sabato 29 settembre 2018

La Stampa TuttoLibri 29.9.18
Il terrorista mette in scena i cattivi pensieri della democrazia
di Angelo Guglielmi


La Terra esiste da quando l’uomo (comunque la presenza di una «coscienza») l’ha riconosciuta. Dunque la Terra già esisteva prima di esistere. Il terrorista nasce con la modernità. Nell’Odissea Ulisse che stermina l’intera genia dei Proci non è un terrorista ma un combattente che compie una azione giusta. Sono costretto a una assoluta semplificazione perché un articolo di giornale (stretto in spazi contenuti) mi costringe di andare per le spicce (oltre il ripetere - l’ho fatto altre volte – che Daniele Giglioli, autore di All’ordine del giorno è il terrore, è un straordinario analista).
Perché nasce con la modernità? Perché (devo correre, che disgrazia!) scaduta la classicità (testimone Benjamin) dove gli uomini vivevano coralmente (che non significa senza inimicizie) all’interno di un ordine universale è intervenuto il tempo in cui l’uomo si è ritrovato individuo scoprendosi solo e separato dal suo vicino senza modelli cui ispirarsi e una tradizione cui appoggiarsi. Questa rottura avvenne tra ‘700 e ‘800 con l’illuminismo e la rivoluzione francese accadimenti in cui si fece chiaro il fondamento di ingiustizia di cui si nutriva il governo del popolo di Parigi (come di tutti quelli retti da monarchie assolute) spingendolo alla rivolta (anzi alla rivoluzione).
La rivoluzione (si direbbe oggi) è la forma asimmetrica della rivolta in cui è difficile (anzi impossibile) distinguere tra combattenti e terroristi e in quale delle due figure collocare Robespierre. È in questo brodo che cresce il terrorista moderno, in cui la nobiltà denunciata del fine della sua azione di morte, ha la verità di un losco opportunismo di comodo. Ma la violenza caratteristica di ogni parto lo è anche di quello (del parto) della democrazia (la quale garantisce la sua crescita con l’ingordigia del «capitale» e la varietà delle sue performance). Dimenticata la sua origine non gli è (alla democrazia) difficile scoprirsi virtuosa e vestire di verità la bugia iniziale. Non sa che quanto più lungo (in tempo e distanza) è quell’oblio più rapido(e ineluttabile) è il momento del rendiconto. Più distesamente Giglioli annota che «la democrazia.. ha con la morte un debito d’origine che non si riduce alla sua genesi violenta. La democrazia non è cura d’ anime. Si rivolge a dei corpi che si sanno finiti, non può fare ricorso al trascendente, promettendo premi e castighi oltremondani. Ci si gioca tutto qui e ora».
Così da oltre due secoli il terrorista è la sciagura dell’Europa e del mondo intero. Il fatto, insiste Giglioli, «è che il terrorista ci rappresenta perché mette in scena la delusione delle nostre speranze. Poca importa che in realtà è un utile idiota al servizio del contrario di ciò che rivendica: leggi di polizia, abolizione della primacy..Ciò che crede di fare è l’esplosione nell’assurdo di ciò che tutti noi abbiamo pensato di fare». Divenuto protagonista il terrorista sente l’aria del tempo e si adatta alle modalità con cui la cultura( creativa e del pensiero ) affronta le difficoltà cui è chiamata. Si affermano le avanguardie con simbolismo surrealismo e ermetismo Mallarmé celebra la pagina bianca e Marinetti adora la guerra e i terroristi ne approfittano adattandosi a quelle modalità senza rendersi conto che a quelle modalità la cultura(l’immaginario artistico) ha fatto ricorso per salvare l’arte la realtà e la vita. Loro (i terroristi) solo per ucciderle.
Conclude Giglioli: «A differenza di ciò che corrivamente si crede, il terrorismo non è il contrario della democrazia ma il suo rovescio. È la sua disperazione, il suo lato oscuro, lo spettro incombente del suo fallimento». Che (il fallimento) la democrazia non sa e non vuole (quasi fosse la condizione della sua sopravvivenza) contrastare ( con l’energia necessaria ) come oggi vediamo con l’affermazione - e non solo in Italia certo in buona parte del mondo - di nazionalismi populismi e sovranismi.