Repubblica 27.9.18
Il decreto immigrazione
Nazione di sangue, per legge
Discriminare, come fa il provvedimento che porta trionfalmente il
nome del suo estensore, fra cittadini italiani per nascita e cittadini
naturalizzati genera una diseguaglianza di tipo etnico come norma del
nostro Stato
di Nadia Urbinati
La
cittadinanza moderna nasce sulle barricate parigine alla fine del
Settecento come sviluppo del droit de cité, un diritto "per" e "degli"
immigrati. Diritto di entrare e risiedere che consentiva di diventare
cittadini a tutti gli effetti, con gli stessi diritti e doveri degli
altri, uguali di fronte alla legge e al potere costituito.
Nel
corso dei decenni, la nazione ha interrotto quell’inizio aperto e ha
fatto della cittadinanza uno status di privilegio, molto spesso per
escludere, non solo respingendo chi veniva da fuori, ma anche trattando
in maniera diversa le minoranze interne (come fecero le leggi razziali
del 1938).
Per molti, troppi, la nazione ha assunto il significato
di "corpo", acquistando una dimensione biologica; con la politica a
svolgere una funzione terapeutica, per prevenire o reprimere, per
respingere o penalizzare.
La penalizzazione identitaria è anche
oggi un’arma usata. Anzi, è tra le armi privilegiate dal populismo
nazionalista. Scrive Manuel Anselmi in un libro dedicato al populismo
penale che con lo « sgretolamento del modello sociale protettivo, che
era stato del welfare europeo della seconda metà del Novecento, il
linguaggio della colpa e della pena, le istituzioni penitenziarie e
quelle del controllo sociale coattivo sono tornate in auge a compensare
il disorientamento della civiltà post-moderna e la fragilità delle sue
istituzioni».
Incarceramento come politica di sicurezza sociale e
sospetto come politica preventiva verso tutti coloro che possono
infettare il corpo: le minoranze per ragioni di scelta sessuale o
religiosa o etnica, e i naturalizzati italiani; e tra i non cittadini,
tutti coloro che risiedono nel Paese o sono intenzionati ad avvicinarsi
alle frontiere. Con il decreto Salvini si fanno labili le distinzioni
tra immigrati, rifugiati, esiliati politici e inoltre, per chi vive in
Italia, tra cittadini di nascita e non. Il provvedimento è una stretta
sul diritto di cittadinanza, di residenza e di ingresso – per
parafrasare Hannah Arendt, una esplicita dichiarazione che non tutti gli
umani hanno l’eguale diritto di avere diritti.
Il provvedimento
Salvini è di una radicalità gravissima perché nel colpire una parte
numericamente minoritaria della popolazione ( i cittadini non per
nascita), rompe la cittadinanza e manomette il fondamento stesso della
nostra Costituzione che, tra l’altro, nel suo primo articolo nomina
l’Italia non gli italiani. In uno stato di diritto, la cittadinanza
giuridica significa prima di tutto una eguale posizione dei cittadini
nei confronti del potere costituito.
Discriminare, come fa questo
decreto, fra cittadini italiani per nascita e cittadini naturalizzati (
che sempre vivranno con il rischio di perdere la cittadinanza) genera
per legge una diseguaglianza di tipo etnico. La nazione di sangue si fa
corpo a sé, tenendo gli altri, anche quando ammessi a godere della sua
cittadinanza, in permanente stato di sorveglianza. Sempre ineguali.
Questa legge repressiva, discriminatoria e punitiva porta trionfalmente
il nome del suo estensore che la pubblicizza sui social come in una
campagna elettorale permanente.