertorio di forte segno politico, segue festival di cinema dove si proiettano film di contestazione, sebbene artistica, dello stato esistente di cose; partecipa ai concerti di rock star trasgressive, anche se ormai attempate; compra libri pubblicati da editori dai determinati gusti culturali.
Certo, periodicamente, sorgono spontanei movimenti di massa e si scende in piazza ( in Polonia sono le donne l’avanguardia). Ma sono momenti di gloria, per il resto quel terzo della popolazione ha abbandonato l’idea di avere una rappresentanza politica in grado di vincere le elezioni e conquistare il potere. Le opposizioni sono divise e in preda a rivalità personali e poco comprensibili. Ma in fondo, nella bolla, la vita è comoda e spesso agiata. Sarà questa l’Italia dei prossimi anni?