Repubblica 13.9.18
M5S e Lega
L’alleanza rosso-bruna
di Piero Ignazi
Piero
Ignazi è professore di Politica comparata presso l’Università di
Bologna Il suo ultimo libro è "I muscoli del partito" (il Mulino, 2018)
scritto con Paola Bordandini
Che cosa c’è di "unico"
nell’alleanza tra 5Stelle e Lega? È il primo caso di un matrimonio tra
un partito che ha prevalentemente obiettivi sociali e uno che privilegia
quelli nazionalisti- sovranisti e sicuritari. Certo, anche in Grecia,
il partito di sinistra radicale, Syriza, si è appoggiato su una forza
nazionalista, Anel, ma è Syriza a dominare in tutto e per tutto sia per
lo squilibrato rapporto di forze sia per l’inconsistenza politica di
Anel ( che non è nemmeno riuscita a evitare che alla fine il governo
greco cedesse sulla questione macedone, una diatriba vecchia di quasi
trent’anni sul nome della Repubblica balcanica).
Uno studio
elaborato dall’Istituto Cattaneo sui programmi elettorali collocava il
M5s in un quadrante di sinistra sui temi socio-economici ben lontano
dalla posizione neoliberista (pur con alcune sfumature stataliste della
Lega). E comunque quello che motivava la scelta degli elettori per i due
partiti erano temi radicalmente diversi: reddito di cittadinanza e
altre misure "sociali" (più ostilità all’establishment) per i 5Stelle,
immigrazione e sicurezza per la Lega. L’incontro tra i due partiti, come
è noto, è stato frutto, principalmente, di circostanze peculiari, di
una irrefrenabile voluptas governandi dei grillini unita all’incapacità
politica del Pd di gestire il rapporto con loro, NON per fare un governo
assieme ma per disinnescare la bomba di un accordo tra leghisti e
pentastellati.
Ora il governo è nato e il rischio maggiore, al di
là delle prevedibili deficienze gestionali, riguarda la saldatura
politica tra due mondi: quello delle preoccupazioni sociali e quello
delle priorità nazionali. In altri termini, di una unione
"nazional-socialista". Intendiamoci: non stiamo parlando di una
riedizione del passato nazista; non ci sono squadracce di manganellatori
pronti per spedizioni punitive. Il contesto è sideralmente diverso. Ma
le pulsioni che animano questo incontro ricordano la sintesi rosso-bruna
dei movimenti anti- liberali degli anni Venti- Trenta. Come ricordava
il grande storico israeliano del fascismo Zeev Sternhell, la sintesi «
al di là della destra e della sinistra » di quegli anni si realizzò
grazie al contributo di strati sociali popolari, delusi e sfiduciati
dalla incapacità dei propri rappresentanti di fronte alla grande crisi
del ’29. La perdita di credibilità della prospettiva socialdemocratica, a
cui contribuì anche il massimalismo comunista, gettò le classi popolari
nelle braccia dei nazionalisti che offrivano anch’essi un programma di
assistenza sociale e, in più, una forte identità nazionale che
cementasse una comunità spaesata (come oggi di fronte alla
globalizzazione).
Quello che sta accadendo in questi mesi pone le
premesse per questa saldatura "nazional-socialista". L’accoglienza che
le tirate protomussoliniane di Salvini ricevono dall’opinione pubblica
riequilibra e forse sommerge le inclinazione welfariste e
socialisteggianti old style ( vedi il ritorno alle nazionalizzazioni)
dei pentasellati. Ma il perdurare dell’accordo consente a questa sintesi
di rafforzarsi in un solo progetto. E gli applausi di Genova per il
governo gialloverde, oltre all’indice di gradimento che continua a
livelli inediti, legano a filo doppio l’alleanza. Non per nulla la
sferzata antileghista di un leader pur tanto amato dal popolo grillino
come Di Battista ha lasciato fredda la classe dirigente del partito.
Solo chi è oltre oceano non ha colto il clima dei tempi in terra
italiana: anzi, il colore dei tempi che vira dal giallo-verde al
rosso-bruno.