Repubblica 28.8.18
La sedia vuota del pd
di Carlo Feltrinelli
L’autore è presidente della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
Caro
direttore, vorrei condividere con lei e i suoi lettori una domanda
aperta che rivolgo al Partito democratico. Scrivo mosso davvero dagli
intenti più costruttivi, ma sollecitato da un’amara riflessione che mi è
emersa spontanea a margine della presentazione della stagione di
attività della Fondazione intitolata a mio padre che abbiamo voluto
denominare Stagione Capitale, e che si è aperta ieri alla presenza del
presidente della Camera e del sindaco di Milano, oltre che di centinaia
di cittadini appassionati.
La Stagione di lavoro del nostro
laboratorio permanente sulle evoluzioni della società si concentra sulla
grande e ineludibile sfida di ripensare la democrazia e il modello di
sviluppo che abbiamo seguito nel corso degli ultimi decenni. Pensiamo
sia fondamentale superare le contraddizioni del capitalismo nelle sue
diverse forme contemporanee e profilare nuovi modelli relazionali ed
economici, improntati a criteri di equità, sostenibilità e giustizia
sociale.
Al centro dell’indagine vi è l’evoluzione del capitalismo
delle grandi piattaforme, la tecnofinanza, quella forma di capitalismo
geneticamente modificato, nutrito di liquidità e sviluppato nei
laboratori dei tassi zero, che è in grado di sopportare anni di perdite e
allo stesso tempo di distruggere ogni tipo di concorrenza. E poi
ancora: l’impatto della tecnologia sulla politica, dove l’enfasi del
mondo digitale sulla velocità inibisce la riflessione; gli effetti
sociali di questa fase storica, per parlare di chi è escluso
dall’incedere travolgente dello sviluppo tecnologico; il futuro della
democrazia e dei processi di rappresentanza e la loro capacità di
riformare le regole del capitalismo per rendere sostenibile l’impatto
sociale del cambiamento nel mondo del lavoro.
Tutto questo per noi
significa Rethinking Capitalism. Non una polverosa critica a quello che
è stato, né tantomeno una nostalgica evocazione a come avremmo potuto
vivere meglio e diversamente se avessimo scelto strade diverse. Ma uno
sguardo al futuro, alle priorità e alla decisiva, capitale, stagione che
stiamo vivendo oggi, in Europa. Le nostre attività di ricerca ci dicono
che vi sono alcuni imprescindibili punti fermi da cui partire per
costruire ipotesi di soluzioni. Chiamiamo a raccolta alcuni degli
esponenti più autorevoli del dibattito nazionale e internazionale perché
ci si confronti nel merito delle diseguaglianze, della crisi della
democrazia, delle problematiche legate al lavoro e al senso dello Stato.
Sentiamo
il bisogno di attingere a tutte le nostre risorse e ambizioni in questo
momento perché guardiamo ai mesi che ci separano dalle prossime
elezioni europee con una grande e crescente apprensione. Un’Europa a
marca sovranista, demagogica, improntata sul nazionalismo economico e
sull’odio per gli stranieri ci fa orrore e ci spaventa. La nostra
convinzione è che per scongiurare questa sciagura dobbiamo tutti
studiare, informare, comunicare e dare il nostro piccolo contributo per
un nuovo patto di civiltà.
La Stagione Capitale che ho provato a
descrivere nei suoi argomenti e nella sua urgenza ha una dedica, che ci
sentiamo di fare con tutto lo spirito costruttivo di cui siamo capaci: è
dedicata a quella sinistra che sembra aver reciso il legame con le sue
ragioni fondative e la cui debolezza produce oggi un deficit per il
nostro sistema democratico. Una sinistra che non ha mantenuto molte
delle sue promesse, che non sempre ha operato per la giustizia sociale,
che ha tentennato sui principi e spesso li ha traditi. Con molta umiltà
abbiamo pensato che un programma così radicale e fondato sui temi
cardine della nuova stagione europea potesse essere di interesse del
Partito democratico. Nella nostra iniziativa pubblica ne abbiamo notata
l’assenza.
Ci chiediamo come sia possibile che questi contenuti,
questa rinnovata centralità del bisogno di cultura, questa pratica di
dibattito e di confronto continuo che intendiamo praticare e promuovere
lascino indifferente e assente il Partito democratico. Com’è possibile
che la sua agenda quotidiana ruoti attorno ai tweet degli avversari
invece di aprirsi al mondo e confrontarsi con il disegno di quella
utopia necessaria a scaldare i cuori e ad aprire una nuova fase, che in
una parola possiamo chiamare futuro.
Con i nostri mezzi cerchiamo
di fare la nostra parte. Invitiamo davvero tutti al nostro tavolo,
convinti che senza una dimensione collettiva e condivisa dell’indagine
del presente non sia possibile recuperare il tempo perduto e muoversi
con slancio in avanti. Non vorremmo dover sempre tenere una sedia vuota.