La Stampa 6.9.18
Da Anversa e Berlino è il timore per l’estremismo islamico a spingere gli ebrei verso destra
di Sofia Ventura
La
notizia che in ottobre dovrebbe essere creata una componente ebraica
all’interno del partito tedesco di estrema destra Afd potrebbe lasciare
esterrefatti. Ma il fenomeno non è nuovo. In piccole dimensioni, ma
comunque in grado di far suonare un campanello d’allarme, è apparso in
altri Paesi europei. Ciò che tiene insieme le diverse esperienze è la
paura del radicalismo islamico, ferocemente antisemita, contro il quale i
partiti di estrema destra fanno sentire una voce avvertita come più
forte e convincente rispetto a quella dei partiti tradizionali. Già in
occasione delle elezioni del 2004, in Belgio, ad Anversa, era emerso il
fenomeno di un voto non irrilevante di cittadini ebrei al Vlaams Block,
poi divenuto Vlaams Belang, un partito di estrema destra nato come
partito nazionalista fiammingo. Un partito che prometteva di fermare gli
arrivi dai Paesi islamici e il cui messaggio non casualmente era stato
recepito ad Anversa, una città con numerosi immigrati arabi e dove le
provocazioni di gang di giovani arabi all’inizio degli Anni Duemila
erano sfociate nella morte di un ragazzino ebreo. In Austria, in
occasione delle elezioni presidenziali del 2016, il capo della
Conferenza dei Rabbini europei ammise che «una parte non insignificante»
della comunità ebraica aveva sostenuto il candidato di estrema destra
Norber Hofer. Anche il Fronte Nazionale di Marine Le Pen sembra in grado
di attrarre una piccola quota di voto ebraico. Il motivo è sempre lo
stesso, la paura dell’Islam, dell’Islam radicale, ma anche di un Islam
che porta con sé il sentimento antisemita dei Paesi di origine, che si è
acutizzato dopo la seconda Intifada (2000) e che, sfociato in alcuni
casi in omicidi, produce anche un clima di paura quotidiana, in
particolare nelle periferie.
Accanto a questo fenomeno, di attrazione
verso l’estrema destra, vi è tuttavia una decisa reazione di diversi
responsabili delle comunità ebraiche, che rifiutano ogni contatto con i
partiti estremisti. Ma ciò che dovrebbe inquietare è che ancora una
volta cittadini europei di appartenenza ebraica debbano guardarsi
attorno per capire dove trovare una via per potere vivere senza paura, o
per sopravvivere. Lo sguardo verso l’estrema destra è illusorio, perché
chi fa differenze tra gli esseri umani e cerca facili capri espiatori
prima o poi cade nella (o torna alla) antica malapianta
dell’antisemitismo. Tuttavia, questa inquietudine delle comunità
ebraiche europee, cresciuta negli ultimi vent’anni, è uno dei segnali,
forse uno dei più drammatici, dei troppi errori prodotti dai governanti
europei, che non hanno seriamente affrontato il problema
dell’integrazione e per incapacità, ignavia o convenienza hanno
consentito che l’immigrazione producesse enclave al confine della legge;
per il quieto vivere e un malinteso politicamente corretto hanno finto
di non vedere il preoccupante sorgere di un nuovo e diverso
antisemitismo. Con il paradosso che oggi, tra gli ebrei, per
disperazione vi è chi pensa l’inconcepibile: trovare rifugio nella
destra estrema.