giovedì 6 settembre 2018

il manifesto 6.9.18
Lieberman pronto a demolire Khan al Ahmar
Cisgiordania occupata. La Corte suprema israeliana ieri ha respinto il ricorso ‎presentato dai palestinesi e ha dato il via libera alla distruzione del ‎villaggio beduino alle porte di Gerusalemme e della Scuola di ‎Gomme costruita dalla Ong italiana Vento di Terra.‎
di Michele Giorgio


GERUSALEMME Era raggiante di gioia ieri il ministro della difesa Avigdor Lieberman ‎dopo la sentenza, ampiamente prevista, dei giudici della Corte ‎suprema israeliana che ha dato il via libera definitivo alla distruzione ‎del villaggio beduino di Khan al Ahmar e della Scuola di Gomme, ‎costruita dalla ong milanese Vento di terra, e al trasferimento forzato ‎dei suoi abitanti. Per Lieberman i massimi giudici israeliani ‎sarebbero dei «coraggiosi» perché, incuranti delle pressioni locali e ‎internazionali, hanno emesso una sentenza «esemplare» tenendo ‎conto solo di ciò che prevede la legge. «Nessuno può fermarci ‎dall’attuare la nostra sovranità. Nessuno è al di sopra della legge», ha ‎proclamato con soddisfazione il ministro. Ma è la legge ‎dell’occupante quella di cui parla Lieberman, la legge imposta su un ‎territorio che il diritto internazionale considera occupato ‎militamente. La legge del più forte non quella della giustizia, ‎altrimenti le 35 famiglie beduine di Khan al Ahmar non verrebbero ‎cacciate via dalle terre dove vivono da decenni, provenienti da ‎un’altra località che erano stati costretti a lasciare dopo il 1948. Se ‎quella applicata nei territori occupati dai tre giudici della Corte ‎suprema fosse una legge giusta allora non non sarebbero mai stati ‎legalizzati gli avamposti coloniali costruiti in Cisgiordania senza ‎alcun permesso ufficiale dalla destra religiosa israeliana. Ciò che ‎‎”illegale ” per i palestinesi sotto occupazione è perfettamente legale ‎per i coloni israeliani.
 Nulla hanno potuto la mobilitazione palestinese, le proteste ‎dell’Ue e dell’Onu e le modeste pressioni dell’Italia su Israele rimaste ‎sempre dietro le quinte e mai rese pubbliche per non turbare i ‎rapporti eccellenti tra Roma e Tel Aviv. Per questa comunità ‎beduina, riunita ieri per fare il punto della situazione e decidere i ‎prossimi passi assieme ai suoi tanti sostenitori, anche israeliani, la ‎prospettiva immediata è lo sgombero con la forza entro sette giorni e ‎il trasferimento a 12 km di distanza in un nuovo sito nell’area di ‎Azariya-Abu Dis, non lontano da una discarica di rifiuti. Per Khan al ‎Ahmar passerà una nuova strada, di collegamento tra alcune colonie, ‎che darà il via alla realizzazione dei progetti israeliani nell’area nota ‎come E1, un corridoio che da Gerusalemme Est corre verso Gerico e ‎passa per la colonia ebraica di Maale Adumim. Se questo corridoio ‎verrà interamente colonizzato, renderà impossibile la nascita di un ‎Stato palestinese con un territorio omogeneo.
 La conferenza stampa di ieri pomeriggio a Khan al Ahmar si è ‎svolta in un clima di rabbia e tristezza però non di rassegnazione. «Ci ‎schiereremo contro questa decisione e non lasceremo la nostra terra», ‎ha avverito Ibrahim Abu Dahuk, un abitante. Dura la condanna delle ‎Nazioni Unite che hanno parlato di grave violazione dei diritti umani. ‎‎«Queste comunità – ha detto Scott Anderson, direttore operativo ‎dell’agenzia Unrwa – sono per lo più rifugiate, originariamente ‎sfollate dalle loro terre nel Negev. Non dovrebbero essere costrette a ‎vivere una seconda evacuazione contro la loro volontà». Le famiglie ‎di Khan al Ahmar, della tribù dei Jahalin, provengono dal Negev, da ‎cui furono cacciate negli anni Cinquanta, negli anni successivi alla ‎Nakba del 1948, e costrette a spostarsi in Cisgiordania. Netto il ‎giudizio di Saleh Higazi di Amnesty International: «siamo di fronte a ‎un crimine di guerra, la Corte suprema israeliana si è resa complice ‎di un progetto criminoso. Il trasferimento con la forza di una intera ‎comunità è una violazione del diritto internazionale».
 Ieri si è parlato tanto anche della Scuola di Gomme, l’istituto ‎scolastico costruito a Khan al Ahmar dalla ong italiana Vento di ‎Terra su progetto di ArCò, con i finanziamenti di enti locali, ‎istituzioni religiose e dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione‏.‏‎ ‎Costruita con criteri innovativi utilizzando pneumatici, è stata per ‎anni l’asilo e la scuola per bambini e ragazzi di cinque comunità ‎beduine. Il suo destino è segnato, malgrado l’impegno ad ogni livello ‎della ong italiana per sottrarla alla demolizione. «È un giorno triste ‎per la comunità di Khan al Ahmar e per la nostra ong» ci diceva ieri ‎Giulia Schirò, rappresentante in Palestina di Vento di Terra, «è un ‎giorno in cui appaiono evidenti l’ingiustizia e la discriminazione nei ‎confronti del popolo palestinese. Nonostante ciò a Vento di terra non ‎mancano le energie e le motivazioni per proseguire il proprio lavoro ‎e per stare accanto alla comunità di Khan al Ahmar nel percorso ‎difficile che dovrà fare nel prossimo periodo».‎