Repubblica 15.9.18
Wittgenstein una Mary Poppins a Cambridge
di Marco Belpoliti
In
un libro del 1991, ora introvabile, Ray Monk ricostruisce la biografia
del filosofo austriaco, i suoi rapporti con Keynes e con Sraffa, con
Turing e con Popper, la sua travolgente personalità di pensatore puro
Dio
è arrivato. L’ho incontrato sul treno delle 5.15». Così scrive John
Maynard Keynes alla moglie Lydia Lopokova il 18 gennaio 1929. Dio è
Ludwig Wittgenstein che torna dopo quindici anni di assenza a Cambridge
dai suoi vecchi amici e sostenitori. Keynes, il maggior economista del
XX secolo, se lo porta a casa e apprende che Dio vuole stabilirsi nella
città universitaria per continuare a scrivere. Si ritira nello studio e
confida a Lydia: «Penso che la fatica sarà terribile. Ma non debbo in
alcun modo consentire che mi parli per più di due o tre ore al giorno».
La stessa cosa scriverà un altro genio di Cambridge, Piero Sraffa, in
una lettera a Dio: non ce la faccio più a discutere con te, smettiamo di
vederci.
Con il ritorno di Wittgenstein nella città universitaria
– c’era stato dal 1911 fino all’arruolamento nella Prima guerra
mondiale nell’esercito austriaco – siamo a pagina 255 di una biografia
del filosofo, uno degli uomini più affascinanti, geniali e sconcertanti
del Novecento, opera di Ray Monk, Wittgenstein. Il dovere del genio,
pubblicata da Bompiani nel 1991, ristampata in edizione economica e poi
scomparsa. Si tratta della più completa biografia del filosofo, perché
l’altra grande biografia, opera di Brian McGuinness, Wittgenstein. Il
giovane Ludwig 1989- 1921, apparsa dal Saggiatore nel 1991, si ferma a
quell’anno, ed è pure lei scomparsa dalle librerie da decenni. Perché
dovremmo leggere il libro di Monk dedicato a questo difficile autore
delle cui opere molti hanno sentito parlare ( Tractatus logico-
philosophicus e Ricerche filosofiche) ma pochissimi davvero letto? Primo
perché è il maggior filosofo del XX secolo. Secondo, perché la sua vita
è un esempio straordinario di cosa sia l’esistenza di un pensatore
nell’età in cui il pensiero filosofico ha affrontato problemi in
apparenza insolubili.
Terzo, perché si capisce cosa è un genio
seguendo passo a passo esperienze umane e d’amicizia che non hanno
alcuna eccezionalità, eppure sono assolutamente straordinarie.
Tutto
in Wittgenstein è fuori dal normale, come avevano capito Frege,
Russell, G. E. Moore, Keynes, i professori di Cambridge e la pletora dei
discepoli e amici di un’intera vita. La parte più affascinante, come
vedrà chi riuscirà a reperire in biblioteca questo volume, o a farselo
prestare da amici, è l’ultima, poco prima della morte.
Certo gli
anni in cui Wittgenstein, rampollo di una delle più ricche famiglie
d’Europa, dopo aver studiato ingegneria aeronautica, si fionda a
Cambridge per parlare con Russell, di cui ha letto i Principia
Mathematica scritti insieme a Alfred North Whitehead, o quelli in cui
partecipa alla guerra e, dopo aver riparato macchine chiede di andare in
prima linea e finisce prigioniero degli italiani a Cassino, oppure gli
anni in cui diventa il geniale professor Wittgenstein, che fa lezione a
pochi allievi a casa di uno di loro, sono raccontati tutti in modo
affabulante da Monk, giovane laureato a Oxford con una tesi sulla
matematica del suo personaggio.
Ma sono proprio gli ultimi due
anni della vita del filosodo a dare il segno di una totale libertà di
pensiero e a farne un "cittadino del mondo", anni in cui Wittgenstein
non ha più dimora, ha perso il gusto per la solitudine e l’indipendenza
che l’avevano portato a costruire una casa in un fiordo norvegese, e in
cui vive ospite dei suoi giovani allievi tra gli Stati Uniti, Cambridge e
Oxford, per poi morire nella residenza del suo medico curante. In quel
periodo, scrive Monk, Wittgenstein ripaga i suoi ospiti con la moneta
più preziosa che possiede: il talento filosofico. Fino a quel punto era
stato imbarazzante, pesante e insopportabile per coloro che erano stati i
suoi interlocutori abituali o occasionali. Li estenuava con discussioni
interminabili su tutto.
Era bizzarro, litigioso, imprevedibile.
S’innamorava degli allievi giovani e cercava amicizie che lo potessero
sostenere nel dialogo filosofico con se stesso. Ci sono pagine sul
rapporto con Moore, a sua volta un grande filosofo, o con Frank Ramsey,
giovanissimo traduttore in inglese del Tractatus, morto molto presto,
che lo mostrano. E poi Drury, talentuoso aspirante filosofo, che lui
convince a diventare medico; si laurea e fa lo psichiatra, uno dei pochi
con cui l’amicizia è durata nel tempo e che lo ha capito, come si
comprende dalle pagine che ha scritto in proposito. Tutto ruota intorno
al rapporto tra etica e pensiero. Il passaggio dal Tractatus – opera
mitica che per capirla serve un seminario e vari libri di commento –
alle ultime opere, tutte scritte in modo frammentario, pensoso e
instabile, in cui i temi principali sono "la certezza", i "giochi
linguistici", "il colore", è raccontato da Monk in maniera
straordinaria, passando dalla vita al pensiero, e viceversa. Misticismo e
teoria logica sono solo in apparenza inconciliabili: in Wittgenstein si
uniscono e si fondono.
Omosessuale, ama una donna, Marguerite, e
le propone di sposarsi. Geloso nelle sue amicizie, lascia la filosofia
per fare il maestro di scuola nelle montagne dell’Austria e fallisce la
missione pedagogica.
Sempre sull’orlo del suicidio, alterna la
filosofia alla lettura di riviste poliziesche. Ama andare al cinema e
odia l’ambiente accademico di Cambridge. Nessun filosofo del XX secolo,
salvo forse Walter Benjamin, è stato come lui. Tuttavia Benjamin era
prima di tutto uno scrittore, Wittgenstein un pensatore puro (e insieme
impuro). Il racconto di come il suo pensiero si sia formato tra viaggi
avanti e indietro per l’Europa, incontri e liti (clamorosa quella con
Alain Turing, terribile quella con Karl Popper) è ipnotico.
Wittgenstein è stato il pensatore più antiaccademico che sia esistito.
Ricchissimo,
rinuncia all’eredità e vive di borse di studio senza avere nessuna
cattedra prima dell’ultima parte della vita. Voleva solo pensare. Non
scrivere libri o articoli su riviste. Pensare, perché la sua ambizione
era di essere perfetto sotto tutti i punti di vista. Segno d’un
egocentrismo che farà poi scuola.
Uno così c’è solo in una fiaba, ed è una donna: Mary Poppins.
Wittgenstein era solo Dio, come lo chiamava con ironia Keynes.