Repubblica 6.9.18
Per chi suona la campana della Svezia
di Stefano Folli
Il
centrosinistra rivendica il voltafaccia sui vaccini della maggioranza
giallo-verde come un suo successo. E non ha torto. Il senso è: sono
stati costretti a cambiare posizione e ad ammettere — come dicevamo noi e
la comunità scientifica — che l’obbligo a scuola è indispensabile. In
sostanza una posizione giusta, purché non si pensi di ricavarne qualche
indicazione politica a breve termine. Del resto, il ripensamento sui
vaccini va di pari passo con altri temi su cui la coalizione 5S-Lega
comincia a camminare con i piedi di piombo. Più Salvini che i Cinque
Stelle, a quanto sembra, ma nel complesso entrambi i soci hanno scelto
alcuni temi da stemperare o da rinviare. O addirittura da mettere nel
cassetto. Le accise sulla benzina, la semplificazione burocratica, la
stessa flat tax, eccetera: l’elenco comincia a essere lungo.
Questo
non significa che sulle vaccinazioni i partiti di governo abbiano ceduto
alla pressione assai debole dell’opposizione parlamentare. Hanno ceduto
invece agli scienziati e a un mero calcolo di convenienza: la questione
non è abbastanza popolare, anzi genera sconcerto nelle famiglie e
complica la vita di chi ha figli che vanno a scuola. In termini
elettorali, il danno supera i vantaggi. Tuttavia c’è un punto politico
che merita di essere sottolineato: la marcia indietro è forse possibile
proprio perché Salvini e Di Maio sentono di potersela permettere. Nel
senso che non c’è ancora nessuno, nel centrosinistra e tanto meno nel
vecchio centrodestra berlusconiano, in grado di servirsi di questo tema
per trasformarlo nel punto d’appoggio di una risalita elettorale. A tal
fine ci vorrà molto di più e secondo tempi non prevedibili. Allo stato
delle cose questi sussulti di realismo, da parte delle forze
governative, sono più una manifestazione di forza che di debolezza.
Le novità possono venire da altri fronti.
Interni
— la manovra economica — e soprattutto esterni. Sotto questo aspetto le
elezioni in Svezia di domenica hanno tutte le caratteristiche per
segnare una svolta storica negli equilibri europei, specie se si
considera che in ottobre andrà a votare anche la Baviera. E in entrambi i
casi è l’immigrazione il tema che tiene banco e che deciderà l’esito
del voto. Ora gli ultimi sondaggi a Stoccolma indicherebbero un primo
arretramento dell’estrema destra rispetto ai livelli clamorosi raggiunti
nei giorni scorsi a danno dei socialdemocratici. Ma si parla in ogni
caso di un esito che collocherebbe il partito anti-immigrati al secondo
posto. Un dato destinato a cambiare il volto del paese. Così come
un’eventuale avanzata della destra di Afd in Baviera cambierebbe la
prospettiva del rapporto fra Cdu e Csu e quindi della stessa Unione.
In Italia Salvini aspetta con trepidazione il risultato di Stoccolma, domenica sera.
Anche
lui dal suo punto di vista non ha torto. Più la destra intransigente
guadagna voti, più le ricadute sull’Europa del Nord saranno
significative. Più l’Europa settentrionale subirà l’impatto del voto
svedese e più la pressione si rovescerà sulla Germania, minando la
stabilità del patto istituzionale che regge l’Unione. È una specie di
gioco del domino: per prendervi parte basta detestare l’assetto
franco-tedesco che governa l’Europa.
Quindi, altro che vaccini. La
partita politica italiana si decide lontano da Roma e la campana svedese
suona anche per noi. Un successo nazionalista a Stoccolma fornirà
parecchio carburante ai nostri "sovranisti". Un qualche recupero
socialdemocratico, pur sempre possibile, potrebbe valere da
ricostituente per l’esangue centrosinistra.