sabato 22 settembre 2018


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Al donnaiolo che scelse Franco fa gola l’oro dei repubblicani
Torna Lorenzo Falcó, la spia che si muove “come uno scorpione” nella guerra di Spagna La missione impossibile è recuperare un mercantile prima che cada in mano ai russi
di Marcello Simoni


C’è l’Arturo Pérez-Reverte storico-avventuroso del ciclo secentesco del capitano Alatriste e quello dei thriller alla Club Dumas. In entrambi i casi, possiamo riconoscere il suo stile elegante, contrassegnato da una molteplicità calviniana che si colora di un languore tipicamente spagnolo. Ma esiste anche un altro Arturo Pérez-Reverte, lo scrittore noir, ed è proprio qui che entra in gioco il suo nuovo romanzo, L’ultima carta è la morte, che vede come protagonista il ritorno di Lorenzo Falcó, già incontrato nel Codice dello scorpione.

Siamo nel marzo 1937, a meno di un anno dal golpe che portò allo scoppio della Guerra civile spagnola. Il contrasto tra fronte nazionale e quello repubblicano, di ispirazione marxista, si dipana su una scacchiera quantomai mobile, dove soltanto spie, informatori e sicari prezzolati sembrano trovarsi a loro agio.
È proprio in questo clima, nelle vaghe luci di una Lisbona notturna, che la trama prende le mosse per condurci fino a Siviglia e a Tangeri. La posta in gioco è un carico d’oro del Banco de España affidato a un mercantile repubblicano che vaga da mesi come una nave fantasma per il Mediterraneo, inseguita da incrociatori, sottomarini e idrovolanti delle forze nazionaliste. Con l’abilità degna di un grande marinaio, il suo capitano è riuscito a eludere ogni blocco tra Valencia e Marsiglia per vedersi costretto ad attraccare in un porto protetto dal regime internazionale: Tangeri.
È in questa zona neutrale che Falcó verrà inviato dalle alte sfere franchiste col delicato incarico d’impossessarsi dell’oro prima che cada definitivamente in mano ai russi. Un incarico da agente segreto, dunque, con licenza non solo di uccidere ma anche di corrompere, di manipolare e di mentire, scivolando tra le tinte di un affresco crudele e al tempo stesso affascinante.
Pérez-Reverte è un maestro nel plasmare le ambientazioni labirintiche delle città marine. I colori dell’azzurro e del giallo torrido, il bianco smagliante di viuzze che si trovano al di qua e al di là di Gibilterra, i canti etnici, il jazz, gli sguardi allusivi, gli eleganti caffè e i mercati esotici sono la cifra di una narrativa concepita per offrirci un mosaico in cui Oriente e Occidente s’intrecciano. Parliamo di realtà di frontiera dal «denominatore comune meticcio», un tappeto persiano in cui il viavai di una spia non rappresenta che il passaggio di un ago tra mille ricami.
È così che ci compare Tangeri, la città bianca dalle palme agitate dal levante. Una città antica e moderna incarnata dall’enigmatica Moira Nikolaos, vecchia conoscenza di Falcó: donna non più giovane, senza un braccio eppure bellissima, che d’un tratto troveremo stesa su un divano alla turca, illuminata da un candelabro ebraico e accarezzata dalle note di un grammofono. Con i suoi zigomi dai tatuaggi berberi, le unghie laccate di rosso e gli occhi annebbiati dall’hashish, si contrappone a una sfuggente spia russa, Eva Neretva («alias Eva Rengel, alias Luisa Gómez, alias chissà che»), che pare aver lasciato una cicatrice nel cuore di Falcó.
E in questa scacchiera dai rutilanti colori marocchini, ecco comparire le due pedine principali: due navi, una repubblicana e una nazionalista, una piena d’oro e l’altra di militari franchisti, entrambe attraccate al porto, a poca distanza, come due universi antitetici messi a confronto. Se la prima salperà in cerca di fuga, la seconda non esiterà ad attaccarla.
C’è forse una filosofia dei contrari nascosta in questo romanzo noir: un’intesa tra uomini d’onore appartenenti a bandiere diverse; una storia di equipaggi all’apparenza nemici ma disposti a far fronte comune e, se necessario, a mescolarsi.
L’unica mosca bianca è proprio Lorenzo Falcó. Donnaiolo, ex trafficante d’armi e venduto alla causa franchista, antepone all’adagio della «vita del bandolero» (saltar muri e fuggire / dormire nei letti altrui / negli ospedali morire) il suo «codice dello scorpione» (guarda, pungi e scappa). Sembra non conosca alternative per rapportarsi a una realtà in cui l’unico modo di spuntarla è quello di voltare le spalle a ogni ideale, se non a quello di sfoggiare un completo elegante e di frequentare locali alla moda, tra sorrisi fasulli, donne facili e mariti cornuti.
Un James Bond del nazionalismo spagnolo, verrebbe da dire. In realtà la genesi di Falcó è più profonda, meditata, e lo stesso Pérez-Reverte ce lo rivela alludendo ai gusti letterari del suo stesso protagonista. Si tratta dei «racconti di detective e i romanzi a puntate delle riviste illustrate, con avventuriere internazionali chiamate Margot e Edith, eroi inglesi con il ciuffo ribelle sulla fronte e cinesi malvagi tipo Fu Manchu. E qualche volta, più sul serio, un libro di Blasco Ibáñez o di Somerset».